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L’ottimismo cristiano

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Introduzione alla lectio divina su Lc 21, 5-19

17 novembre 2013- XXXIII domenica del tempo ordinario

 

Mentre alcuni parlavano del tempio, che era ornato di belle pietre e di doni votivi, disse: 6«Verranno giorni nei quali, di quello che vedete, non sarà lasciata pietra su pietra che non sarà distrutta».

7Gli domandarono: «Maestro, quando dunque accadranno queste cose e quale sarà il segno, quando esse staranno per accadere?». 8Rispose: «Badate di non lasciarvi ingannare. Molti infatti verranno nel mio nome dicendo: «Sono io», e: «Il tempo è vicino». Non andate dietro a loro! 9Quando sentirete di guerre e di rivoluzioni, non vi terrorizzate, perché prima devono avvenire queste cose, ma non è subito la fine».

10Poi diceva loro: «Si solleverà nazione contro nazione e regno contro regno, 11e vi saranno in diversi luoghi terremoti, carestie e pestilenze; vi saranno anche fatti terrificanti e segni grandiosi dal cielo.

12Ma prima di tutto questo metteranno le mani su di voi e vi perseguiteranno, consegnandovi alle sinagoghe e alle prigioni, trascinandovi davanti a re e governatori, a causa del mio nome. 13Avrete allora occasione di dare testimonianza. 14Mettetevi dunque in mente di non preparare prima la vostra difesa; 15io vi darò parola e sapienza, cosicché tutti i vostri avversari non potranno resistere né controbattere. 16Sarete traditi perfino dai genitori, dai fratelli, dai parenti e dagli amici, e uccideranno alcuni di voi; 17sarete odiati da tutti a causa del mio nome. 18Ma nemmeno un capello del vostro capo andrà perduto. 19Con la vostra perseveranza salverete la vostra vita.

 

 

Giovanni Bellini, particolare delle Quattro allegorie, Perseveranza, 1490-1504

Gallerie dell’Accademia, Venezia

 

Si è spesso tentati di leggere in una sciagura, o in un insieme concatenato di sciagure, un segno possibile della fine dei tempi. Allora ci assale l’angoscia, soprattutto quando proiettiamo lo sguardo in avanti, incerti su cosa ci attende.  

Il vangelo di oggi arriva invece a liberarci dal senso di insicurezza e a confortarci dall’ansia perché è Gesù stesso che con fermezza guida gli occhi dei discepoli e di tutti i credenti ad una lettura fiduciosa della storia e del tempo di cui solo Dio è Signore. Un tempo che appare però segnato da alcuni aspetti fondamentali: la caducità, l’inganno, la tribolazione, la perseveranza.

 

 

La caducità. Il primo atteggiamento da assumere nei confronti della storia sembra essere, per il credente, la consapevolezza che tutto è effimero e caduco, che anche ‘il cielo e la terra passeranno’, come le – pur splendide – pietre che abbellivano il tempio di Gerusalemme su cui i discepoli appuntavano lo sguardo e che da sempre costituiva il cuore stesso della vita religiosa. L’evangelista ha recente memoria della terribile devastazione del 70 d.C. quando Gerusalemme e il suo tempio furono distrutti dalle legioni di Tito. Eppure, nemmeno la distruzione del luogo santo può essere ‘segno’ della fine, ma si colloca in un tempo che precede la fine. Questo ‘tempo prima della fine’ abbraccia tutta la storia umana, tutta la nostra storia che corre ormai verso la sua conclusione, verso la Parusia (o seconda venuta) di Gesù risorto nel mondo.

L’inganno. Questo ‘tempo prima della fine’ non ha una durata precisata. Ai primi discepoli sembrava addirittura che alcuni di loro non sarebbero morti senza aver visto l’avvento del Nuovo Regno. Eppure così non è stato. La lunghezza indefinita ingenera comunque stanchezza nei cuori e, in queste condizioni, è facile cedere a false credenze o a falsi profeti. Il monito di Gesù è chiaro: ‘Non seguiteli’. Non si tratta di un consiglio, ma di un comando che ha la forza imperiosa di altri precetti evangelici. Verranno falsi profeti e falsi pastori, mistificatori di Cristo, ad illuderci, ad ingannarci. Fare memoria di Gesù aiuterà il cristiano a riconoscere il pastore e la sua voce dalle altre molteplici parole di salvezza che capiterà di sentire nella vita quando, soprattutto nei momenti di maggior difficoltà, avvertiremo il bisogno di un liberatore immediato e ognuno smetterà di attendere Cristo.

La tribolazione. Oltre all’inganno, in questo tempo d’attesa il cristiano deve mettere in conto anche i grandi mali della storia, dalle guerre alle persecuzioni. Sarà possibile, dice Gesù, subire la persecuzione e la violenza fino alla morte. Si può venire traditi dagli amici e dai parenti. Si può morire perché cristiani, perché portatori di speranza in un mondo che non ha più la forza di sperare. Sarà questo il momento, per ciascun credente, della prova; l’occasione per rendere testimonianza della ‘speranza che è in voi’ dirà Paolo. Sarà l’ora dello sgomento e dello sconforto quando il credente diviene anche oggetto di disprezzo e avverte con dolore il senso di inutilità in un mondo profondamente segnato dal male e dalla violenza. E’ proprio in questa condizione di debolezza e di generale sfiducia che ancor di più occorre non «scoraggiarsi nel fare il bene» (Ts 3,13) perché il male può attraversarci, ma non distruggerci, certi che neppure un capello del nostro capo perirà (v.18).  

La perseveranza. Il ‘tempo prima della fine’ è allora il tempo della perseveranza del cristiano. Notava bene Sant’Agostino, a proposito della perseveranza, quando scriveva che essa non può giudicarsi bene se non alla fine, perché il ‘perseverare’ consiste proprio in una continuità che non conosce interruzioni. Proprio per questo chi persevera è solo colui che arriva ‘fino alla fine’. Quest’individuo è il cristiano chiamato ad una fede e ad una speranza continua in una storia drammatica nel cui seno occorre testimoniare con il coraggio di Zaccheo una parola diversa, non effimera come le pietre del tempio, non violenta come le persecuzioni. La fede e la speranza nel ‘Dio dei vivi’ (Lc 20,38) e nella vita senza fine in Lui.

 Ciò che alla fine dei tempi è destinato a non perdurare sarà proprio il male e la morte. Dell’ingiustizia non resterà infatti radice né germoglio, ma su chi persevera nella giustizia continuerà a sorgere il sole (Ml 3,19-21).

 Isabella Tondo

 

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