Arte e preghiera. Un’esperienza di catechesi parrocchiale
di Pietro e Nadia Palumbo
“Misericordiae vultus” è il titolo della Bolla di indizione del Giubileo Straordinario della Misericordia. In questo prezioso libretto il Papa non si sofferma a spiegare cosa sia la misericordia divina da un punto di vista teologico, né risponde alle numerose domande che noi, eredi di Giobbe, oggi ci poniamo di fronte alle tante ingiustizie e alle tante sofferenze cui assistiamo quotidianamente. Non si trova risposta alla domanda che proviene dalla tragedia della morte innocente. Il Papa ci spiega soltanto che per la Bibbia la misericordia è “la parola chiave per indicare l’agire di Dio verso di noi” (M.V. 9), è l’atteggiamento proprio di Dio che è “misericordioso e pietoso, lento all’ira e ricco di amore e di fedeltà” (Es. 34,6). Perché come dice Michea: “Tu, o Signore, sei un Dio che toglie l’iniquità e perdona il peccato, che non serbi per sempre la tua ira, ma ti compiaci di usare misericordia.” (Michea. 7,18).
La parola “misericordia” è ricca di tanti significati diversi. Essa appartiene in modo particolare alla cultura ebraica e cristiana. Le parole greche e latine che più si avvicinano al concetto di misericordia sono “compassione” e “pìetas”, ma la prima esprime solo la vicinanza al modo di sentire di un altro, e la seconda il rispetto delle regole religiose e del senso di responsabilità verso i parenti. Ma perché la parola misericordia non resti un’idea astratta il papa ci suggerisce di vederne il volto nel modo di agire di Dio nella storia della salvezza e ci invita a “contemplare il mistero della misericordia”.
“Gesù Cristo è il volto della misericordia del Padre: Il mistero della rivelazione cristiana sembra trovare in questa parola la sua sintesi. Essa è divenuta viva, visibile e ha raggiunto il suo culmine in Gesù di Nazareth. Il Padre, “ricco di misericordia” (Ef. 2,4)…. mandò suo Figlio nato dalla vergine Maria per rivelare a noi in modo definitivo il suo amore. Chi vede Lui vede il Padre (Gv. 14,9). Gesù di Nazareth con la sua parola, con i suoi gesti e con tutta la sua persona rivela la misericordia di Dio. Abbiamo sempre bisogno di contemplare il mistero della misericordia. E’ fonte di gioia, di serenità e di pace. E’ condizione della nostra salvezza…. Misericordia è la via che unisce Dio e l’uomo, perché apre il cuore alla speranza di essere amati per sempre nonostante il limite del nostro peccato”. (M. V. 1)
Successivamente, oltre che nella figura di Gesù Cristo, nella bolla pontificia, il volto della misericordia di Dio viene individuato nella Madonna (mater misericordiae), poi nella storia sacra, nella Chiesa, nelle parabole, e nelle opere di misericordia compiute da tanti santi famosi o anonimi. La parola “volto” non è casuale. Nella parola volto si esprime, secondo Levinas, “tutta la indicibile diversità dell’altro che ci sta di fronte rispetto ai nostri schemi e alle nostre aspettative” (Savagnone). Il volto è ciò che rende visibile l’invisibile, richiama l’infinito, rappresenta la maniera con cui l’infinito ci viene incontro e si rivela come tale.
Il passaggio dalla dimensione semantica a quella simbolica della parola “volto” è stato breve. Per contemplare il mistero della misericordia nei suoi volti visibili, noi, incaricati della catechesi per gli adulti della nostra parrocchia, abbiamo pensato di farci aiutare da coloro che hanno tentato di rappresentare la storia della salvezza e ne hanno immaginato i suoi volti. Da quegli artisti che hanno usato la loro abilità per creare immagini atte a favorire la preghiera, che hanno saputo esprimere attraverso la ricerca della bellezza l’anelito spirituale della tradizione cristiana. Essi hanno prodotto ciò che la storia dell’arte ci ha tramandato come i volti più belli del mistero del sacro. Se, come dice Von Balthasar “la testimonianza della verità resta non credibile per colui il quale non riesce più a cogliere il bello”, o, come dice Simon Weil “non è possibile concepire il bene senza passare per il bello”, dobbiamo cercare di educare il nostro modo di vedere per saper apprezzare il bello, l’invisibile presente nel visibile, e imparare a saper vedere. La bellezza, in tal senso, può essere un modo per contemplare il mistero della misericordia di Dio.
Le parole di Papa Francesco ci hanno incoraggiato a proporre una catechesi della misericordia in forme nuove. “ Ogni chiesa particolare, quindi, sarà direttamente coinvolta a vivere questo Anno Santo come un momento straordinario di grazia e di rinnovamento spirituale“ (M.V. 3).“Nel nostro tempo in cui la Chiesa è impegnata nella nuova evangelizzazione, il tema della misericordia esige di essere riproposto con nuovo entusiasmo e con una rinnovata azione pastorale” (M.V. 12). E nella “Evangeli gaudium” aveva scritto: “E’ bene che ogni catechesi presti una speciale attenzione alla via della bellezza” (167).
Che “vedere” e “ascoltare” non siano cose semplici, ma da imparare lo dice anche il Vangelo. “Avete occhi e non vedete, avete orecchi e non udite” (Marco 8, 18). Anche la beatitudine di Matteo, “Beati i puri di cuore perché vedranno Dio”(Mt.5,8), testimonia quanto sia difficile vedere. Soprattutto se vogliamo vedere ciò che non si può vedere. D’altronde che questa sia una grande aspirazione umana ce lo dice il famoso passo di Giovanni in cui Filippo chiede a Gesù: “Mostraci il Padre e ci basta”. E la risposta di Gesù non condanna questa pretesa come se fosse una bestemmia, ma disorienta l’apostolo e apre nuove prospettive alla nostra capacità di vedere. E’ possibile vedere il Padre, basta saper vedere: “Da tanto tempo sono con voi e ancora non hai capito? Chi ha visto me ha visto il Padre”(Gv, 14,8) [continua].
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