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Il “segno” di Cana. Introduzione alla lectio divina di Gv 2, 1-12

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II domenica del tempo ordinario – 17 gennaio 2016

 

 

[E tre giorni dopo (lett. Il terzo giorno), ci furono nozze a Cana di Galilea e c’era là la madre di Gesù. [2] Fu invitato (lett. chiamato) alle nozze anche Gesù con i suoi discepoli. [3] Nel frattempo, venuto a mancare il vino, la madre di Gesù gli disse: “Non hanno vino”. [4] E Gesù le dice: “Che cosa (c’è) fra me e te, donna? Non è ancora giunta la mia ora”. [5] Sua madre disse ai servi: “Fate quello che vi dirà”. [6] Vi erano là sei giare di pietra per la purificazione dei Giudei, contenenti ciascuna due o tre barili. [7] E Gesù disse loro: “Riempite d’acqua le giare”; e le riempirono fino all’orlo. [8] Disse loro di nuovo: “Ora attingete e portatene al maestro di tavola”. Ed essi gliene portarono. [9] E come ebbe assaggiato l’acqua diventata vino, il maestro di tavola, che non sapeva donde venisse (ma lo sapevano i servi che avevano attinto l’acqua), chiamò lo sposo [10] e gli disse: “ Ogni uomo mette da principio il vino buono e, quando sono un po’ brilli, quello meno buono; tu hai conservato fino ad ora il vino buono”. [11] Questo fece Gesù (come) principio dei suoi miracoli (lett. segni) in Cana di Galilea e manifestò la sua gloria e i suoi discepoli credettero in lui. [12] Dopo questo fatto, discese a Cafarnao insieme con sua madre, i fratelli e i suoi discepoli e si fermarono colà non molti giorni.

 

Il capitolo precedente del vangelo di Giovanni, dopo il prologo e la chiamata dei discepoli, si era chiuso con un annuncio dell’imminente manifestazione del Figlio dell’uomo nella quale si sarebbero incontrati il cielo e la terra. Con il brano di questa settimana la scena si sposta a Cana, un piccolo villaggio della Galilea, terra cosmopolita, con un racconto – assai noto ma spesso solo superficialmente – che sembra essere di tipo narrativo ma che invece va letto come racconto simbolico che ci dà appunto una attualizzazione di questo incontro dei cieli e della terra nella figura storica di Gesù di Nazareth, nella cui manifestazione della gloria si realizza l’Alleanza tra Dio e il suo popolo nel compiersi delle promesse.

 

Già a partire dalla collocazione temporale “il terzo giorno” ci rendiamo conto che la narrazione non è da intendersi in termini cronachistici, in quanto il terzo giorno è quello in cui si realizzano i grandi eventi della storia sacra e in cui si è manifestata la gloria di Gesù. La stessa situazione narrata, il banchetto di nozze, rimanda all’immagine biblica del regno dei cieli (cfr. Mt 8, 11; 22, 1-14; 25, 1; Lc 22, 16-18) e già nell’AT era servita come metafora per esprimere l’alleanza di Dio con il suo popolo (Is 54, 4-8; 62, 4-5).

 

I personaggi che ci vengono presentati non sono la sposa, come dovrebbe essere se si trattasse di un autentico racconto di nozze, ma la madre di Gesù, identificata nella sua relazione con il Figlio, Gesù, il vero protagonista e il vero Sposo, e i servi.

 

Nella struttura il testo presenta le principali caratteristiche di un racconto di miracolo-dono. A differenza infatti di altri tipi di racconti di miracoli (guarigioni, salvataggi etc.) che mirano a esprimere un aspetto della salvezza, il miracolo-dono “simboleggia la gratuità e la sovrabbondanza della vita che Dio comunica all’uomo […] e dice l’iniziativa di Dio nell’incontro con il suo popolo” (Léon – Dufour, Lettura dell’evangelo secondo Giovanni, pp. 294-295).

 

Non a caso è il vino ad essere oggetto del dono. Il vino che, creato per la gioia degli uomini come segno di prosperità, accompagnava normalmente un banchetto di nozze ed era offerto in abbondanza e nell’AT era immagine costante per esprimere la gioia dei giorni finali (Gen 49, 10; Am 9, 13-14; Os 14, 7, Ger 31, 12) rallegrando il cuore dell’uomo (Sal 103, 15).

 

Proprio la gratuita iniziativa da parte di Dio nei confronti dell’uomo, che non ha bisogno di mediazioni, spinge a rivedere il ruolo di Maria nel dialogo con Gesù. Il compito di Maria è semplicemente quello di segnalare una situazione di mancanza e di porsi anche lei in una dimensione di accoglienza, aprendosi alla rivelazione, in tal senso l’invito rivolto ai servi ad obbedire in una dimensione di discepolato è uguale a quella in cui anche lei come donna e non come madre si pone.

 

Gesù invita sua madre a non porsi preoccupazioni che non la riguardano e a riconoscere che non è ancora giunta l’ora per lui di intervenire. “L’ora” è il momento in cui si compie definitivamente il disegno di Dio, dato che con l’inizio della sua vita pubblica si ha già una manifestazione della salvezza che troverà nella Passione della croce e nel terzo giorno della risurrezione la sua più compiuta realizzazione (Gv 7, 30; 8, 20; 13,1).

 

Proprio per questo Giovanni pone questo brano all’inizio del suo vangelo e conferisce al segno che Gesù compie un valore di prototipo, non solo in quanto primo cronologicamente ma in quanto “modello” di tutti gli altri segni che Gesù farà.“Molti altri segni fece Gesù […]. Questi sono stati scritti, perché crediate che Gesù è il Cristo, il Figlio di Dio e perché, credendo, abbiate la vita nel suo nome.” (Gv 20, 30-31). Il miracolo nel vangelo di Giovanni non è un “atto di potenza” (dynamis), come nei sinottici ma è un “segno” (semeion) e come tale rimanda a qualcos’altro: da una parte ha la funzione di suscitare la fede e dall’altra orienta verso il suo autore e dunque manifesta la gloria di chi lo compie. Solo grazie alla fede infatti si può riconoscere la gloria del Figlio (cfr. Léon – Dufour, Lettura dell’evangelo secondo Giovanni, p. 289).

 

L’alleanza che viene narrata non viene a sostituire ma a completare quella storia d’amore tra Dio e il suo popolo che si dipana già dall’AT dato che il vino nuovo, di qualità superiore, dà compimento al primo, che è già stato servito, ed è contenuto nelle giare di pietra della purificazione rituale, segno della grazia e della vita sovrabbondante che Dio dona all’uomo.

                                                                                                                                     

                                                                                                                                                                                                                          Luisa Amenta

                                                                                                                                                                                                                        Comunità Kairòs

 

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