La Pasqua del profeta inascoltato

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Foto di Coronel Gonorrea su Unsplash

L’impressionante risonanza mondiale di una morte

Impressiona la risonanza che sta avendo, a livello mondiale, la morte di papa Francesco. Era prevedibile in Italia, dove il Consiglio dei ministri ha deliberato cinque giorni di lutto nazionale e, segnale ancora più significativo, è stato sospeso perfino il campionato di calcio.

Ma lo era assai meno nella Spagna laicista del socialista Pedro Sanchez, che anch’essa ha indetto un lutto nazionale di tre giorni e in cui le bandiere sono a mezz’asta a Madrid e in tutto il paese.

Ma il lutto si è esteso a tutta l’Europa. A Parigi la Tour Eiffel è stata oscurata in omaggio a Bergoglio. E il presidente Macron lo ha definito come un portatore di «gioia e speranza ai più poveri».

In onore del pontefice, le bandiere sono state esposte a mezz’asta nelle residenze reali del Regno Unito. Il cancelliere tedesco, Friedrich Merz ha sottolineato che la sua azione è stata guidata «dall’umiltà e dalla fede». E il premier olandese Dick Schoof lo ha definito «un modello per molti, cattolici e non cattolici».

Secondo la presidente della Commission europea Ursula von der Leyen, «ha ispirato milioni di persone, ben oltre la Chiesa cattolica, con la sua umiltà e il suo amore così puro per i meno fortunati».

Colpisce particolarmente l’omaggio del presidente russo Vladimir Putin: «Il Papa ha fatto molto, non solo per i suoi fedeli, ma anche per il mondo intero», ha affermato, ricordando che il pontefice romano ha promosso attivamente lo sviluppo del dialogo tra la Chiesa ortodossa russa e quella cattolica. E ha osservato che «secondo la tradizione ortodossa, se il Signore chiama a Sé una persona durante i giorni di Pasqua, è un segno speciale che questa persona non ha vissuto la sua vita invano e ha fatto molto bene alle persone, e quindi il Signore la chiama durante questi giorni festivi di Pasqua».

Ma anche fuori dell’Europa l’eco della morte di Francesco è stata grande. «Ho appena firmato un ordine esecutivo che mette le bandiere del nostro Paese a mezz’asta in onore di Papa Francesco», ha detto il presidente americano Donald Trump. «Era un brav’uomo. Lavorava sodo. Amava il mondo. Ed è un onore per me farlo».

È arrivato, inatteso, anche un messaggio di cordoglio ufficiale di Pechino. È una novità che ha un suo grande valore politico. In occasione dei funerali di Giovanni Paolo II, nel 2005, non vi era stato alcun comunicato ufficiale.

Anche Hamas si è unito al lutto: «Papa Francesco era un fermo difensore dei diritti legittimi del popolo palestinese, in particolare nella sua ferma posizione contro la guerra e gli atti di genocidio perpetrati contro il nostro popolo a Gaza nel corso degli ultimi mesi», ha dichiarato un suo portavoce.

Reazioni contrastanti

Contraddittorie le reazioni provenienti da Israele. Secondo il presidente Isaac Herzog «Francesco era un uomo di immensa fede e grande misericordia, che ha dedicato la vita al progresso dei poveri del mondo e alla richiesta di pace in un’epoca complessa e turbolenta». Assordante invece il silenzio del premer israeliano Netanyahu, il cui significato ostile è stato evidenziato dall’ordine, dato a tutte le ambasciate israeliane del mondo, di cancellare i post di condoglianze che avevano pubblicato.

Riflette questa ambivalenza la reazione del mondo ebraico della diaspora, in Italia. Il rabbino capo di Roma, Rav Riccardo Di Segni, ha dichiarato: «Il suo pontificato è stato un importante nuovo capitolo nella storia dei rapporti tra ebraismo e cattolicesimo, con aperture a un dialogo talvolta difficile ma sempre rispettoso. Ricordo le numerose occasioni in cui l’ho incontrato, segnate sempre da simpatia, attenzione e confidenza».

Ma secondo il rabbino capo di Trieste, Alexander Meloni, Francesco «è stato un Papa estremamente problematico per il mondo ebraico (…) e ne abbiamo risentito molto, soprattutto dopo il 7 ottobre 2023, nelle sue prese di posizione».

In realtà anche le reazioni della destra italiana sono state molto articolate. All’annuncio della morte del papa Giorgia Meloni ha pronunciato parole commosse: «Torna alla casa del Padre un grande uomo, un grande pontefice che penso tutto il mondo ricorderà per essere il Papa della gente, il Papa degli ultimi”. E ha aggiunto: «Mancherà anche a me, avevamo uno straordinario rapporto personale, era un pontefice con cui si poteva parlare di tutto, con cui ho avuto il privilegio di potermi confrontare su tutto».

La premier ha addirittura parlato di una «quotidianità dei rapporti, più assidui di quanto si vedesse», nei quali ella ha avuto «il privilegio di godere della sua amicizia, dei suoi consigli e dei suoi insegnamenti, che non sono mai venuti meno neanche nei momenti di prova e sofferenza».  E Ignazio La Russa ha definito il Pontefice «una guida spirituale di immenso carisma».

Ma i giornali della destra non hanno mancato di ribadire le critiche rivolte a Francesco durante tutto il suo pontificato. «Un papato ondivago che lascia una Chiesa confusa», è il titolo dell’editoriale de «La Verità» del 23 aprile. E «Libero», nello stesso giorno, dà grande risalto in prima pagina a una statistica sulla progressiva scristianizzazione del nostro paese, intitolandola: «Quei numeri che provano il fallimento del pontificato».

Sono voci dissidenti, che però hanno il merito di evidenziare una realtà che la corale esaltazione della figura di Francesco rischia di nascondere: le richieste di questo papa, soprattutto negli ultimi anni del suo pontificato, sono state in netto contrasto con la tendenza della politica mondiale e il suoi appelli sono stati totalmente disattesi dagli stessi potenti che hanno fatto a gara nel lodarne l’opera e che saranno raccolti intorno al suo feretro per il suo funerale, il 26 aprile.

Le richieste disattese di Francesco

Pur senza dimenticare altri aspetti importanti della visione cattolica del mondo e della vita, come le questioni bioetiche – durissima la sua condanna dell’aborto –  , Francesco ha dato il massimo risalto ad alcuni temi, a suo avviso fondamentali.

Incessante il suo richiamo alla necessità che la ricerca della pace – a parole  condivisa da tutti – fosse resa effettiva con la rinunzia ad alimentare la produzione e il mercato delle armi, fattori decisivi del divampare di sempre nuove guerre e del prolungarsi di quelle in atto.

Un altro punto su cui non si è stancato di insistere è stato quello dell’accoglienza dei migranti, sia pure con la gradualità e le cautele necessarie. Emblematico il suo grido a Lampedusa contro la cultura dello scarto e dell’indifferenza, per cui le società ricche respingono i poveri che vengono a cercare da noi una vita migliore. In questa direzione andava anche l’enciclica «Fratelli tutti» (2020), volta ad abbattere le barriere tra i popoli.

Un’enciclica – la «Laudato si’» (2015) – Francesco ha dedicato anche al problema di un’ecologia integrale, capace di rispettare al tempo stesso la terra e gli esseri umani che la abitano, rinunciando alle logiche predatorie che scaturiscono da una politica manovrata dall’economia e da un’economia a a sua volta dominata dalla finanza.

E poi ha preso posizione a difesa di tutte le vittime della violenza, con particolare riferimento alle stragi di civili nella Striscia di Gaza. Il 17 novembre 2024 aveva chiesto un’indagine internazionale per verificare se le operazioni israeliane configurassero un genocidio. «Mitragliate sui bambini, bombardamenti su scuole e ospedali… quanta crudeltà!», aveva detto.

Su ognuno di questi punti il mondo è andato e continua ad andare in direzione opposta. La guerra in Ucraina si è giocata finora escludendo ogni tentativo di dialogo e puntando esclusivamente  sul braccio di ferro militare. 

Significativi da un lato il cinico accanirsi di Putin sui civili ucraini e dall’altro il divieto da parte di Zelenskyy di qualunque trattativa con la Russia, unita all’ossessiva richiesta di avere più armi dalla NATO, in vista della «vittoria totale».

Ed ora che viene meno l’ombrello americano, la sola prospettiva che sembra avere l’Europa è di sostituirlo restando sul terreno degli armamenti. Non si prende in considerazione l’idea di usare quelli attuali, già più che ingenti, in modo più razionale, superando il frazionamento attuale e muovendosi nella prospettiva di una difesa veramente comune.

Il problema sembra solo quello di assicurare più armi ai singoli paesi. Va in questa direzione il piano proposto dalla Von der Leyen nel marzo scorso al Consiglio europeo, e da questo poi approvato, intitolato significativamente «ReArmEurope». La presidente della Commissione europea, nel presentarlo ha sottolineato che l’Europa è entrata «nell’era del riarmo» e che è necessario incrementare le spese dedicate alla difesa. Recentemente l’Italia si è allineata, annunciando l’innalzamento delle sue spese militari al 2% del PIL.

Quanto al tema dell’accoglienza, è eloquente un articolo de «Il Giornale» del 7 febbraio scorso, che parla della nuova politica europea su questo tema e del ruolo avuto in questa svolta dall’Italia: «A Bruxelles, il vento è cambiato(…) L’Italia, da quando Giorgia Meloni è arrivata a Palazzo Chigi, ha fatto sentire la sua voce a livello internazionale, dimostrando che la lotta all’immigrazione irregolare dev’essere nei primi posti dell’agenda politica europea e sta dettando la linea ai suoi omologhi.

Il patto Italia-Albania per la delocalizzazione dei migranti non piace alla magistratura italiana, ma piace ai governi europei, che hanno chiesto alla Commissione europea di studiare un piano comunitario simile. Nel frattempo, però, Ursula von der Leyen conferma la teoria italiana sulla necessità di accelerare le procedure per chi non ha di diritto di restare in Europa».

Per ciò che riguarda la custodia della terra, il 20 gennaio scorso il presidente Trump ha firmato l’uscita degli Stati uniti dall’Accordo di Parigi sui cambiamenti climatici. E anche su questo terreno l’Italia sembra in sintonia col Tycoon americano, per l’appiattimento della posizione del nostro governo su quella di Confindustria, che ritiene troppo costoso il progetto europeo di transizione ecologica e la progressiva rinunzia ai combustibili fossili.

Non maggiore successo hanno avuto gli appelli di papa Francesco per la guerra a Gaza. Anzi l’avvento del nuovo presidente americano ha dato il via libera a un parossismo di violenza contro i civili, denunziato anche dagli organi di informazione israeliani.

Senza contare il progetto di Trump  di deportare i due milioni di palestinesi della Striscia per costruire là un resort. Da parte sua, il governo italiano ha continuato a dare allo Stato ebraico la sua piena solidarietà, rifiutando perfino di firmare un lettera in difesa della Corte Penale Internazionale, quando  il presidente americano l’ha sanzionata per aver condannato Netanyahu per «crimini contro l’umanità».

Alla luce del mistero pasquale

La grande emozione e le lodi incondizionate a papa Francesco in questi giorni attestano certamente, per un verso, il grande fascino di questa figura, ma, per un altro verso, mascherano la reale direzione della politica mondiale, sempre più lontana da ogni prospettiva cristiana e anche semplicemente umana.

Questo vale anche nei confronti del nostro governo. «Avevamo uno straordinario rapporto personale, era un pontefice con cui ho avuto il privilegio di potermi confrontare su tutto», ha detto Giorgia Meloni, rallegrandosi di avere sempre potuto «godere dei suoi consigli e dei suoi insegnamenti». 

Forse si potrebbe chiedere se in questo confronto lei e il papa abbiano mai parlato dei campi di concentramento finanziati dall’Italia in Libia e in Tunisia, del progetto di deportazione in Albania, del silenzio italiano sulle stragi a Gaza.

E come mai il suo «straordinario rapporto personale» con Francesco abbia potuto coesistere con quello «privilegiato» con Trump di cui si è detta «orgogliosa».

La verità è che Francesco, al di là delle celebrazioni ufficiali, è stato un profeta inascoltato e sconfitto. Ma in questo non ha avuto sorte diversa dal suo Maestro. Ce lo ricorda la coincidenza della sua morte con la Pasqua, festa del Signore che ha  vinto il mondo lasciandosi inchiodare sulla croce.

1 reply on “La Pasqua del profeta inascoltato”

  • È proprio il caso di ricordare, al di là di ogni retorica interessata , il motto evangelico “Dai loro frutti li riconoscerete”.

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