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“La cittadinanza digitale è la sfida di questi tempi” – Intervista a Giuseppe Trapani

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Sempre più, ormai, tutto ciò che è social e digitale è entrato a far parte del nostro mondo, della nostra vita. In alcuni casi non vivere “la rete” significa essere invisibili al mondo. L’odierna pervasività dei social spinge ad una riflessione che riguarda il presente e il futuro della modalità di intendere la cittadinanza nelle nostre democrazie. Discutiamo di questo tema con Giuseppe Trapani. Giornalista e docente IRC, Trapani collabora con scuole e centri di ricerca (Cpia Lombardia) nei progetti di comunicazione sul web. Di recente, per le Edizioni Clandestine (Gruppo Santelli), ha pubblicato il volume “Non di sol0 like”. Il digitale per cittadini creativi e responsabili.

– Da più parti arriva l’invito a non demonizzare i social, la rete e le nuove tecnologie comunicative perché occorre abitarle con responsabilità. Come “abitare” responsabilmente il digitale?

Come dovremmo abitare le nostre vite, ovvero con responsabilità. Io sono innamorato (per indole e professione) alle parole e al loro significato. Respons-abile significa essere in grado di rispondere dei nostri talenti e nel caso della tecnologia, essa è un dono potente e se non è accompagnata da un percorso educativo rischia di ridursi a puro consumo senza valori.

– Con il recupero dell’insegnamento dell’educazione civica, la scuola italiana – fra le altre cose – tende alla formazione di una cittadinanza digitale. Quali competenze è chiamato a possedere il cittadino digitale?

La cittadinanza digitale – tema centrale del mio recente volume – è la sfida di questi tempi perché la rete ci ha cambiati radicalmente anche come cittadini nelle nostre relazioni interpersonali, come comunità civile. Non possiamo continuare a stare sul web solo per i selfie ma ci viene chiesto di essere fruitori consapevoli dei servizi di pubblica amministrazione, capaci di utilizzare le risorse del web per il progresso economico e sociale non dimenticando di essere strutturati a difenderci dai rischi di un uso scriteriato e acritico quando siamo connessi. Ecco perché l’educazione civica, reintrodotta nella scuola, ha come suo obiettivo quello del cittadino digitale attivo e consapevole nella sua comunità di riferimento.

– Da recenti sondaggi emerge che in media i giovani passano quasi un terzo della giornata utilizzando il cellulare. Video, social, applicazioni, giochi online generano nuove forme di dipendenze. Ciò, in misura inferiore, riguarda anche gli adulti. Il nostro è un tempo opportuno per cominciare a parlare di educazione al digitale?

Direi prioritario. La cronaca degli ultimi mesi (penso alle famose sfide – challenge sui social) non può non allarmarci sull’urgenza educativa in rete che si appella al concorso di tutti: occorre lavorare (noi a scuola con studenti e famiglie) proprio sulla capacità di dare senso a ciò che facciamo per arginare i rischi e le fragilità a cui espone il web: l’esibizione di sé, il bisogno ossessivo di condividere, la perdita di una riflessione più profonda. Ecco perché il titolo del mio ultimo libro “Non di solo like” (una parafrasi dal vangelo di Matteo) poiché se viviamo di soli “mi piace” rimaniamo paradossalmente piani di followers ma soli interiormente.

– Le grandi multinazionali della tecnologia e della rete registrano i nostri movimenti online per avanzare offerte commerciali di svariato tipo. Ci aspetta un futuro da consumatori anziché da cittadini?

Il rischio c’è ed è altissimo: le cosiddette big-company hanno tutto l’interesse al consumo delle nostre connessioni, la loro unità di misura sono i click. E poi? Sarebbe già tanto se tutti noi fossimo utenti consapevoli e capaci di essere critici con i contenuti della rete, conoscendo a seconda dell’età potenzialità e rischi, imparando a discernere tra falsità e plausibilità delle informazioni. Provo nel mio ultimo libro a dare qualche consiglio per capire. Attendo dai lettori dibattiti effervescenti ma sono pronto.

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