L’attualità del “Dossetti politico”

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Di seguito si riporta l’intervento che Vincenzo La Carruba – Docente presso l’Università di Palermo e Presidente parrocchiale dell’Azione Cattolica di Casteldaccia – ha realizzato in occasione della presentazione a Casteldaccia del volume di Rocco Gumina “Giuseppe Dossetti: tra intenzione e fine. Gli anni del suo impegno politico 1943-1958” (Il Pozzo di Giacobbe, 2024).

Per introdurre

Mi sembra di poter dire che il profilo del Dossetti politico disegnato dall’autore in questo interessante libro è quello di essere in perenne cantiere”, focalizzato a trovare una strada di impegno che fosse conforme al suo sentire in un certo contesto storico e in un preciso periodo del suo cammino spirituale personale. Il cantiere dell’operare di Dossetti si trasforma più volte nel corso della sua lunga esistenza ma non si interrompe mai, passando dallo studio, all’impegno più direttamente politico, alla consacrazione come sacerdote prima e monaco poi, sempre con, sullo sfondo, uno sforzo di ricerca, di approfondimento, di comprensione, di tensione a trovare una propria strada che rispondesse alla “vocazione” cui lo chiamava la sua fede. Certamente una figura poliedrica, complessa, che vive una dimensione di impegno a tutto tondo, nella sfera politica ma anche in quella ecclesiale. Una personalità che vive l’impegno politico con tutto il proprio carisma, senza piegarsi mai a logiche di bottega o ordini di scuderia. Interessante spunto per l’oggi in cui i corpi intermedi sono stati svuotati della loro originaria funzione e del loro proprio significato di mediazione. Dossetti riesce a divenire leader di un partito rimanendo sempre fedele alla sua visione e portando il suo originale contributo.

Lo stile compositivo è molto stimolante perché abbina al racconto dettagliato un piano retrospettivo, ossia una riflessione fatta a partire da quello che Dossetti stesso scrive sulle sue azioni e le sue scelte, spesso ritornando su esse molti anni dopo. Anche questo elemento è estremamente attuale perché, per un impegno politico serio non basta “gettarsi nell’agone”, ma occorre continuare a riflettere sulle ragioni del proprio impegno e, per chi proviene dal mondo dell’associazionismo, non perdere mail il contatto con la base, le sue istanze, le scelte di fondo.

Elementi fondanti

Tra gli elementi sottolineati nel testo ve ne sono alcuni che trovo di particolare interesse.

  • Configurare l’esperienza politica come azione educativa. Scrive Dossetti: “Bisognava tirarci fuori dall’abisso diseducativo del fascismo […] orientando tutti verso una democrazia sostanziale”. E ancora “[il fascismo è stato] una grande farsa accompagnata da una grande diseducazione del Paese, una grande inganno anche se seguito con illusione dalla maggioranza”. Non si può non pensare che questo caposaldo derivi dall’esperienza in Azione Cattolica e dal suo lavoro di ricercatore in Università Cattolica.
  • Coltivare la dimensione del dialogo, considerandola “connaturata” all’essere cristiano o, per dirla con la lettera A Diogneto, vivendo in modo non estremista ma sul piano pragmatico l’essere “nel mondo ma non del mondo”. Quindi, per il politico cristiano, secondo Dossetti, il dialogo è condizione indispensabile dell’agire, perché occorre trovare strade concrete di trasformazione dello Stato e di miglioramento della condizione di vita dei cittadini. Anche questa capacità sembra completamente smarrita nell’attuale azione politica e, potremmo aggiungere, anche nella via stessa della Chiesa. “Io non sono mai stato tentato dal partito comunista. Però era per noi naturale mantenere un certo rapporto, e credo che questo sia stato un bene per noi e per la Chiesa”.
  • Da questa attitudine al dialogo discendono tre elementi.

1) Da un lato la necessità di evitare risposte ideologiche preconfezionate (potremmo dire “dare risposte a domande che nessuno si pone”, come facciamo spesso nelle nostre realtà ecclesiali). Per dirla con Papa Francesco in Evangelii Gaudium, evitare di lasciarci ossessionare dalla logica del “si è sempre fatto così”.

2) Dall’altro lato, tenere aperta la dimensione del dialogo abilita a vivere una dimensione cristiana “non integralista”, in cui, in chiave politica, l’orizzonte della costruzione di una società più giusta ed equa sta sempre in primo piano rispetto alle pur legittime esigenze di un partito “cristiano” (fortemente voluto dal Vaticano come mezzo per far convergere i consensi cattolici all’indomani del secondo conflitto mondiale). In merito Dossetti sosteneva: “La mia scelta è fatta: dopo le elezioni, nessuna esigenza di difesa cristiana mi farà tradire il cristianesimo, il suo compito storico nel nostro tempo, né mi farà schierare fra i difensori cattolici dell’ordine”. A questo riguardo potremmo citare l’esperimento rivelatosi fallimentare” del “progetto culturale cristianamente orientato” fortemente voluto dalla conferenza episcopale italiana negli anni ’90 (presidenza Ruini), che portò alla deresponsabilizzazione dei laici, in nome di una accresciuta “influenza cattolica” sulle scelte politiche. Come non citare l’imbarazzo di numerosi cattolici di fronte al referendum sulla procreazione assistita rispetto a cui la CEI stessa pretese di dare una linea (quella dell’astensionismo in questo caso). O anche sulla questione delle unioni civili, rispetto a cui venne sconfessata la mediazione politica operata dal partito democratico e da Rosy Bindi in particolare.

3) Infine, l’attitudine al dialogo sorregge la convinzione profonda del tenere separata l’azione cattolica dall’azione politica e quindi, del vivere la dimensione politica non all’interno di un “partito dei cattolici”, perché occorre invece una coerenza individuale del politico cristiano che possa esprimersi in tutte le formazioni politiche. Alla luce di quello che è accaduto nella storia del nostro paese con la democrazia cristiana, sia pure giustificata dalla grande spinta di contenimento del partito comunista più rilevante fra le nazioni del blocco occidentale, probabilmente la posizione di Dossetti era assai più lungimirante della posizione (che fu dominante) di De Gasperi e degli ex-popolari. Infatti, la presenza dei cattolici in politica, per Dossetti, non era funzionale alla rivendicazione di interessi ma ricerca la giustizia sociale, la libertà personale. E assieme a questo va coltivata la consapevolezza che siamo in un mondo (già negli anni ’50) in cui i cattolici sono minoranza e devono “esserne coscienti”. Questa dimensione dell’autonomia dell’azione politica (legata alla mediazione personale) rispetto all’azione cattolica (guidata dalla gerarchia) è sempre presente in Dossetti. La stessa “scelta religiosa” operata dall’Azione Cattolica con la svolta di Bachelet nel dopo concilio sembra proprio andare nella direzione indicata da Dossetti, non già a sottolineare la mancanza di impegno politico, ma ad ancorarla alla dimensione spirituale.

Capacità di analizzare lucidamente la situazione, osservando e immaginando un futuro non ancora ben delineato. Dice Dossetti: “La cristianità è finita. E non dobbiamo pensare con nostalgia a essa e neppure dobbiamo ad ogni costo darci da fare per salvare qualche rottame di cristianità […] tant’è vero che su alcuni valori che consideravamo supremi (come il divorzio e l’aborto) non abbiamo saputo condurre una linea di resistenza veramente a livello storico e culturale”. Potremmo dire con le parole di Ernesto Preziosi, storico studioso del movimento cattolico che “il cristianesimo e i suoi valori sono qualcosa che non va difesa ma che va diffusa”. Bisogna interrompere la logica dell’arroccamento e promuovere la logica dell’essere presenti nella storia attraverso azioni concrete che mettano al centro la persona.

– E mettere al centro la persona nella sua concretezza è l’altro faro di Dossetti (che discende dallo studio e approfondimento di Mounier e Maritain). Ed è l’elemento comune a che appartiene a schieramenti politici diversi, secondo la logica persona-corpi intermedi-stato (oggi in crisi). “Tutto quello che si richiede ad una politica cristiana è […] di essere autenticamente umana”. Sembra di sentire l’incipit di Gaudium et spes: “Le gioie e le speranze, le tristezze e le angosce degli uomini d’oggi, dei poveri soprattutto e di tutti coloro che soffrono, sono pure le gioie e le speranze, le tristezze e le angosce dei discepoli di Cristo, e nulla Vi è di genuinamente umano che non trovi eco nel loro cuore”.

Due considerazioni al contorno che, a partire dalla riflessione e dall’agire politico di Dossetti, si riverberano sulla situazione attuale a livello politico e anche, come ricaduta, a livello ecclesiale. Lo stesso Dossetti ha più volte affermato che i momenti critici e di svolta per la situazione socio-politica chiamano a cambiamenti e mutamenti anche dal punto di vista ecclesiale.

La visione del laico impegnato secondo Dossetti – che fa sintesi delle sue dimensioni oblative nella sua coscienza ed agisce con “l’intenzione” di muoversi verso un fine temporale che è mezzo per raggiungere il fine ultimo, che è quello di rendere la propria vita conforme a Cristo – sembra preludere alla valorizzazione del laicato che verrà disegnata dal Concilio Vaticano II (al quale peraltro Dossetti partecipò come consulente assieme al Cardinale di Bologna).

Guardando alla situazione ecclesiale concreta di tante comunità parrocchiali, sembra che ci sia ancora tanta strada da fare nell’attuazione di quel cambiamento immaginato dal concilio. Ancora tanti, troppi laici sono considerati solo semplice “manovalanza” e non soggetti attivi di progettazione pastorale, capaci di intessere un dialogo fecondo con il mondo. L’iniziativa e la creatività dei laici non viene spesso favorita, anzi, viene spesso mortificata alla ricerca dei cosiddetti “operatori pastorali” che finiscono spesso per essere degli “yesman” del parroco di turno. Similmente, la personalizzazione dei partiti di oggi mostra lo stesso desolante panorama di cittadini (anche nominalmente cattolici) non in grado di esprimere e difendere istanze personali meditate e svincolate dalle logiche di schieramento o di partito.

La seconda considerazione riguarda la concezione “educativa” dell’agire politico in Dossetti. Chiunque abbia fatto esperienza educativa (a scuola, in università, nell’associazionismo) sa bene che il tempo speso per le attività educative è un “tempo lungo”, che non vede gli effetti immediati, richiede dedizione e attenzione alle persone perché il tempo di maturazione delle coscienze necessita di ambienti stimolanti e aperti e di persone disponibili a mettersi in gioco, lontani da posizioni ideologiche o dogmatiche. Quale spazio “educativo” esiste nelle realtà di impegno politico (ad esempio le sezioni territoriali di un movimento politico o di un partito)? Tutto questo si riflette drammaticamente sulla formazione e sul reclutamento dell’attuale classe politica. Quali competenze? Quale osmosi fra il cosiddetto mondo cattolico e il mondo politico? E quali spazi di formazione esistono nelle nostre realtà parrocchiali? Abbiamo preferito anche noi, nelle nostre comunità, sviluppare la pastorale degli eventi, piuttosto che investire sui tempi lunghi dell’accompagnamento educativo paziente.

Conclusione

Quello che forse ci ha insegnato Dossetti con il suo agire politico fra intenzione e fine è la nostalgia per una sorta di mare vasto ed infinito ovvero la consapevolezza della finitezza della nostra azione, che non la rende però superflua ma ancora più impellente: perché la nostra stessa coscienza ci interpella a fare quanto ci è possibile per far sì che ogni persona possa esprimere al meglio le proprie potenzialità e i suoi carismi. Forse questo è il dono che ancora oggi Dossetti ci lascia in eredità.

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