di Paolo Ercolani
Una frase attribuita ad Albert Einstein va al cuore del problema: «Non si può pensare di risolvere un problema con la mentalità che lo ha generato».
L’odierna centralità di un capitalismo disumanizzante, di un sistema tecno-finanziario che si erge a sacerdote incontrastato di dogmi che riducono l’essere umano a strumento per il raggiungimento di fini non suoi, rappresenta sicuramente il problema.
Ma pensare di affrontare quel problema, per esempio per estendere i diritti umani e individuali, utilizzando la mentalità che connota il problema stesso (la logica del profitto), rappresenta una di quelle contraddizioni sostanziali (performative, le chiamano i filosofi) capaci di rendere vana, sterile e persino contraddittoria la «soluzione» del problema.
Che, quindi, non solo non si rivela per nulla come una soluzione, ma rischia seriamente di ingenerare ulteriori problemi che, invece di estendere il grado dell’emancipazione umana, contribuiscono seriamente a limitarla e degradarla ulteriormente.
La logica economica
Ora, al di là delle questioni personali, sulle quali non entro per ovvie ragioni di inopportunità e rispetto, non c’è dubbio che Nichi Vendola ha risolto un proprio «problema» privato ricorrendo a una «soluzione» pregna della logica tecno-finanziaria.
Ciò che la natura non consente è stato superato con un espediente tecnico e, soprattutto, con una quantità di denaro con la quale si è, di fatto, comprata la disponibilità di una donna a «prestare» il proprio utero (ma anche il proprio corpo e la propria persona) per generare il figlio di Vendola e del suo compagno.
Esattamente come accade nelle peggiori deformazioni della logica capitalistica, quello che non si può ottenere per le vie «normali» si è deciso di comprarlo.
Non ho motivi per dubitare del sentimento genuino che sospinge Vendola e il suo compagno, nutro qualche ragionevole dubbio sul sentimento disinteressato di solidarietà umana da parte della donna che si è «prestata», ma di fatto prendo atto che si è trattata di una oggettiva transazione economica.
In cui tutto ciò che connota l’essenza umana è stato sottomesso e subordinato alla logica della potenzialità tecnica e della possibilità economica.
Vendola avrebbe potuto orientarsi in Inghilterra, dove una legge più articolata impedisce, se non erro, che sia la logica del profitto (e quindi della mercificazione umana) a rendere possibili questa pratica.
O, meglio ancora, avrebbe potuto attivarsi per inserire nel proprio nucleo famigliare uno dei tanti bambini che popolano gli orfanotrofi o che sopravvivono a malapena in condizioni di forte disagio esistenziale.
Ma no. Ha ritenuto di scegliere la strada più facile, più drastica e più privilegiata. Ossia questi Stati Uniti dove la logica economica pervade il midollo osseo della struttura culturale e sociale, e in cui non ci si fa scrupolo alcuno di fornire qualunque prodotto richiesto (anche «umano», sì) a fronte del pagamento di una cifra adeguata e sostanziosa.
Cioè, a voler essere memori di una Storia spesso rimossa, quel paese in cui ancora alla fine dell’Ottocento e ai primi del Novecento venivano sovvenzionati gli studi sull’eugenetica (iniziati dall’inglese Francis Galton), sostanzialmente mossi da una mentalità volta a ricercare il predominio di una razza perfetta (perché costruita a tavolino) per ragioni squisitamente di dominio imperiale ed economico.
La mortificazione dell’Umanesimo sociale
Se può essere l’«umanesimo sociale» il paradigma da cui ripartire per costruire una Sinistra finalmente unita, moderna, in grado di incidere concretamente sui processi economici, sociali e culturali della nostra epoca, non c’è dubbio che il gesto di Nichi Vendola («il privato è politico», recitava uno slogan femminista del secolo scorso) distrugge in un colpo solo tanto il sostantivo («umanesimo») quanto l’aggettivo («sociale»).
Quale umanesimo, quale centralità dell’essere umano può essere riscontrata in un gesto che sottomette momenti essenziali dell’esistenza umana (parto, generazione, nascita, vincoli di attaccamento primario etc.) a una logica squisitamente economica?! Quale egoismo supremo (per quanto umanamente comprensibile) può voler sopperire all’impossibilità del dato naturale con l’artificialità della tecnica e soprattutto del denaro?!
Quale rispetto della questione «sociale» (specie da un leader della sedicente Sinistra) possiamo riscontrare in chi, pur di soddisfare il proprio egoismo personale, non si fa scrupolo alcuno nel comprare il corpo di una donna che, evidentemente per un bisogno economico, decide di sottoporsi a uno stress fisico ed emotivo enorme?!
Non risiede in ciò, forse, un esempio moderno di quella che già Marx chiamava schiavitù salariata? Che oggi si è del tutto trasformata in un dominio «biopolitico» in seguito al quale il sistema tecno-finanziario, evoluzione ultima del capitalismo, riesce a violare impunemente le menti e i corpi degli esseri umani grazie all’intervento di quel passe-partout rappresentato dal compenso economico?!
Ora, fermi restando il rispetto e la considerazione dovuti a tutte le persone coinvolte in questa vicenda (con tanto di biasimo per tutti coloro che si stanno affrettando a coprire di insulti e vergogna la vicenda, in maniera assai poco cristiana per quanto spesso motivata da una rivendicata appartenenza al cristianesimo), dobbiamo prendere atto di un ulteriore elemento di gravità.
Se questa è «Sinistra italiana»
Sì, perché non stiamo trattando solamente la vicenda «privata» che investe uno dei leader della Sinistra italiana. Per quanto una vicenda privata che assume inevitabilmente connotati pubblici, in virtù delle ragioni che abbiamo sostenuto.
A questo grave e «anarco-capitalista» gesto di Nichi Vendola, infatti, che va a ledere in maniera grave l’umanesimo sociale in nome dell’acquisizione (individuale) di un «diritto» conquistato a suon di quattrini (sulla pelle di una donna e di un nascituro), si accompagna una pressoché totale (e colpevolissima) assenza di elaborazioni teoriche, programmi e soprattutto azioni volti a tutelare i diritti di milioni di esseri umani oppressi dalle logiche economiche e da una teologia del mercato che produce ovunque emarginati, precari, migranti, persone i cui bisogni non vengono rappresentati da una Sinistra (e in genere da una Politica) degna di questo nome.
Nichi Vendola è, infatti, il leader di una Sinistra nata con molti piedi sbagliati, secondo una logica aristocratica di posizioni e privilegi tutelati dall’alto, gravata da una pesantissima assenza di mappe teoriche e programmi concreti in grado di far percepire un’alternativa seria, credibile e concreta rispetto al sistema tecno-finanziario dominante.
Sinistra italiana sarebbe dovuta nascere grazie a un empito di energie dal basso, grazie all’incontro di persone spesso deluse dalla politica e con una riconfigurazione totale dei quadri rappresentativi e dirigenziali che al momento è mancata del tutto.
Ad oggi, infatti, si tratta di una realtà fragile, risibile e del tutto incapace di incidere sui rapporti di forza e sulle dinamiche del tempo presente.
Già oggi condannata a lottare per un 4% che è il frutto di Sel (il partito dello stesso Vendola) con l’aggiunta di qualche associazione minoritaria (che ha imposto i propri elementi dall’alto), oltre all’accoglienza acritica di qualche figura (più o meno autorevole, più o meno rappresentativa) che è fuggita dal Pd ed è stata accolta con tutti gli onori potendo usufruire, ancora una volta, di una rendita di posizione garantita all’interno di un partito bloccato.
È bastato assistere alla scena penosa e patetica della tre giorni romana in cui è avvenuto il primo passo della costituzione di Sinistra italiana, con gli interventi di personalità imposte dall’alto secondo la logica aristocratica (e non rappresentativa) propria di un partito già esistente piuttosto che di una realtà da costruire dal basso.
La vicenda privata di Nichi Vendola, insomma, ci si rivela alla maniera di uno specchio fedele di questa Sinistra che ha venduto l’anima, l’identità, la prassi e la sua stessa ragione di essere alle logiche di una politica bloccata e castale, nonché di un’economia rimasta l’unica a dettare l’agenda dei valori da perseguire e delle dinamiche con cui agire.
Una Sinistra e una Politica che, in buona sostanza, non sanno far altro che affittare l’utero di qualcun altro per partorire soggetti, idee e azioni che nulla hanno a che fare con l’Umanesimo sociale e con i fondamenti sostanziali propri di una Sinistra degna di questo nome.
In questo modo non si va e non si andrà da nessuna parte. In questo modo ci troveremo di fronte soltanto all’ennesima sconfitta annunciata, propria di una realtà minoritaria capace di difendere soltanto gli interessi ristretti dei pochi privilegiati che la guidano.
La Sinistra, quella vera, o sarà capace di prefigurare orizzonti ampi, di ricostruire una rappresentanza sociale larga e democratica, e in questo senso dotarsi di una classe dirigente completamente rinnovata e selezionata secondo criteri di merito e capacità, oppure sarà destinata al ruolo patetico ai «affitta-uteri-altrui».
E gli uteri altrui, neanche a dirlo, specialmente nel campo delle idee e dell’azione politica, producono figli non nostri.
tratto da “Il Manifesto” 01 marzo 2016
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