Il passo del Vangelo: Mt 3, 13-17
13Allora Gesù dalla Galilea venne al Giordano da Giovanni, per farsi battezzare da lui. 14Giovanni però voleva impedirglielo, dicendo: «Sono io che ho bisogno di essere battezzato da te, e tu vieni da me?». 15Ma Gesù gli rispose: «Lascia fare per ora, perché conviene che adempiamo ogni giustizia». Allora egli lo lasciò fare. 16Appena battezzato, Gesù uscì dall’acqua: ed ecco, si aprirono per lui i cieli ed egli vide lo Spirito di Dio discendere come una colomba e venire sopra di lui. 17Ed ecco una voce dal cielo che diceva: «Questi è il Figlio mio, l’amato: in lui ho posto il mio compiacimento».
Prima manifestazione
Con il Battesimo assistiamo al primo atto pubblico di Gesù. Dopo gli anni dell’infanzia e della giovinezza – di cui non conosciamo nulla – gli evangelisti ci raccontano questo evento significativo, prima manifestazione di Gesù in relazione al Padre, alla sua missione, al Precursore, al popolo di Israele.
In fila con i peccatori
L’immagine di Gesù che si mette in fila tra i peccatori è inaccettabile, se realmente siamo consapevoli della sua identità di Dio e di uomo senza peccato. La reazione di Giovanni lo sottolinea. Eppure, già dalle prime battute della sua esperienza terrena, Cristo manca della pretesa di essere straordinario, del privilegio che la sua uguaglianza con Dio gli darebbe (Fil 2,6).
Tu vieni da me?
Giovanni protesta. Sperimenta lo stupore e l’incredulità di vedere l’Eterno Dio che viene da lui, nella sua vita, con una richiesta e un bisogno. Lui, che è la meta da raggiungere nel cammino dei cercatori di Dio, Colui da cui tutto viene, si avvicina a noi.
La direzione sembra essersi invertita: da noi che cerchiamo Dio a Dio che cerca noi. È la stessa meraviglia che hanno sperimentato Maria nell’Annunciazione, Giuseppe, i pastori, i santi. Il Dio lontano, da raggiungere faticosamente, colma per noi questa distanza. Già il Natale e l’Epifania ne sono manifestazione: il bambino posto in una mangiatoia, adorato dai pastori e dai magi, bisognoso di tutto, è il nostro Dio.
Figlio eletto
La risposta di Gesù a Giovanni è che entrambi adempiano ad ogni giustizia. Gesù rifiuta il “piedistallo” con cui gli uomini ordinano le relazioni, rifiuta la gerarchia umana come mezzo per compiere la sia missione. La sua missione è spinta dalla sua identità di figlio eletto, soltanto dalla sua relazione con il Padre. Egli è il servo di Isaia, di cui leggiamo nella prima lettura: «Ecco il mio servo che io sostengo, il mio eletto di cui mi compiaccio. Ho posto il mio spirito su di lui; egli porterà il diritto alle nazioni» (Is 42,1).
Kenosis
Cristo non ha “bisogno” del battesimo, nel senso della purificazione dei peccati. Chiede di riceverlo per compiere la giustizia di Dio, che si identifica la Sua volontà: la missione salvifica per cui Gesù è mandato. Egli si cala nelle profondità dell’uomo incarnandosi e mettendosi in fila con i peccatori, si abbassa con un’intensità crescente che culminerà con la Passione e morte, di cui l’evento di oggi è preludio e profezia. Immergendosi nel fiume Giordano sperimenta già una morte da cui risorgere.
Cieli aperti
A questo abbassamento si contrappone l’altezza dei cieli che “si aprono”, in una esperienza difficile da immaginare, in una voce che esprime l’elezione e il compiacimento del Padre per il Figlio. La voce di Dio conferma la persona di Gesù di Nazareth, così diversa dal Messia delle attese, tanto affascinante quanto difficile da credere. Lo Spirito scende sulle acque, come nei giorni della creazione, per creare ancora l’uomo, il Primogenito della nuova creazione.
La gioia del battesimo
La parola di oggi ci invita all’incontro con Dio: sia questo, e non gli onori umani, il sostegno delle nostre vite. Ci insegna l’umiltà e l’abbassamento di Cristo, come via per la salvezza. Ci restituisce la gioia del battesimo, di essere cioè prediletti e amati dal Padre.
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