Quando Gesù seppe che Giovanni era stato arrestato, si ritirò nella Galilea, 13 lasciò Nàzaret e andò ad abitare a Cafàrnao, sulla riva del mare, nel territorio di Zàbulon e di Nèftali, 14 perché si compisse ciò che era stato detto per mezzo del profeta Isaia: 15 Terra di Zàbulon e terra di Nèftali, sulla via del mare, oltre il Giordano, Galilea delle genti! 16 Il popolo che abitava nelle tenebre vide una grande luce, per quelli che abitavano in regione e ombra di morte una luce è sorta. 17 Da allora Gesù cominciò a predicare e a dire: «Convertitevi, perché il regno dei cieli è vicino». 18 Mentre camminava lungo il mare di Galilea, vide due fratelli, Simone, chiamato Pietro, e Andrea suo fratello, che gettavano le reti in mare; erano infatti pescatori. 19E disse loro: «Venite dietro a me, vi farò pescatori di uomini». 20 Ed essi subito lasciarono le reti e lo seguirono. 21 Andando oltre, vide altri due fratelli, Giacomo, figlio di Zebedeo, e Giovanni suo fratello, che nella barca, insieme a Zebedeo loro padre, riparavano le loro reti, e li chiamò. 22 Ed essi subito lasciarono la barca e il loro padre e lo seguirono. 23Gesù percorreva tutta la Galilea, insegnando nelle loro sinagoghe, annunciando il vangelo del Regno e guarendo ogni sorta di malattie e di infermità nel popolo.
Gli inizi del ministero pubblico di Gesù e gli inizi della Chiesa vanno di pari passo.
Potremmo, infatti, idealmente dividere questo brano del vangelo di Matteo in due parti: la prima (vv. 12-17) teologicamente preoccupata di descrivere i momenti iniziali dell’attività di Gesù e di giustificarlo come Messia alla luce delle Scritture; la seconda (vv. 18-23) dedicata prevalentemente alla chiamata dei primi discepoli. Le due parti risultano, però, intimamente collegate ed è importante sottolineare sin dall’inizio il legame profondo ed ineludibile tra i primi passi di Gesù e la nascita della Chiesa, realtà comunitaria che si fonda sulla Parola di Dio. Non c’è Chiesa senza una chiamata di Cristo.
Dopo aver descritto l’episodio del Battesimo e quello delle tentazioni, Matteo sente il bisogno di far cominciare l’azione del Cristo dall’esaurirsi dell’azione del Battista. Per l’evangelista, finisce di operare Giovanni e comincia Gesù. Le parole d’esordio sono, in effetti, le stesse: “Convertitevi perché si è avvicinato il regno dei cieli” (v. Mt 3,2; 4,17). Ma lo stile e l’attenzione non sono rivolte tanto alle opere necessarie (il frutto della conversione) per sfuggire all’ira divina (cfr. Mt 3,7), tra le quali la pratica penitenziale del battesimo portata avanti da Giovanni, quanto al positivo cambiamento di vita (metanoéite) che nasce dal contatto con una realtà di salvezza già in itinere che la figura di Gesù incarna.
Gesù, appresa la notizia della carcerazione del Battista, decide di cambiare scenario, di cambiare casa e si ritira (il verbo è anachoréo) in una terra ben diversa dalla ortodossa Giudea, in cui Egli era vissuto fino a quel momento. Va verso l’impura Galilea, la “curva delle genti” (ghelil ha-gojim), teatro di sofferenze per il popolo ebraico (tra cui, ad esempio, la deportazione delle tribù di Zabulon e Neftali ad opera degli Assiri) e di mescolanze etniche. Prende dimora a Cafarnao, cittadina sulla via del Mediterraneo. Viene così a realizzare la profezia di Is 8,23-9,1 che proprio sulla “via del mare” della Galilea aveva annunciato alle genti deportate di Zabulon e Neftali che
..un bambino è nato per noi,
ci è stato dato un figlio.
Sulle sue spalle è il potere
e il suo nome sarà:
Consigliere mirabile, Dio potente,
Padre per sempre, Principe della pace.
Grande sarà il suo potere
e la pace non avrà fine
sul trono di Davide e sul suo regno,
che egli viene a consolidare e rafforzare
con il diritto e la giustizia, ora e per sempre. (Is 9,5-6)
Gesù incarna, dunque, agli occhi dell’uditorio ebraico-ellenistico della comunità di Matteo, il ruolo di Messia Salvatore potente.
Le prime parole del ministero di Gesù sono, pertanto, all’insegna della continuità con Giovanni, ma il senso di tale annuncio assume significato diverso in quanto stavolta il fatto che Dio è all’opera (lett. si è avvicinato, il verbo al tempo perfetto segnala una azione del passato i cui effetti sono in corso di svolgimento), risplende nella persona di Colui che annuncia.
La novità dell’agire di Gesù, però, si percepisce subito. Egli cammina, vede e chiama. In fondo, poco più di una passeggiata. Ma gli effetti di tale chiamata cambiano la vita di chi è pronto ad ascoltarla. I fratelli (dai nomi che segnalano diverse identità, uno di origine ebrea, Simone, l’altro di origine greca, Andrea, tutti e due comunque fratelli) sono pronti ad abbandonare le proprie sicurezze, il proprio lavoro e la proprie abitudini. Giacomo e Giovanni sono pronti a lasciare anche la famiglia e il padre Zebedeo, oltre ai propri interessi.
Ma cosa fa di particolare Gesù?
Innanzitutto, a differenza dei rabbini dell’epoca, che venivano scelti dal discepolo, è Gesù a cercare e chiamare i discepoli, a farsi vicino alla loro quotidianità, laddove è il loro cuore.
Ma, soprattutto, è il contenuto dell’annuncio che sembra decisivo: Egli, a ben vedere, dona il senso per le cose che si fanno. Si può essere pescatori, ma Gesù propone di essere pescatori di uomini, di mettersi alla sua sequela e, dunque, a servizio dell’uomo.
Mettersi dietro a Gesù (opìso mou) trasforma la nostra vita e le cose che facciamo, anche nella loro quotidianità e ne realizza il senso più profondo, esaltando la nostra umanità e quella di coloro che entrano in contatto con noi. È lo stesso opìso mou, infatti, il richiamo alla sequela che Gesù farà a Simone, chiamandolo Satana, (Mt 16,23) quando questi cercherà di scongiurare la passione del Maestro, auspicando per lui una divinità lontana dall’umano.
Se prendiamo seriamente l’invito a metterci dietro a Gesù, come hanno fatto i primi discepoli, non possiamo rimanere indifferenti, come se nulla fosse successo.
La salvezza di Cristo passa, dunque, attraverso di noi, tra le maglie delle nostre reti, siano essi gli arnesi di un chirurgo, le cattedre di una scuola, le scrivanie di un impiegato o i banconi di un negozio. E’ nella quotidianità del nostro tempo umano, anche nella sua più ordinaria routine, che Dio si fa a noi vicino e ci chiama a camminare con Lui, in vista di una felicità ben più grande di quella che cerchiamo nelle nostre sicurezze.
Forse Andrea e Simone sapevano ancora poco di Gesù, ma una novità straordinaria è tenuta in serbo per loro: vedranno presto il cielo aperto e gli angeli di Dio scendere e salire sul Figlio dell’uomo (Gv 1,51).
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