14Dopo che Giovanni fu arrestato, Gesù si recò nella Galilea predicando il vangelo di Dio e diceva: 15«Il tempo è compiuto e il regno di Dio è vicino; convertitevi e credete al vangelo».
16Passando lungo il mare della Galilea, vide Simone e Andrea, fratello di Simone, mentre gettavano le reti in mare; erano infatti pescatori. 17Gesù disse loro: «Seguitemi, vi farò diventare pescatori di uomini». 18E subito, lasciate le reti, lo seguirono. 19Andando un poco oltre, vide sulla barca anche Giacomo di Zebedèo e Giovanni suo fratello mentre riassettavano le reti. 20Li chiamò. Ed essi, lasciato il loro padre Zebedèo sulla barca con i garzoni, lo seguirono.
Anche il Vangelo di questa domenica ci presenta il racconto di due vocazioni: il primo, quello di Giona (Gio 3,1), che vorrebbe indicare a Dio chi è degno di essere salvato; il secondo, quello dei discepoli, che «subito, lasciate le reti, lo seguirono» (Mc1,18).
La pericope ci mostra l’inizio dell’attività pastorale di Gesù con l’invito ad accogliere la proposta del Vangelo. Dopo l’arresto del Battista Gesù, ritorna in Galilea, «predicando il vangelo di Dio» (Mc 1,14). La Galilea è una terra storicamente segnata dalla presenza di stranieri e quindi, per gli Ebrei, dal peccato: ma Dio si fa trovare proprio nelle realtà segnate dal peccato per annunciare il Vangelo, la Buona novella. Dio stesso è all’origine della bella notizia che porta a compimento il tempo dell’attesa e inaugura il momento decisivo (kairos) della storia salvifica: «Il tempo è compiuto» (Mc1,15). Gesù mette in guardia dalla tentazione sempre ricorrente di guardare avanti o indietro, di proiettarsi nel futuro o di rimanere ancorati al passato. Cristo ci ricorda che vivere è guardare all’oggi, perché Dio è presenza, è Colui che è presente.
Il presente è il tempo della pienezza, di chi riesce a cogliere la gioia dell’oggi; Israele viveva attendendo il futuro, il Messia, il liberatore; invece Dio si fa presente qui e ora: il Regno di Dio è già presente, anche se in germe. La vita eterna è già adesso, non è ciò che verrà dopo la morte; ma per vivere l’oggi è necessario convertirsi e cambiare mentalità, mutare il modo di relazionarsi con sé stessi, con gli altri e con Dio. Credere significa dunque lasciarsi convertire: la parola fede in ebraico rimanda all’idea di stabilità, del rimanere saldi.
I successivi versetti realizzano concretamente quanto finora detto, mostrandoci cosa significa credere in Cristo: «e, camminando lungo il mare di Galilea, vide Simone e Andrea, il fratello di Simone, gettare attorno al mare, erano infatti pescatori» (Mc 1,16).
Gesù cammina sulla spiaggia, vicino al mare, in un implicito riferimento agli eventi dell’Esodo e si rivolge a questi pescatori: è un Dio che ci viene a cercare, calandosi nel nostro quotidiano, nella straordinaria umiltà delle cose semplici, del lavoro; un Dio capace di fissare il suo sguardo su di noi: Gesù ci rivela come Dio ci guarda attraverso gli occhi dell’amore. Lo sguardo penetrante di Gesù va dritto al cuore, all’identità, al mistero personale. Egli vede la persona nella sua unicità che viene espressa dal “nome” e la vede nella sua concretezza relazionale (fratello di, figlio di). In altre parole, lo sguardo di Gesù va dritto al centro, all’identità personale, ma al tempo stesso abbraccia l’intero contesto, l’intreccio dei legami, le relazioni familiari e sociali. Vede due fratelli (perché è lui che ci rende fratelli) intenti al lavoro, e li chiama. «E Gesù disse loro: qui, dietro a me, e vi farò pescatori di uomini» (Mc1,17).
La fede è lasciare tutto, senza guardarsi indietro e seguire Gesù. La sequela è questo essere in cammino; è espressione della pedagogia divina che, piano piano, mi conduce a rendere ragione del mio iniziale atto di fede. Non è un salto nel buio il mio atto di fede, ma un lasciarmi guidare da Cristo stesso, verso Dio. In questo rapporto di fiducia con Gesù, i discepoli sono chiamati a diventare pescatori di uomini, a trarre i fratelli fuori dalle acque, cioè alla vita del Padre.
E proprio quando scopri il senso della tua vita, è allora che lasci tutto: «e subito, lasciate le reti, seguirono lui». (Mc1,18)
“Lasciare tutto” non significa che i discepoli abbandonano il loro lavoro, per sempre; ma che il lavoro o i beni terreni non sono più il fine ultimo della loro esistenza, perché ormai lo scopo autentico è diventata la relazione personale con il Signore.
Gli ultimi versetti della pericope odierna ripetono apparentemente la scena della chiamata precedente. La vocazione è una relazione personale con il Signore (e a tale vocazione siamo chiamati tutti, nessuno escluso) ma è al contempo un’esperienza aperta alla fraternità, un invito a vivere la fede come amore verso i fratelli.
«Hai un compito, anima mia, un grande compito, se vuoi. Scruta attentamente te stessa, il tuo essere, il tuo destino: donde vieni e dove dovrei posarti; cerca di conoscere se è vita quella che vivi o se c’è qualcosa di più». (S. Gregorio Nazianzeno)
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