Il marziano che, inviato sulla terra per esplorarla e giunto in Italia, volesse farsene un’idea scorrendo le prime pagine dei quotidiani, avrebbe la sensazione, probabilmente, di essere capitato in un manicomio. Gli italiani non siamo cattivi. Ma allora – questo concluderebbe il visitatore che guardasse con occhi disincantati i nostri comportamenti pubblici – siamo matti. Perché in questo Paese – egli annoterebbe, stilando il suo rapporto – nessuno fa quello che ha preso l’impegno solenne di fare e che sostiene di stare facendo.
Capita, così, che si dichiari di voler cambiare la formazione governativa – per renderla più vicina alle esigenze di rinnovamento espresse dai cittadini col voto referendario – e che nel nuovo governo, tranne il premier, entrino in blocco gli stessi ministri che facevano parte del precedente. Tranne uno, quello preposto alla scuola e all’Università, che era un rettore, e che viene sostituito da una degnissima signora, che però ha alle spalle solo degli studi per il titolo di maestra giardiniera. Il che forse la rende più vicina alle maestre giardiniere, ma non alla stragrande maggioranza degli operatori scolastici e universitari.
E ancora, per restare in tema di Università, non potrebbe non sbalordire il marziano il fatto che i nostri governi – quello di prima come quello attuale – sbandierino la volontà di rilanciare il Paese potenziando la ricerca, ma che, a differenza che in altre nazioni europee, a queste lodevoli intenzioni corrisponda un drastico taglio degli investimenti in questo settore. Taglio peraltro imposto non alle Università del Nord, che hanno mantenuto in linea di massima il loro budget, ma a quelle del Sud, che si sono viste penalizzare in modo devastante. Il che, naturalmente, non ha impedito ai nostri governanti di deprecare come un fenomeno drammatico – e lo è davvero! – la fuga verso Nord degli studenti migliori e di esprimere la loro ferma volontà di stimolare il rilancio del Meridione.
Ma le sorprese del visitatore astrale non si fermerebbero qui. Scorrendo la cronaca dei mesi scorsi, egli sarebbe venuto a sapere che il Movimento 5 Stelle, nato per combattere l’inefficienza e la corruzione della classe politica, dopo aver irriso e dileggiato i rappresentanti di questa classe che restavano al potere anche dopo avere ricevuto un avviso di garanzia – indizio, se non di una colpevolezza, almeno di un possibile sospetto – , si sono trovati e continuano a trovarsi, nella più importante città da loro governata, a sostenere a spada tratta un sindaco che di sospetti sulla testa ne ha molti e competenze poche (almeno a giudicare da ciò che in questo periodo ormai non breve si è potuto vedere). E questo, se ci si attiene ai sondaggi, continuando a riscuotere l’imperturbata fiducia dei suoi potenziali elettori.
Tra le tante cose da cui il marziano resterebbe probabilmente traumatizzato, una delle più curiose è il diffondersi del partito leghista in quel Sud che esso ha fin dalle origini demonizzato, insultato e – quando è stato al governo – seriamente danneggiato. Ebbene, oggi ci sono dei meridionali, e non pochi, che stanno scommettendo sulla Lega. Dicono che è la rabbia, la protesta. Ma – chiederebbe ingenuamente il marziano – non è stata proprio la Lega a determinare in buna parte, in questi anni, la situazione contro cui ci si scaglia?
Si colloca degnamente in questa torre di Babele l’episodio della denunzia, da parte di un altissimo magistrato – Carmelo Zuccaro, procuratore capo di Catania – delle collusioni tra le ONG impegnate nel soccorrere i migranti alla deriva nel Mediterraneo e i trafficanti di esseri umani, che sfruttano le migrazioni per arricchirsi sulla pelle delle loro vittime. Non perché l’accusa sia sicuramente infondata – qualcosa di vero sembra che ci sia – ma perché è stata accompagnata dalla onesta dichiarazione del probo magistrato di non avere prove per suffragarla e di voler lanciare un grido d’allarme per lasciare alla politica il compito di raccoglierle. Realizzando così un quasi perfetto capovolgimento dei ruoli, perché secondo il nostro ordinamento spetta ai cittadini, ai mezzi di comunicazione, ai politici di formarsi opinioni prima di avere prove e lanciare grida d’allarme. Viceversa, il compito del giudice è di valutare queste prove, quando ci sono, cercando di applicare la legge il più serenamente possibile, evitando accuratamente ogni dichiarazione che possa dare l’idea di una sua preventiva presa di posizione.
C’è da aggiungere che, se Zuccaro sembra essersi dimenticato del suo ruolo, anche coloro che avrebbero dovuto sollevare il problema al posto suo – mezzi di comunicazione, politici, semplici cittadini – non sono stati all’altezza del loro compito civile. Il loro ostinato silenzio è l’unica attenuante del giudice, anche se non giustifica il suo comportamento.
Sono solo alcune tra le tante stranezze che un marziano in visita in Italia registrerebbe con meraviglia. Noi, invece, non ce ne stupiamo più. Siamo ormai entrati nell’atarassia. Come quando l’on. Calderoli, uscendo dalla stanza in cui aveva appena finito di stendere la nuova legge elettorale, ammise che si trattava di «una vera porcata». Nessuno si indignò. Anzi, i giornalisti gli furono grati di aver loro suggerito un soprannome a quella legge, che da allora viene chiamata da tutti «Porcellum». E così, tra un Porcellum di nome e molti di fatto, viviamo quotidianamente la nostra Babele, trovando logico che i linguaggi non descrivano la realtà, ma la contraddicano, che i ruoli vengano scambiati, che tutto alla fine resti come prima.
Nella Bibbia, in certe situazioni drammatiche del popolo d’Israele, scaturisce prepotentemente dal cuore la preghiera, quasi un grido: «Fino a quando, Signore?». Oggi ci sono persone, e non sono poche, che sentono salire dentro di sé questo grido, se non a Dio, a se stesse. Perché, da credenti, possiamo chiedere l’aiuto divino. Ma da cittadini, credenti o no, dobbiamo chiederci se non sia venuto il momento di fare finalmente qualcosa di concreto per uscire da Babele. E farlo.
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