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il comandamento più grande – XXXI t.o.

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Introduzione alla lectio divina su Mc 12, 28-34

04 novembre 2012 – XXXI domenica del tempo ordinario

28Allora si avvicinò a lui uno degli scribi che li aveva uditi discutere e, visto come aveva ben risposto a loro, gli domandò: “Qual è il primo di tutti i comandamenti?”. 29Gesù rispose: “Il primo è: Ascolta, Israele! Il Signore nostro Dio è l’unico Signore; 30 amerai il Signore tuo Dio con tutto il tuo cuore e con tutta la tua anima, con tutta la tua mente e con tutta la tua forza. 31Il secondo è questo: Amerai il tuo prossimo come te stesso. Non c’è altro comandamento più grande di questi”. 32Lo scriba gli disse: “Hai detto bene, Maestro, e secondo verità, che Egli è unico e non vi è altri all’infuori di lui; 33 amarlo con tutto il cuore, con tutta l’intelligenza e con tutta la forza e amare il prossimo come se stesso vale più di tutti gli olocausti e i sacrifici”. 34Vedendo che egli aveva risposto saggiamente, Gesù gli disse: “Non sei lontano dal regno di Dio”. E nessuno aveva più il coraggio di interrogarlo.

 

Gesù ebreo, Francesco Corso, 2011.

 

I capitoli 11 e 12 dell’evangelo di Marco, successivi all’ingresso trionfale in Gerusalemme, raccontano lo scontro frontale e senza mezzi termini di Gesù con il potere teologico-politico che dominava la scena di quel periodo storico, un potere rappresentato da sommi sacerdoti, scribi, farisei, erodiani o sadducei. Tutti costoro strumentalizzavano la fede nel Dio di Israele per il raggiungimento dei loro scopi di affermazione religiosa o politica, tutti si ritagliavano una piccola o grande sfera di influenza, che intendevano difendere da coloro i quali, come Gesù, osavano metterla in dubbio.

Tutti tranne uno scriba che, nel racconto marciano, era rimasto colpito dalla risolutezza di Gesù nello scacciare i mercanti dal tempio, dalla sua lucidità nel paralizzare le critiche mosse alla sua autorità, dalla sua capacità di ri-orientare verso Dio ogni sterile polemica religiosa, ogni inutile tranello volto a metterlo in cattiva luce con l’ordine costituito.

Questo scriba si rivolge a Lui senza altri intenti che quello di conoscere “il primo di tutti i comandamenti”, ossia il senso profondo che anima tutti i comandamenti e che li riassuma in sé. La domanda non era insolita in quella cultura in cui spesso ai rabbini si chiedeva un aiuto per orientarsi nella selva di precetti rivolti all’ebreo osservante (calcolati in 613, di cui 365 divieti, tanti quanti i giorni dell’anno, e 248 obblighi, quante le membra del corpo umano allora conosciute). Alcuni ritenevano ve ne fossero undici (sulla scorta del Sal 15), altri sei (come in Is 33,15), altri ancora tre (Mic 6,8).

Gesù si rivela ermeneuta delle Scritture e risponde mettendo insieme due comandamenti che, in realtà, costituiscono due convergenti modi di leggere il senso profondo della nostra vita di fede: vivere la relazione con l’A\altro.

Il primo comandamento, secondo Gesù, è lo Shemà Israel, preghiera quotidiana di ogni ebreo al mattino ed alla sera, tratta da Dt 6,4: Ascolta, Israele: il Signore è il nostro Dio, unico è il Signore. Tu amerai il Signore, tuo Dio, con tutto il cuore, con tutta l’anima e con tutte le forze.

Il primato tra i comandamenti, dunque, spetta all’ascolto, perché dall’ascolto discende l’amore per il Signore. Fides ex auditu, diceva Paolo nella Lettera ai romani (10,17).

Dall’ascolto comprendiamo chi è Dio per noi, perché solo Lui è in grado di portare salvezza; solo con un autentico ascolto, facendo spazio nel nostro interno alla Sua alterità, rimaniamo coinvolti con tutto il nostro essere, con le nostre intelligenze e le nostre viscere. Ma c’è anche un secondo comandamento, tratto da Lv 19, 18, che per esteso recita: Non ti vendicherai e non serberai rancore contro i figli del tuo popolo, ma amerai il tuo prossimo come te stesso. Io sono il Signore.

Gesù impedisce ogni tentazione verticalistica ed intimistica (Bianchi), mettendo accanto al dovere di ascoltare, anche quello di amare l’altro come sé stesso. Qui non c’è filantropia a basso costo, ma la consapevolezza che solo attraverso l’amore per i fratelli possiamo dire di aver incontrato Dio. Chi dice di essere nella luce e odia suo fratello, è ancora nelle tenebre dice l’apostolo nella 1Gv 2,9. I fratelli diventano, dunque, Parola di Dio vivente, ci rivelano il volto del Padre.

Ma la grande originalità di Gesù non è stata tanto quella di aver isolato questi due precetti tra i tanti presenti e di averli messi insieme (in fondo, anche lo scriba sincero arriverà alle stesse conclusioni attraverso 1Sam 15,22), quanto di aver Egli stesso incarnato l’armonia plurale di queste due indicazioni di vita: “In Gesù Dio è diventato il mio prossimo: il mio Dio ed il mio prossimo coincidono in Lui e allo stesso modo l’amore per il mio Dio e l’amore per il mio prossimo sono inestricabilmente legati fra loro” (Louf).

Lo scriba, espressione di un Israele sincero, che ha frequentato in profondità le Scritture e che ha realmente ascoltato Gesù, concorda nella lettura dell’Ermeneuta del Padre: coltivare l’amore verso Dio e verso i fratelli è l’unico comandamento che racchiude in sé la Legge e vale molto di più di ogni banale rituale religioso, per quanto devoto e raccomandabile possa essere.

Dopo questo abbraccio tra fedi simili e diverse al tempo stesso, nessuno dei presenti aveva più il coraggio di interrogarlo.

 

 

Lorenzo Jannelli

 

 

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