Una storia italiana
Da alcuni giorni l’attenzione dei giornali e dell’opinione pubblica sembra catturata da una vicenda che, a prima vista, sembrerebbe rientrare nel gossip più che nella politica e che tuttavia – anche solo per le dimensioni che ha assunto – non può essere semplicemente liquidata come insignificante.
Mi riferisco al tormentone che ha visto coinvolto il ministro della Cultura, Gennaro Sangiuliano, e la sua vera o presunta collaboratrice Maria Rosaria Boccia (detta da qualcuno “la collaboratrice fantasma”).
Di Sangiuliano conosciamo la carriera di giornalista, all’ombra di “santoni mediatici” della destra, come Vittorio Feltri, con cui è stato vice-direttore di «Libero», e Augusto Minzolini, che Sangiuliano ha affiancato come vice-direttore del TG1. Il 31 ottobre 2018 è stato nominato dal CDA della RAI nuovo direttore del TG2, ruolo che ha lasciato il 21 ottobre 2022 in seguito alla sua nomina a ministro.
Più difficile è definire la figura della Boccia, dipinta da alcuni come un’avventuriera intrigante, da altri come una donna in carriera frustrata dalle scelte maschiliste del suo datore di lavoro, da altri ancora come una donna “sedotta e abbandonata” da un maschio potente, che l’aveva illusa tenendola alla sua corte per alcuni mesi a soli fini di sfruttamento sessuale.
La sola cosa certa è che in questi ultimi giorni è scoppiata una durissima polemica a distanza tra Boccia, che sosteneva di aver avuto garantito un posto di collaboratrice del ministro, svolgendone già alcuni ruoli, e Sangiuliano, che all’inizio ha negato ogni rapporto di collaborazione, poi, davanti all’evidenza di fotografie e messaggi, in una lunga intervista al TG1 ha ammesso di avere avuto con la donna dei rapporti extraconiugali, pur ribadendo tra le lacrime, di non aver mai avuto intenzione di lasciare la moglie.
Resta da chiarire in che misura la Boccia abbia avuto accesso a documenti se non segreti almeno riservati. Lei afferma di sì, il ministro lo nega recisamente. Una ricaduta di questa polemica ha toccato perfino il prossimo G7 della cultura, che dovrebbe svolgersi a Pompei nei prossimi giorni sotto la presidenza italiana e di cui qualcuno – dopo la notizia delle infiltrazioni nei programmi del convegno – , ha ipotizzato lo spostamento a Napoli, per motivi di sicurezza.
Ma l’aspetto forse più spinoso della vicenda è legata alla domanda se questa avventura extraconiugale si sia svolta a spese dei contribuenti – come dice la Boccia – oppure, come sostiene il ministro, sia stata interamente pagata con i suoi fondi personali.
Secondo la donna, alberghi, ristoranti, biglietti d’aereo, sarebbero sempre stati pagati, per lui come per il suo partner, dal ministero. Invece Sangiuliano ha giurato alla premier e ha ripetuto pubblicamente di non aver mai impiegato un centesimo dei soldi dello Stato.
Qualche giornale ha fatto notare che una possibile via di mezzo sarebbe ipotizzabile, dato il ruolo che hanno spesso – nell’organizzare convegni e manifestazioni varie, a cui il ministro era invitato – comitati e istituzioni locali, non direttamente qualificabili come “Stato”, ma finanziati da quest’ultimo per svolgere la loro funzione. Ma anche in questo caso le spese della Boccia, che l’accompagnava costantemente, sarebbero state comunque a carico dei cittadini italiani.
Dal testo al contesto
Un testo acquista pieno significato se collocato nel suo contesto. E in questo caso il contesto è la ancor breve storia di questo governo.
«Con noi è finita la Repubblica delle banane», ha ripetuto, la scorsa primavera, Giorgia Meloni, riprendendo un leitmotiv che aveva già caratterizzato la campagna elettorale della coalizione da lei guidata e che poi ha vinto le elezioni.
Perché, a motivare la scelta di far cadere il precedente esecutivo, guidato da Mario Draghi, non erano state tanto motivazioni di ordine economico, quanto l’idea che l’Italia avesse perduto il prestigio che le competeva e la convinzione che il nuovo governo di destra avrebbe saputo restituirglielo.
Oggi, per quanto riguarda l’economia, tra il governo e i suoi oppositori è in corso una battaglia delle cifre, in cui il primo rivendica, come ha detto qualche giorno fa la Meloni, «il più alto tasso di occupazione da quando Garibaldi ha unificato l’Italia», gli altri denunziano il rallentamento della crescita e i tagli a settori fondamentali, come la sanità. Ma, ribadisco, chiunque abbia ragione (probabilmente entrambi) non è su questo terreno che è stata invocata la sostituzione del governo Draghi.
In effetti nessuno pensava che la nuova presidente del Consiglio, diplomata in un liceo linguistico di Roma, avesse più titoli del suo predecessore – già governatore della BCE ed economista universalmente stimato a livello internazionale – per gestire il grosso prestito che lo stesso Draghi aveva ottenuto dall’Unione Europea e su cui si fondava il nuovo PRNN.
La sua sostituzione veniva invocata in nome di un rilancio dell’ immagine politica del nostro paese, che la linea sovranista di FdI, erede della tradizione statalista e nazionalista del fascismo, sembrava promettere.
Almeno in questo gli italiani hanno creduto, dando la maggioranza relativa, nelle elezioni del 2022, a questo partito e alla sua leader. E su questa linea si sono moltiplicati gli entusiastici apprezzamenti dell’azione governativa. «Giorgia Meloni ha riportato in alto il prestigio dell’Italia«, ha dichiarato proprio Gennaro Sangiuliano, nel settembre del 2023. «Con il premier Meloni l’Italia riacquisisce quell’autorevolezza e quel prestigio che da troppi anni non aveva più», aveva detto nel luglio precedente Mauro Rotelli, deputato di Fratelli d’Italia e presidente della commissione Ambiente a Montecitorio.
La prima ad essere convinta di questa missione è la stessa premier. «Noi stiamo facendo la storia, e dobbiamo esserne tutti consapevoli. E questo non prevede né pause né soste, ma tanto meno può consentire errori e passi falsi», ha detto pochi giorni fa parlando all’esecutivo di FdI.
Sangiuliano ha «riportato in alto» il prestigio dell’Italia?
A dire il vero, al tempo in cui si è cominciato il ritornello sullo scarso prestigio dell’Italia, Draghi era molto considerato da tutti i leader europei (e non solo), La stessa Meloni lo ha riconosciuto, anche con un moto di stizza in cui non ha mancato di lanciare una frecciata critica: «Ricordo la foto di Draghi sul treno con Macron e Scholz. Per alcuni la politica estera è farsi fare qualche fotografia, anche quando a casa non si portava niente».
Negando poi, il giorno dopo, di aver voluto criticare il predecessore, ma sottolineando anche che «grazie al lavoro che stiamo facendo l’Italia ha guadagnato forza». Forse avrebbe potuto aggiungere che è stato grazie a Draghi che l’Italia ha avuto la fiducia dell’Europa e la possibilità di lanciare il PNRR: non erano solo fotografie…
Altrettanto insostenibile è l’affermazione, simmetrica alla precedente, che il prestigio dell’Italia a livello internazionale col nuovo governo è aumentato. Basta vedere il trattamento che ha avuto la nostra premier all’indomani delle elezioni europee, quando, malgrado le sue furibonde proteste, è stata rigorosamente esclusa dalle trattative fra Germania e Francia, e l’isolamento in cui – per giudizio universale degli osservatori – si è venuta a trovare nel gioco di alleanze che ha portato all’elezione della nuova Commissione europea, per capire che anche i ruoli istituzionali che la UE presumibilmente attribuirà ai rappresentanti italiani saranno un riconoscimento del peso che l’Italia, come paese fondatore dell’UE, non può non avere, malgrado gli errori dei suoi rappresentanti politici del momento.
Ma non è a questi aspetti di alta diplomazia che il caso Boccia ci richiama. Più banalmente, quello a cui ci troviamo davanti è il caso di un ministro della Cultura che ha gestito così male una sua “avventuretta” extraconiugale da ridursi a piangere in televisione davanti a milioni di spettatori e da meritarsi gli spietati sarcasmi dei commentari e degli uomini e donne della strada.
Un acuto commentare dei fatti, il vignettista Giannelli, lo ha ritratto sulla prima pagina del «Corriere della Sera» come un grottesco birillo che, su una pista di bowling, si vede arrivare addosso, atterrito, una boccia destinata a travolgerlo. Mancanza di rispetto vero l’autorità governativa? Ma siamo in un tempo in cui l’autorità istituzionale deve farsi valere attraverso l’autorevolezza personale.
Peraltro le gaffe e le uscite a vuoto di Sangiuliano erano state già più volte oggetto di ironia. Come quando aveva affermato che Dante è «il fondatore del pensiero di destra in Italia», cadendo in un drammatico anacronismo (le categorie stesse di “destra e “sinistra” non hanno senso nella politica medievale); o che «Colombo voleva raggiungere le Indie circumnavigando la Terra sulla base delle teorie di Galileo Galilei», sottovalutando il fatto che la scoperta dell’America è avvenuta nel 1492, settanta anni prima della nascita di Galilei.
Nemmeno la geografia, peraltro, sembra essere il forte del ministro: « Se pensiamo a Parigi, pensiamo agli Champs-Élysées e all’Arco del Trionfo, se pensiamo a Londra pensiamo a Times Square». Purtroppo, come molti sanno, Times Square si trova a New York.
Per non parlare della sua partecipazione alla giuria del Premio Strega 2023, quando, in occasione della premine, dal palco ha detto: «Ho votato i libri, ora proverò a leggerli».
Siamo sicuri che nella Repubblica delle banane il “ministro della Cultura “ – sottolineo lo specifico ruolo istituzionale – sarebbe peggio di cosi?
E’ vicenda sconcertante e inquietante per i suoi molteplici risvolti POLITICI SOCIIALIedETICI
ANNA CUTTITTA 5
L’Italia non si merita un simile scempio
Il PNRR non ce l’ha fatto avere Draghi ma Conte.
Mi duole correggere che il “tesoretto” del Pnrr non l’ha ottenuto Conte e non Draghi. Grave errore direi
I finanziamenti del Pnr li ha ottenuti il governo Conte e non Draghi. Faccia piu attenzione a dare notizie attendibili
La vicenda SanGiuliano-Boccia può essere qualificata come squallida sia per il primo che per il secondo dei suoi protagonisti. Tuttavia non ritengo che essa possa costituire un’occasione per affermare la superiorità di Draghi rispetto alla Meloni. Sia l’Una che l’Altro sono del tutto asserviti alle oligarchie che ci governano realmente. La Meloni non ha i titoli di Draghi, ma l’uno o l’altra, il risultato non cambia. La invito a considerare le misure proposte ultimamente da Draghi affinché ,a suo dire, l’Europa non sparisca: Draghi è preoccupato, in sintonia con i suoi sodali, che gli U.S.A abbandonino il sostegno all’Ucraina dopo le imminenti elezioni, quindi consiglia che l’Europa si prepari a perpetuare a spese proprie il conflitto. La Meloni non è meno bellicista di Draghi anche se il suo rango, in termini di titoli, è inferiore. Magra consolazione, il risultato è la guerra perpetua fino all’ultimo ucraino, fino ad un ipotetico quanto irrealistico logoramento della Russia e del mondo intero. Di un uomo che dice di sapere come salvare l’Europa dalle conseguenze dei suoi errori io non mi fiderei, e i suoi titoli li riterrei ormai andati a male.
A cosa serve propagandare l’insegnamento dell’educazione civica davanti ad uno spettacolo istituzionale del genere?