Senza categoria

L’ora di religione, palestra di vita

Loading

Una nota citazione marxista sottolinea come la religione sia «l’oppio dei popoli», una credenza che scade in superstizione per distogliere l’attenzione dai problemi della secolarizzazione. A questa massima di vita mi piace contrapporne un’altra, di grandezza ancor più epocale: «Non di solo pane vive l’uomo ma di ogni parola che esce dalla bocca di Dio». In questa citazione di Gesù Cristo si condensa tutta l’essenza dell’uomo, fatta di spirito e carne, impeto del cuore e raziocinio, fede e ragione. Con tale spirito, risulta più edificante il dato diffuso da alcune diocesi italiane, tra cui quella di Milano, la più grande d’Italia, che attesta come sia in aumento il numero di ragazzi che decidono di seguire l’ora di religione scolastica.

Un dato significativo e confortante se paragonato al contesto multietnico del capoluogo lombardo. In un comunicato della diocesi milanese si specifica: «Un’inversione di tendenza che mostra un rinnovato interesse, proprio nella fascia di età più critica, per una materia di studio capace di dare risposte alle domande di senso in una chiave non confessionale (nel senso di non catechistico) e dottrinale, nonostante siano più che triplicati, passando dal 4% del 2001/02 al 13,7% del 2012/12, i figli degli immigrati, bambini e ragazzi provenienti da tradizione religiose differenti». In fin dei conti, l’ora di religione non è – come molti pensano – l’ora del dolce far niente, della pausa rilassante tra una materia e l’altra. Attraverso l’ora di religione – se affrontata da docenti e discenti con le giuste motivazioni – può nascere quel sano dibattito sui grandi temi della vita, dell’educazione civica e della morale. Bisogna sfatare l’idea che si tratta di un’ora priva di contenuti, che non fa media e che non è degna di essere partecipata. A contribuire affinché ciò non accada, è necessario che gli insegnanti di religione abbiano la consapevolezza del delicato compito che sono chiamati a compiere.

 

Il mio pensiero va a quei professori di frontiera, il cui insegnamento è veicolato da strutture scolastiche fatiscenti. In questi contesti, in cui la dispersione scolastica è maggiormente accentuata, la figura dell’insegnate di religione ha un ruolo determinante. Come non pensare a Padre Pino Puglisi, mio concittadino e vittima delle logiche criminali, ucciso dalla mafia nel 1993. Tra qualche mese si celebrerà la sua beatificazione ma come dimenticare che oltre al sacerdote di frontiera c’era l’insegnante di religione impegnato a scuola? In classe, con i suoi alunni, spesso diceva che: «Siamo in un tempo felice perché esiste una stragrande maggioranza di giovani che si interroga sul senso della vita, sente la voglia di vivere, di trovare ragioni di vita. Buona parte dei giovani si è staccata dalle antiche sicurezze e, facendo salti mortali, tende le braccia in avanti in cerca di chi la accolga». La testimonianza dell’uomo che ha combattuto la mafia attraverso il messaggio evangelico, deve essere da esempio per chi è chiamato a insegnare ai ragazzi i valori cristiani.

Lo studio e il dibattito durante l’ora di religione forniscono strumenti che permettono una maggiore comprensione di altri contesti e tematiche. Don Michele di Torve, responsabile della Pastorale scolastica precisa che: «Si pensi a che cosa una persona può capire oggi della nostra lunga tradizione artistica, se non possiede anche solo una superficiale conoscenza delle Sacre Scritture». Misconoscere che la Storia europea affonda le sue radici nel cristianesimo è una forzatura diseducativa e improduttiva, che non rende giustizia ai sani principi della laicità statale. Per tali motivi, il dato diffuso dalla Curia Romana, è ancora più confortante per le nuove generazioni, perché si ravviva quello spirito di ricerca che è alla base della scoperta. Attraverso un sano dialogo all’interno delle istituzioni scolastiche così come nelle famiglie, è possibile sconfiggere l’individualità come fabbrica dell’egoismo. Attraverso l’insegnamento di quei valori culturali, etici, morali e spirituali è possibile investire nelle generazioni future. Quando si parla di gioventù, spesso si focalizza l’attenzione ai risvolti negativi. Non è così, non può essere così. Di recente, il Santo Padre si è espresso sul futuro dei ragazzi. «Con il loro entusiasmo e la loro spinta ideale, possono offrire una nuova speranza al mondo […] Essere attenti al mondo giovanile, saperlo ascoltare e valorizzare, non è solamente un’opportunità, ma un dovere primario di tutta la società, per la costruzione di un futuro di giustizia e di pace. Si tratta di comunicare ai giovani l’apprezzamento per il valore positivo della vita, suscitando in essi il desiderio di spenderla al servizio del Bene».

Sia che si tratti di cristiani, di musulmani, di ebrei o qualsiasi altra confessione religiosa, come non condividere il contenuto di queste parole? Che l’ora di religione possa essere un catalizzatore che ponga le basi per una società più aperta al dialogo e al rispetto delle diversità. Che l’ora di religione possa insegnare come nel confronto e nell’accoglienza degl’altri non c’è limitazione bensì crescita personale e sociale.

 

Dario Cataldo

 

 

{jcomments on}

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *