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L’Islam pacifista dell’Africa Occidentale: gli studi di Lamin Sanneh

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Lamin Sanneh: cattolico studioso dell’Islam

Il 6 dello scorso Gennaio, si è spento uno degli intellettuali cattolici africani più influenti degli ultimi decenni, il professore Lamin Sanneh dell’Università di Yale, New Haven.

Giusto poco prima della sua morte, nel Dicembre dello scorso anno, avevo avuto la fortuna di essere in contatto con lui tramite uno dei suoi più stretti collaboratori, e conservo gelosamente una copia firmata del suo ultimo libro, Beyond Jihad: The Pacifist Tradition in West African Islam, New York: Oxford University Press, 2016 (“Al di là del Jihad: La Tradizione Pacifista nell’Islam dell’Africa Occidentale”), frutto di questo incontro.

Sebbene nessuno dei suoi numerosi libri sia stato (sfortunatamente) tradotto in italiano, i lavori di Sanneh erano molto conosciuti anche nel nostro paese, tra gli specialisti delle varie discipline a cavallo delle quali egli si muoveva con agilità (africanistica; storia dell’Islam; religioni comparate; teologia cristiana e studi missiologici). Durante la sua carriera accademica Sanneh ha occupato cattedre in due prestigiose università americane come Harvard e Yale. In quest’ultima, per gli ultimi trent’anni è stato membro del dipartimento di storia, dove insegnava corsi di storia dell’Africa e di storia dell’Islam, nonché della School of divinity (facoltà teologica), dove era professore di missiologia e cristianesimo nel mondo. Cattolico impegnato, Sanneh ha anche ricoperto importanti posizioni nel Pontificio comitato di scienze storiche e nel Consiglio pontificio per il dialogo inter-religioso con l’Islam.

Sanneh era nato nel 1942 in una famiglia musulmana del Gambia, piccolo paese dell’Africa Occidentale – una striscia di terra “incastrata” all’interno del Senegal, uno dei tanti esempi di confini africani dettati dalla competizione tra i poteri coloniali (in questo caso la Francia, che aveva preso controllo del territorio del Senegal, e la Gran Bretagna, che era riuscita a ritagliarsi il Gambia per controllare l’accesso all’omonimo fiume).
La regione del Senegambia era stata precedentemente e per secoli (dal decimo o undicesimo fino al diciannovesimo secolo) la culla dell’Islam in Africa Occidentale.

Nonostante si fosse convertito al cattolicesimo in gioventù, Sanneh si affacciò alla ricerca storica proprio come specialista di questa lunga pagina di storia dell’Islam, spesso poco conosciuta nel mondo dell’islamologia storica, che è tradizionalmente più avvezza a occuparsi di Medio e Vicino Oriente, Nordafrica, e Sud-Est asiatico.

L’Islam pacifista dell’Africa Occidentale

Il suo primo libro (The Jakhanke: The History of an Islamic Clerical People of Senegambia, London: International African Institute, 1979) documentava – per la prima volta in una lingua europea – la storia dei Jakhanke, un clan originario del Senegambia ma presente attraverso una secolare diaspora un pò in tutta l’Africa Occidentale, dal Senegal sulla costa atlantica alla Nigeria sul Golfo di Guinea.

Attraverso questa sua prima, estremamente dettagliata monografia storica, Sanneh aveva posto due idee principali al centro della storiografia sull’Islam in Africa Occidentale:
(1) l’idea che gruppi specializzati e parzialmente endogami di clerics (nel doppio senso di clero, ovvero gruppo di specialisti religiosi, e di chierici, ovvero gruppo di specialisti nella trasmissione di una tradizione letteraria), non esogeni ma autoctoni della regione, avessero avuto un ruolo fondamentale e spesso misconosciuto nell’islamizzazione dell’Africa Occidentale;
(2) l’idea che l’attitudine pacifista dell’Islam che ha permesso per secoli (prima dell’ondata di Jihad militari del diciannovesimo secolo, seguiti dalle guerre coloniali e dalla dominazione europea) la convivenza tra musulmani e seguaci delle religioni tradizionali in Africa Occidentale, non fosse semplicemente il frutto del pragmatismo di mercanti musulmani che necessitavano della protezione di sovrani “pagani”, ma il prodotto coerente di una specifica teologia islamica riconducibile al pensiero di al-Hajj Salim Suwari (Suwaré), antenato simbolico dei Jakhanke che, secondo la ricostruzione proposta da Sanneh, sarebbe vissuto intorno al tredicesimo secolo.

La specificità del Cristianesimo e la vocazione multiculturale

Negli anni successivi, Sanneh si dedicò allo studio storico del Cristianesimo, sempre con particolare riferimento all’Africa Occidentale. Poi, nel 1989, produsse un testo estremamente influente (Translating the Message: The Missionary Impact on Culture, Maryknoll: Orbis Books. 1989), che segnò il passaggio dal Sanneh puramente storiografico al Sanneh teologicamente impegnato.

In Translating the Message, infatti, la metodologia storica si coniuga ad una presa di posizione teologica esplicita, che è destinata a diventare, negli anni successivi, il contributo più noto di Sanneh agli studi sulla religione comparata in Africa. Per Sanneh, la risorsa più importante del Cristianesimo – in particolare se paragonata all’Islam, ma anche ad altre grandi religioni storiche meno diffuse in Africa come Ebraismo e Induismo – sta nell’assenza del concetto di lingua sacra, che ne determina, a suo avviso, una più rapida traducibilità del messaggio teologico e una maggiore malleabilità culturale.

Sebbene sempre privo di ambiguità sulla sua posizione di cattolico, il Lamin Sanneh studioso di religioni comparate, però, non è mai diventato un semplice apologeta del Cattolicesimo, ma si è imposto al contrario come intellettuale critico, e insieme a tanti altri cristiani africani, ha saputo dare voce a quella potente critica dell’eurocentrismo delle istituzioni della Chiesa che tanto profondamente ha cambiato la stessa negli ultimi tre decenni, fino a manifestarsi pienamente nel pontificato di Papa Francesco.

È proprio in questo senso che vanno interpretati tutta una serie di contributi scientifici pubblicati da Sanneh a cavallo degli anni 1990 e 2000 (Encountering the West: Christianity and the Global Cultural Process: The African Dimension, Maryknoll: Orbis Books, 1993; Whose Religion is Christianity?: The Gospel Beyond the West; Grand Rapids: Eerdmans, 2004; The Changing Face of Christianity: Africa, the West, and the World, New York: Oxford University Press, 2005), il cui messaggio essenziale è una chiamata al multiculturalismo che per Sanneh è la vocazione essenziale, spesso storicamente tradita, del Cristianesimo come religione universale di un Dio incarnato.

Leggendo i suoi scritti su Cristianesimo, culture e missione in parallelo a quelli precedenti sui Jakhanke, per secoli veri e propri “missionari” dell’Islam in terra d’Africa, è come se Sanneh avesse visto in questi ultimi una sorta di antecedente storico del suo ideale più autentico di missionario cattolico.

La teologia islamica pacifista

Allarmato dalla recente infiltrazione del jihadismo globale nella sua Africa Occidentale, alla cui cultura profondamente impregnata di Islam continuava a sentirsi profondamente legato e affine nonostante la conversione cattolica e l’impegno istituzionale nella Chiesa; e allo stesso tempo allarmato dal radicarsi, nell’opinione pubblica americana, di una visione radicalmente ostile all’Islam e colorata di tinte xenofobe e suprematiste bianche, negli ultimi anni Sanneh aveva deciso di riprendere i suoi studi sulla tradizione teologica pacifista dell’Islam in Africa.

La sua ultima monografia (Beyond Jihad: The Pacifist Tradition in West African Islam, New York: Oxford University Press, 2016), così, ha riportato Sanneh alle sue origini intellettuali di storico dei religiosi islamici Jakhanke, acquistando il sapore non solo di un prezioso lascito storiografico, ma anche di un messaggio di portata teologica, un invito alla Chiesa ad avere un rapporto sereno, privo da un lato di complessi di inferiorità, e dall’altro di pretese superiorità morali e superficiali essenzialismi, con la ricca tradizione teologica e morale dell’Islam.

I quarant’anni di pubblicazioni di Lamin Sanneh (da notare anche la sua recente autobiografia Summoned from the Margin: Homecoming of an African, Grand Rapids: Eerdemans, 2012), non lasciano dubbi sulla sua serietà metodologica di storico e la sua profondità spirituale di cattolico.

Il calore con cui Lamin Sanneh, pur nella sua posizione inusuale di convertito dall’Islam, veniva accolto ogniqualvolta si recava in Senegal, paese di forte cultura islamica con il cui vivace mondo intellettuale e accademico egli intratteneva rapporti senz’altro più intensi rispetto al natio Gambia, e dal cui governo era stato insignito del titolo di Comandante dell’ordine nazionale del Leone (il più prestigioso titolo onorifico nazionale), è testimone del potenziale che il dialogo inter-religioso tra Cristianesimo e Islam è in grado di esprimere quando entrambe le parti coltivano l’attitudine dei Jakhanke.

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