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L’Arte è anche donna?

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 di Valeria Viola

 

Nell’attesa della ormai consueta festa dell’otto marzo, approfittiamo dell’occasione per approfondire il ruolo della donna nella Storia dell’Arte.

Certo la presenza di soggetti femminili nelle opere del passato è ampissima, come ci dimostra la Galleria d’Arte Moderna di Palermo, che organizza per sabato 8 marzo una visita guidata (su prenotazione) sul tema “Figure femminili nella collezione della GAM”. E le donne continuano ad essere anche oggi muse ispiratrici per molti, come nella mostra fotografica “Metamorfosi nel Femminile” di Fabio Giannetto, visitabile nella chiesa di San Giovanni Decollato a Palermo dal 07 al 14 marzo (orario di apertura 16:00 – 20:00)

Quando, però, indaghiamo il ruolo della donna come protagonista del gesto artistico, cioè come artista ella stessa, le cose non vanno così bene: la discrepanza tra il numero delle donne rappresentate e quello delle donne ricordate nei libri d’Arte è impressionante. Pur essendo attive da tempo nel campo, le artiste sono state spesso sottovalutate dall’establishment artistico rappresentato dai musei, dai collezionisti, dai critici dell’arte, etc.

 

Questa ingiustizia è stata recentemente sottolineata dalle “Guerrilla Girls” (http://www.guerrillagirls.com/). Il gruppo ha iniziato la sua protesta nel 1985 alle porte del Museo d’Arte Moderna di New York: a quel tempo era in corso una mostra di pittura e scultura contemporanee a cui erano state invitate a partecipare solo 13 donne su 169 artisti. Nessuno aveva realmente badato alla protesta finché le ragazze non hanno indossato maschere di gorilla per far comprendere come l’identità delle artiste sia stata spesso occultata e dimenticata: sotto le maschere, le ragazze da allora hanno mantenuto l’anonimato dando come nome proprio, se richiesto, quello di artiste ormai scomparse.

L’arrivo del gruppo in Europa nel 2005 ha portato le “Guerrilla Girls” a confrontarsi con un mondo, a loro dire, ancora più maschilista di quello americano. Ma da allora la Tate Gallery di Londra ed altre istituzioni hanno dato voce alla protesta: proprio lo scorso gennaio la Tate ha prodotto un video in cui Jemima Kirke, attrice nota negli USA come interprete della serie televisiva Girls, racconta come le donne hanno sempre fatto arte sebbene siano state assenti dai libri di storia o dalle pareti delle gallerie. Per un interessante carrellata di queste artiste trovate il video sul web:

http://www.theguardian.com/artanddesign/video/2014/jan/23/girls-jemima-kirke-women-art-video

       Pian piano le cose stanno cambiando: alcuni dei più importanti musei sono diretti da donne (come la Whitechapel Gallery, la Riflemaker Gallery di Londra), come donne sono oggi anche proprietarie di gallerie o facoltose collezioniste. Nonostante sia ancora difficile per una donna conciliare gli impegni di lavoro con quelli familiari, l’eccellenza femminile va occupando posizioni di prestigio tra gli storici dell’arte, i critici, coloro che si occupano di allestimento museografico, gli operatori museali. Ciò non solo fa aumentare le richieste di opere di donne nelle esposizioni ma anche il prezzo delle opere stesse, che cominciano ad essere valutate quasi al pari di quelle maschili. E’ un processo lento ma, a mio parere, inarrestabile nel panorama europeo.

Anche nella nostra piccola realtà palermitana si va facendo qualcosa in questa direzione.

Dal 17 dicembre è partita la nona edizione di “Arte al femminile”, un ciclo di seminari organizzati dalla sezione regionale dell’Anisa e dalla instancabile Maria Antonietta Spadaro, che, nella Sala Conferenze di Banca Nuova a Palermo, ha aperto una finestra su importanti figure femminili dell’Arte contemporanea.

A Palazzo Sant’Elia (via Maqueda 81) dal 23 febbraio e fino al 26 marzo è possibile visitare la mostra “Noi per le donne” curata da Anna Maria Ruta (non a caso ancora una donna!). Lo stesso titolo lo ritroviamo alla mostra d’arte ed artigianato organizzata nelle date di 8 e 9 marzo al Salone delle Feste del Circolo degli Ufficiali di Palermo, dal Club Inner Wheel Palermo.

La questione oggi piuttosto si pone da un diverso punto di vista che supera la pregiudiziale di genere. Scrive Marina Giordano a proposito della collettiva di Palazzo Sant’Elia: “dopo le ricerche pionieristiche degli anni Settanta ed Ottanta e la graduale riscoperta di autrici che una storia dell’arte costantemente declinata al maschile aveva condannato all’oblio o ad un’esistenza solo sussurrata, l’attualità offre un quadro ricchissimo di artiste che si misurano con tutti i generi, i linguaggi, le tecniche. Ogni gap è colmato, ogni categorizzazione smussata, si parla legittimamente di artisti senza sottolinearne l’identità di genere”. A questo punto, è ancora adeguato ragionare in termini di “quote rosa”, per essere sicuri che ci sia sempre un numero minimo di donne che rappresenti la “categoria” o si dovrebbe semplicemente guardare alla qualità dell’opera a prescindere dal sesso del suo fautore?

Come nel mondo della politica, campo in cui il tema si dibatte da tempo apparentemente senza trovare soluzione, forse bisogna attendere ancora che gli uomini (ed alcune donne) arrivino a queste stesse conclusioni.

 

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