In premessa…
Manca circa un mese alle elezioni europee, quando – il 26 maggio – noi italiani saremo chiamati a votare per il Parlamento europeo. Cogliendo l’occasione di un intervento svolto di recente al Consiglio regionale di Azione cattolica Sicilia, mi accingo a scrivere qualche post a scopo meramente divulgativo al fine di offrire qualche spunto di riflessione in argomento (una campagna informativa è opportunamente svolta anche dall’Azione cattolica italiana sul sito ufficiale).
Volendo procedere con ordine, sia consentito rammentare – seppure in modo estremamente sintetico – quale sia stato il “cammino comunitario”, partendo da qualche cenno storico, sebbene molto noto.
Quando?
Correva l’anno 1950 quando, il 9 maggio, Jean Monnet e Robert Schuman presentarono il piano per la creazione di quella che sarebbe diventata la Comunità europea del carbone e dell’acciaio (CECA) a seguito del Trattato stipulato a Parigi il 18 aprile 1951, entrato in vigore nel 1952 e scaduto nel 2002 (la CECA, infatti, come stabilito, ha smesso di funzionare dopo 50 anni). Nel 1957, invece, con un Trattato firmato in Campidoglio da Italia, Francia, Repubblica federale tedesca, Belgio, Paesi Bassi, Lussemburgo, preceduto dalla Conferenza di Messina del 1955, convocata dall’allora Ministro degli esteri Gaetano Martino con gli altri ministri degli esteri dei Paesi della CECA, venne istituita la Comunità economica europea (CEE). Quel giorno venne firmato anche il Trattato istitutivo della Comunità europea per l’energia atomica (CEEA o Euratom).
I Trattati di Roma entrarono in vigore il 1° gennaio 1958.
La Comunità europea di difesa (CED), invece, non entrò mai in funzione, per la mancata ratifica del Trattato del 1952 da parte della Francia.
In particolare, la CEE – sorta con l’obiettivo di regolare gli scambi economici e commerciali tra i Paesi aderenti – con il passare del tempo ha aumentato il raggio della sua azione fino ad interessarsi di quasi tutti gli ambiti della vita sociale.
Nel 1992, con il Trattato di Maastricht, è stata creata l’Unione europea ed è stato modificato il Trattato istitutivo della CEE; quest’ultima ha cambiato “fisionomia” ed è stata formalizzata una maggiore estensione di competenze, divenendo una Comunità non più prettamente “economica” (si è “persa” una “e”: da CEE a CE).
Passaggio importante è stato pure quello che si è avuto nel 1997 con il Trattato di Amsterdam, volto a modificare e ad integrare il Trattato di Maastricht. Infine, nel 2007 è stato firmato il Trattato di Lisbona, entrato in vigore nel 2009; da questo momento, l’Unione europea (UE) ha acquisito personalità giuridica.
Quali valori?
Quando, nel dibattito pubblico, si discorre oggi di Unione Europea si è spesso portati ad associare ad essa soltanto (o quasi) la moneta unica e ad attribuire ad essa un rilievo di natura quasi esclusivamente economica; come detto, invece, l’attività che l’Unione svolge è molto più variegata e complessa, riguardando tutti i campi d’esperienza e svolgendo un preziosissimo ruolo per quanto attiene alla tutela dei diritti fondamentali di tutti noi.
Ciò è stato reso possibile in forza di valori comuni, sui quali si regge l’Unione stessa, tra i 28 Paesi (il nostro è uno dei 6 fondatori) che oggi ne fanno parte (potrebbero diventare 27 con l’eventuale uscita del Regno Unito); a norma dell’art. 2 del Trattato sull’UE, “l’Unione si fonda sui valori del rispetto della dignità umana, della libertà, della democrazia, dell’uguaglianza, dello Stato di diritto e del rispetto dei diritti umani, compresi i diritti delle persone appartenenti a minoranze.
Questi valori sono comuni agli Stati membri in una società caratterizzata dal pluralismo, dalla non discriminazione, dalla tolleranza, dalla giustizia, dalla solidarietà e dalla parità tra donne e uomini”.
Da quanto ora detto si ha conferma del fatto che l’ambito di azione dell’UE sia molto più ampio rispetto alla politica economica e monetaria.
Peraltro, nella Carta dei diritti fondamentali di Nizza-Strasburgo, oggi a tutti gli effetti diritto dell’Unione in seguito all’entrata in vigore della stessa Carta con il Trattato di Lisbona, sono proclamati valori quali la dignità, la solidarietà, la sussidiarietà ed altri ancora che paiono essere la eco della Dottrina Sociale della Chiesa.
Come ha affermato il Presidente Giorgio Napolitano, l’idea è stata (ed è) quella di creare «una comunità di valori, una comunità di diritto, un soggetto politico unitario – democratico, pacifico e solidale – che intende introdurre valori di solidarietà e di giustizia sociale anche nell’economia di mercato».
… e la sovranità?
Non v’è dubbio che la partecipazione all’UE comporti, per gli Stati, una limitazione di sovranità; tuttavia, non è possibile sottovalutare i tempi che viviamo, caratterizzati – come sono – da un sempre più pervasivo fenomeno di globalizzazione, lemma – quest’ultimo – un po’ abusato ma che descrive un fenomeno reale ed inarrestabile che non ha senso (e non è possibile) avversare e che è necessario comprendere al fine di “saperci stare dentro”.
Effettivamente, essere in Europa rimane la «chance più grande di cui disponiamo per portarci all’altezza delle sfide, delle opportunità e delle problematiche della globalizzazione» (G. Napolitano).
Peraltro, il far parte dell’UE si lega anche a quei valori della Resistenza che sono alla base della Costituzione italiana, essendo la “costruzione europea” frutto anch’essa di una spinta antitotalitarista diffusasi in tutto il Vecchio Continente.
Continuare ad essere legati al “dogma” della sovranità sembra essere antistorico e fuori dal tempo, proprio a motivo di un contesto sociale molto diverso rispetto agli anni ’50; anzi l’autolimitazione della sovranità è elemento costitutivo di un’Europa unita (cfr. G. Napolitano).
Non si dimentichi che nella nostra Costituzione la sovranità è attribuita al popolo che però è chiamato ad esercitarla nei limiti della Costituzione; secondo una condivisibile impostazione dottrinale (G. Silvestri), i veri sovrani, pertanto, sarebbero i valori costituzionali (si è infatti passati da una sovranità in senso “soggettivo” ad una sovranità in senso “oggettivo”), tra i quali sono da annoverare – ovviamente – anche quelli inscritti negli artt. 10 e 11 della Costituzione (da leggere insieme agli artt. 2 e 117, I comma) di apertura del nostro ordinamento verso l’esterno.
Pertanto, anche da tale apertura dipende una maggiore e migliore attuazione della nostra Costituzione, i cui principi fondamentali costituiscono i soli limiti alle limitazioni di sovranità consentite a norma dell’art. 11 Cost.
Inoltre, il motto dell’UE è “unità nella diversità”, che bene mostra come pur nel rispetto delle differenze che intercorrono tra gli Stati (e che non si vogliono azzerare) si miri a realizzare – appunto – unità, facendo prevalere l’unione e non la divisione.
… con quali benefici?
Prima di concludere questo primo post, sembra opportuno ricordare alcuni dei benefici che l’Unione ha portato a tutti noi.
Per prima cosa essa ha svolto un preziosissimo «ruolo pacificatore» (S. Cassese); è oggettivo che si sono avuti più di 60 anni (fino ad oggi) di pace.
A ciò si aggiunga una maggiore facilità di circolazione delle merci e delle persone, che si è tradotta in maggiori opportunità per la vita di ognuno (si pensi, per fare un es., al programma Erasmus per studenti e per docenti).
Non v’è dubbio che in tutto questo tempo vi sia stata una più proficua collaborazione tra gli Stati a servizio del bene comune (d’altra parte, l’“unione fa la forza”) e che l’UE abbia assicurato una tutela più intensa ed elevata dei diritti fondamentali (non a caso, oggi si parla di costituzionalismo multilivello); oggi, infatti, i diritti non trovano protezione solo in ambito nazionale, ma anche a livello sovra- e internazionale, sia sul piano normativo che giurisprudenziale (si pensi ad es. al prezioso ruolo che svolge la Corte di giustizia).
Si ricordi, poi, che il diritto dell’UE (e quindi il complesso di fonti emanate dalle sue istituzioni) è stato ricondotto dalla Corte costituzionale ai valori della pace e della giustizia fra le Nazioni iscritti nel già cit. art. 11 Cost.
In conclusione…
L’UE sembra giunta ad una possibile svolta. Tocca a noi decidere se si vuole dare seguito a quel “sogno europeo” che testimoni del passato, come Jean Monnet, Robert Schuman, Alcide De Gasperi, Konrad Adenauer e Altiero Spinelli, realizzarono ponendo le basi per un’Europa unita, le cui radici cristiane – peraltro – non si possono mettere in discussione (anche a motivo della “provenienza” di alcuni dei suoi fondatori) ed i cui valori di base, essendo universali, possono tutti accomunare. Si tratta, in definitiva, di decidere se anche noi vogliamo essere sognatori come lo furono loro.
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