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In marcia per la libertà e la giustizia sociale. Recensione al volume Umanità in rivolta di Aboubakar Soumahoro

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Nel 1951 Albert Camus pubblicava L’uomo in rivolta. Un saggio contenente un’importante riflessione teorica sull’agire umano finalizzato al cambiamento individuale, sociale, storico. Un’opera che nel raccogliere gli esiti della crisi generata dal secondo conflitto mondiale, proietta l’umanità verso la ricerca di una maggiore autenticità dominata dal senso.

Con il volume Umanità in rivolta. La nostra lotta per il lavoro e il diritto alla felicità (Feltrinelli, 2019), il sindacalista Aboubakar Soumahoro sembra rifarsi alla proposta del pensatore francese attraverso una declinazione inerente alle urgenze sociali, economiche e politiche del nostro tempo. Ciò viene narrato dalla prospettiva, vissuta in prima persona dallo stesso autore, del migrante giunto in Italia per conquistare una migliore condizione di vita. Difatti l’intento del volume è quello di mostrare – attraverso le storie personali e lavorative dei migranti – una parte di umanità che non vede riconosciuta e tutelata la propria dignità e perciò si appella alla rivolta culturale e sociale per mutare il presente e il futuro.

In realtà, per Soumahoro lo sfruttamento non è destinato soltanto ai migranti ma a tutti i cittadini fragili e posti ai margini delle nostre comunità. Per tale motivazione necessita una rinnovata azione dei sindacati destinata a perseguire il: «miglioramento delle condizioni materiali dei lavoratori (giustizia sociale) e promuovere contemporaneamente una “cultura espansiva” della non discriminazione» (p. 101). Tramite un intreccio ben calibrato di questioni connesse alla dignità umana, alle migrazioni, al mondo del lavoro e al ruolo della politica e del sindacato, l’autore fa emergere tensioni, lotte, progetti, protagonismi e aspettative di chi vive alla periferia del nostro sistema sociale.

Se coloro che emigrano sono alla ricerca di maggiore felicità è doppiamente doloroso ritrovare le medesime condizioni di sfruttamento e illegalità nei Paesi di accoglienza come il nostro. Ciò è quello che vivono migliaia di migranti impiegati in settori produttivi come l’agricoltura e l’edilizia. Spesso sottoposti a turni di lavoro superiori alle dodici ore giornaliere, ricevono paghe sufficienti a soddisfare soltanto i bisogni primari. Oltre a questo, una certa retorica identitaria e nazionalista fomenta – soprattutto tramite il web – una contro-narrazione che rappresenta i migranti come individui pigri e mantenuti dalle casse dello Stato. Dinanzi a questa realtà, Soumahoro ha optato per l’impegno sindacale diretto a garantire rispetto e dignità ad ogni lavoratore.

Purtroppo, i pochi che riescono ad emergere dalle moderne strutture di schiavitù lo devono più a forme di concessione che di rivendicazione dei propri diritti. Così, tramite il racconto della sua esperienza e di quella di decine di uomini e donne residenti sul nostro territorio nazionale, l’autore invita l’intero popolo italiano a lottare contro la negazione dei diritti che interessa anche molti nostri concittadini: «la precarietà e lo sfruttamento non sono condizioni esclusivamente riservate ai migranti, ma colpiscono indistintamente tutti i lavoratori, indipendentemente dalla provenienza geografica. Per questa ragione, il nostro impegno deve estendersi alla difesa dei diritti di tutti i lavoratori» (p.73).

Inoltre, nel riportare alcuni recenti fatti di cronaca che narrano come diversi lavoratori hanno perso la vita sul posto di lavoro, l’autore invita ad affrontare i reali problemi connessi più che alla figura dei “caporali” allo strapotere delle grandi aziende. Queste, oltre a non assicurare su tutta la filiera adeguate condizioni lavorative, tramite la vendita del prodotto finito guadagnano più di chiunque altro nell’intero ciclo di produzione.

Il libro di Aboubakar Soumahoro è anzitutto una forte denuncia sociale connessa a un appello. La denuncia riguarda una questione che come cittadini siamo chiamati a prendere in seria considerazione: i migranti non possono ricevere in Italia lo stesso trattamento inumano vissuto nei loro Paesi d’origine. L’appello, invece, è rivolto all’intero tessuto sociale, politico, economico e associativo della nostra comunità nazionale affinché si possa diffondere sempre più una cultura e parimenti un’azione volta ad assicurare a tutti i residenti sul suolo nazionale libertà e giustizia sociale. Un volume, quello di Soumahoro, che propone una sana e opportuna rivolta di coscienze, e perciò culturale, finalizzata a garantire a tutti il diritto alla felicità cioè ad un’esistenza pienamente compiuta.

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