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“Giornata Europea della cultura ebraica” a Palermo: la “Bellezza” nelle sue infinite declinazioni

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Foto di Dorotea Rizzo

Si è svolta domenica 10 settembre, a Palermo, la “Giornata Europea della Cultura Ebraica”, evento di cui abbiamo già parlato in un precedente articoloIl tema scelto per quest’ anno, come già scritto, è quello della “Bellezza”.

A Palermo l’evento è stato coordinato dall’Istituto Siciliano di Studi Ebraici (ISSE), presieduto da Luciana Pepi, docente di lingua e cultura ebraica e di filosofia medievale ebraica presso l’Università degli Studi di Palermo, in collaborazione con l’UCEI (Unione delle Comunità Ebraiche), con la Comunità ebraica di Napoli e con l’Officina di Studi Medievali.

L’evento si è svolto, come indicato nel programma, con una visita alla “Giudecca,” antico quartiere ebraico di Palermo, accompagnati da Chiara Utro che ci ha magistralmente illustrato e spiegato, passo dopo passo, tutto il percorso. A seguire, all’interno dell’ “Archivio Storico Comunale di Palermo”, abbiamo avuto modo di ascoltare gli interventi dei vari relatori e le bellissime letture tratte dal “ Cantico dei Cantici” magnificamente interpretate dall’attrice Pamela Villoresi che, grazie anche alla profondità di uno dei testi più antichi di tutte le letterature. è riuscita a donare all’evento un’atmosfera magica e surreale.

Una giornata, quella della cultura ebraica, all’insegna della bellezza declinata in tutte le sue forme: Arte, fotografia, architettura, musica. 

Sono tante le parole del lessico ebraico che corrispondono al termine bellezza – spiega Francesco Bonanno, uno dei relatori presenti al convegno , docente di Lingua e Cultura Ebraica Biblica presso l’ “Officina di Studi Medievali”. Buono e Bello come sinonimi, per indicare una bellezza che non è tanto bella e luminosa di per sé, ma lo è nella rete delle relazioni tra noi e gli altri che riesce a costruire, fino ad assumere anche un valore fortemente etico.

È la città il luogo in cui si possono creare le relazioni, nell’amore verso il prossimo.
Anche la semplice fotografia può esprimere bellezza: «Fare fotografia, “ scrivere con la luce”- spiega Rita Calabrese, docente di letteratura tedesca – è come rifare, in senso umano, la meraviglia della creazione, oltre a creare memoria. Lo sguardo ebraico nella fotografia consiste nell’attrazione verso gli aspetti più marginali, allargando e mettendo così in discussione il classico concetto di bellezza, intesa invece come libertà: donne fotografate al lavoro, in bicicletta , in macchina… donne belle e libere non più oggetto di sguardi maschili ma veri e propri soggetti ».

E poi ancora… la bellezza e le donne come protagoniste, donne del calibro di Alma Rosè, una violinista che nel campo di concentramento è riuscita a dirigere un’ orchestra femminile, lottando contro il tempo e cercando di avvicinarsi sempre di più a un concetto di perfezione che le avrebbe garantito la salvezza – spiega il professore Oliveri in un intervento dal tema : “Alma Rose , Una scintilla di bellezza nelle tenebre di Auschwitz”.

La bellezza che appartiene alla Bibbia come prospettiva del bene è ben spiegata da don Piero Magro:
“Dio creo l’uomo a sua immagine e somiglianza”. Una discendenza forte da Dio di cui gli ebrei sono consapevoli, espandendo a piene mani la Sua grazia.

Bellezza e architettura:; gli ebrei imprenditori nella “Palermo Felicissima” e ancora i Florio e il forte legame con gli imprenditori ebrei sono tutti argomenti affrontati attraverso un excursus storico e architettonico di Adriana Chirco in un intervento dal tema “ Ville , palazzi e opifici di imprenditori stranieri così Palermo, così Palermo si affaccia al XX secolo”.

Nell’archivio, in occasione dell’evento, abbiamo avuto anche modo di vedere le opere di due artisti: Manlio Geraci e Vincenzo Ognibene .

Entrambi gli artisti hanno creato con le loro opere, all’interno dello spazio destinato alle esposizioni, un ambiente magico in cui si respira una dimensione fortemente spirituale e anche storica, riuscendo a cogliere l’anima di una cultura, quella ebraica, che ancora oggi esercita un forte fascino e un grande interesse, non solo da parte degli studiosi ma anche dei non conoscitori , dei semplici curiosi che magari hanno approfittato dell’evento per approcciarsi a una cultura tutta da scoprire .

L’idea del forte legame con Dio come essere unico, ineffabile e indefinibile. che unisce ebrei e cristiani, sembra trasparire nelle linee evanescenti dell’artista Ognibene e nei colori forti , decisi dell’ artista Geraci, colori che esprimono bene il senso delle parole bibliche che hanno sostituito, dando loro forza e rilievo .

La parte più interiore dell’essere umano, quella invisibile delle emozioni è espressa bene dall’artista Geraci che ci ha spiegato quanto segue: «Tra le mie opere “La soglia delle Emozioni” è quella che proviene dall’ispirazione del “Cantico dei Cantici”… ha la forma di un libro con la copertina di colore nero da cui si apre uno squarcio di vita, chiuso e sigillato da una striscia di piombo e dal vetro. All’interno del libro, come una reliquia, è racchiusa una sorta di silenzio, di pausa astrale qualcosa che rimanda all’anima, alla parte emozionale e più spirituale dell’essere umano, qualcosa che conduce alla bellezza capace spesso di lasciarci attoniti perché possiede anche la capacità di ferire.

La luce, il buio e il loro alternarsi sono presenti in questa e in quasi tutte le mie opere come il giorno e la notte, in cui è l’oscurità a precedere il cambiamento e aprire alla luce della vita. E’ così che l’oscurità può elevarsi dalla classica accezione negativa diventando una sorta di pausa che precede la luce dello svelamento.

La notte e il buio che la caratterizza possono diventare una sorta di percorso interiore che ci permette di comunicare con la parte più intima di noi stessi, fino ad arrivare alla chiarezza della luce del giorno . Ma si tratta di un percorso non semplice in cui occorre una continua e profonda meditazione».

L’artista Vincenzo Ognibene sembra invece essere più legato all’aspetto storico. Il tema dei suoi dipinti è spesso caratterizzato dai ritratti di personaggi illustri, scrittori e poeti siciliani del calibro di Pino Battaglia, paesaggi rurali, figure angeliche che si susseguono insieme ad altri personaggi che ci rimandano anche alla storia personale dell’autore.

L’”Anima Siciliana è anche ebraica” è il titolo di una delle opere esposte in archivio in cui traspare la storia della nostra terra di Sicilia, sintesi di tante culture, compresa quella ebraica, che Ognibene cerca da trent’anni di rivalutare scoprendone l’identità negata nel corso della storia .

E di identità negata si è parlato attraverso l’intervento del sindaco di Palermo, Roberto Lagalla, .che ha sottolineato l’importanza dell’arte come “sfogo dell’anima” . «La nostra città – continua Lagalla – è sempre stata terreno di dialogo delle tre religioni monoteiste che hanno convissuto in maniera pacifica, aprendosi e offrendo grandi opportunità di dialogo e di tolleranza» .

Anche Luciana Pepi che ha moderato il convegno, ha sottolineato l’importanza dell’apertura della cultura ebraica come scopo, capace di arricchire anche l’intera Italia.

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