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Maria SS. della Lettera – Don Marco Lupo

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Intervista a don Marco Lupo

Parrocchia  Maria SS della Lettera (Acquasanta)- 6 Novembre 2014

a cura di Luciana De Grazia

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Difficile credere che 5 anni fa, quando don Marco Lupo è arrivato all’Acquasanta, la frequenza in parrocchia fosse quasi inesistente, osservando, durante il nostro incontro, quante persone avessero partecipato alla celebrazione delle 8.00 di un giorno feriale.

La pastorale di don Marco è partita con tanta umiltà, bussando ad ogni casa del quartiere, non senza scoramenti, ma con la consapevolezza che la strada da seguire fosse indicata da Gesù: “senza di Me non potete fare nulla”. Su questo si è costruita la pastorale della parrocchia, che cerca di abbracciare, accogliere e sostenere il quartiere, nella sua varietà sociale. Con un obiettivo da tenere sempre presente: l’essenzialità dell’incontro con Gesù risorto. E poi, l’importanza di creare centri di spiritualità, perché “la città, anche se non lo sa, va avanti grazie alla potenza dello Spirito Santo, che arriva dalla vita di preghiera”.

 

Quanto è grande la parrocchia?

Nel quartiere ci sono circa 6.000 abitanti. E’ una zona un pò particolare, perché questo quartiere ha tutti i problemi di una città, ma anche tutti i problemi di una borgata. E’ un quartiere molto legato alla borgata marinara. E’ anche una zona delicata,  perchè c’è una grande varietà di situazioni culturali ed economiche. Ci sono famiglie di ceto molto basso, in cui nessuno ha frequentato la scuola elementare, persone che non lavorano e che vivono di beneficenza e poi ci sono famiglie culturalmente medie e, nella periferia del quartiere, ci sono famiglie borghesi. Quando sono arrivato qui è stato difficile fare una pastorale aperta a tutte queste realtà così diverse. Devo dire, però, che da qualche anno la parrocchia sta rispondendo bene. Io sono in questa parrocchia da cinque anni e mezzo e la situazione era molto delicata, sia spiritualmente che culturalmente.  

Qual è il rapporto tra il numero dei parrocchiani e quello di coloro che frequentano la messa domenicale con una certa costanza?

Sabato e domenica frequentano la messa circa 1.200 persone, quindi circa il 25 %, considerando che gli abitanti sono circa  6.000. E’ anche vero che diverse persone vengono da altri quartieri, ma penso che capiti in tutte le parrocchie. Ognuno va dove si trova spiritualmente.

Noi celebriamo tre messe la domenica e una il sabato pomeriggio e sono tutte molto partecipate. Sono contento di questa risposta.

È prevalente il radicamento territoriale o vi sono persone che vengono da zone territoriali diverse?

Come già detto, una buona parte viene dalla zona, ma soprattutto la celebrazione delle 19.00 è molto frequentata da persone di altre zone, a volte anche di fuori Palermo.

Nel territorio parrocchiale, come cercate di raggiungere i non praticanti o non credenti?

Questa è una bella domanda. Mi ricordo che, quando sono arrivato in questa parrocchia, alla prima messa domenicale c’erano una trentina di persone. Sono stato diversi mesi aspettando che venisse qualcuno. Poi mi sono detto che mi dovevo inventare qualcosa. Allora ho iniziato bussando casa per casa, ho girato tutte le abitazioni del quartiere. Credo che nei primi due anni abbia fatto 500 benedizioni di case, con calma conoscendo le persone, instaurando una relazione. Questo è stato importante. All’inizio non è stato facile, non c’è stata una grande accoglienza, c’era un clima di sfiducia nei confronti della parrocchia per il difficile vissuto del quartiere, anche se i miei predecessori avevano fatto tanto per avvicinare le persone. Io all’inizio sono andato per le case, come dice il Papa quando invita ad andare nelle periferie, in qualsiasi tipo di periferia. Ho trovato case ricche e case piccole di una stanza con cinque persone che mangiano, quando mangiano, una volta ogni due giorni.

Poiché l’Acquasanta ha vicino tre grandi parrocchie – don Orione, Arenella, Consolazione – per via delle diverse situazioni di difficoltà avvenute in 15 anni di storia del quartiere, molte delle famiglie “per bene”, se ne sono andate e sono rimaste nelle altre parrocchie e qui si è svuotata la chiesa. All’inizio ho dovuto riconquistarmi la fiducia con le benedizioni, con qualche festa fatta in maniera conviviale, con l’accoglienza,  con un sorriso. Pensa che all’inizio le persone non venivano a confessarsi, perché avevano difficoltà, paura. Ho dovuto rispiegare il sacramento della Riconciliazione, ricominciare proprio dall’inizio. E’ stata veramente una terra di missione. Oggi, dopo 5 anni e mezzo, la situazione è completamente diversa, grazie allo Spirito Santo.

Come pastorale missionaria, abbiamo mantenuto la benedizione delle case. Con il gruppo di rinnovamento e il gruppo mariano andiamo nelle case, organizziamo momenti di preghiera presso le famiglie, momenti di ascolto. Arriviamo alle famiglie soprattutto con la Caritas diocesana. Seguiamo quasi duecento famiglie e, nel momento in cui gli diamo la spesa, abbiamo l’occasione di ascoltare quelle che hanno maggiori difficoltà. Poi, durante l’anno, si organizzano delle feste parrocchiali, che sono un punto di attrazione per tutto il quartiere, come la sagra del tonno, che è ormai conosciuta. E’ una festa molto semplice,  che però è sentita dalla persone. Organizziamo degli eventi culturali e spirituali, momenti di aggregazione e di condivisione anche attraverso le opere teatrali, montando anche il palco in piazza.  

Ci sono attività di formazione che vanno al di là del catechismo per i bambini e i ragazzini fino alla cresima? I catechisti per la preparazione alla prima comunione e alla cresima vengono preparati, a loro volta? Come? Da chi?

Anche qui devo premettere che la prima cosa che ho dovuto fare è stato rinsaldare le categorie di base. Oggi, ringraziando Dio, abbiamo inserito tanti altri gruppi, oltre il catechismo, quali il Rinnovamento dello Spirito, il gruppo Mariano di preghiera, la Fraternità Eucaristica. Questo gruppo si occupa di dare sostegno a tutta la chiesa diocesana. Sono delle persone che hanno fatto una promessa: durante il mese pregano un  certo numero di ore davanti l’Eucarestia, sia per crescere nella comunione spirituale con Gesù sia per dare un servizio alla chiesa, di sostegno e di conforto. E’ un bel gruppo,  sono più di 120 persone che si danno il turno. Poi abbiamo come altri gruppi come l’Azione cattolica, che sta iniziando con un gruppetto di dieci giovani. C’è il gruppo degli scout, c’è poi la Caritas. C’è anche un piccolo gruppo degli anziani, che quest’anno stiamo cercando di aiutare in maniera diversa,  con nuove iniziative. Poi c’è l’oratorio per i piccoli. Mi stavo  dimenticando di dire che abbiamo anche un bel gruppo di famiglie.

Per quanto riguarda la formazione dei catechisti, fino a due anni fa li ho seguiti io, poi abbiamo avuto la grazia l’anno scorso di appoggiarci anche al don Orione. Col parroco di don Orione, don Antonio, abbiamo sempre collaborato. Hanno organizzato degli incontri di catechesi, di formazione per i catechisti e anche i miei collaboratori sono andati. Quest’anno faremo il convegno di catechesi, che svolgeremo a breve l’1 e il 2 dicembre. In più, con i catechisti e tutti i collaboratori parrocchiali facciamo anche un percorso biblico di lectio divina durante il mese e di formazione di catechesi il giovedì insieme all’adorazione. C’è da dire, inoltre, che in questa parrocchia si fa l’omelia ogni giorno. Forse la presenza di tante persone è anche per questo, perché si torva nutrimento. Poi, per quanto riguarda la catechesi, ho dato anche dei testi sull’animazione, come il Manuale del perfetto animatore, il Manuale de perfetto catechista, 10 consigli per non fare perdere la fede ai ragazzi. Sono piccoli libretti, molto semplici, però sono piccoli strumenti che possono aiutare. Poi al primo posto ci sono sempre i documenti del Concilio.  

Qual è la percentuale di ragazzi che continua a frequentare la parrocchia dopo la cresima?

Purtroppo pochissimi. Questo è un aspetto un pò particolare, perché i giovani chiamano giovani. Ora, ringraziando Dio, abbiamo cercato di inserire nei vari gruppi alcuni ragazzi che abbiamo seguito durante il catechismo.  Ma dopo la comunione molti non tornano.

C’è un gruppo giovanile permanente? Che età hanno i partecipanti in media?

Abbiamo cominciato l’anno scorso, però con giovani non del territorio parrocchiale. Qui, per la situazione che dicevo prima, molte famiglie con una certa formazione ormai sono inseriti da anni al don Orione e alla Consolazione. I giovani di altro ceto sociale non ne vogliono sapere di partecipare ai gruppi giovanili. Però con me hanno un rapporto. Devo dire che, anzi, questa è stata una grande gioia che il Signore mi ha dato: diversi ragazzi della piazza, che usavano droghe, alcool, si sono ricreduti dopo anni di un percorso insieme. Percorso svolto, però, non all’interno della parrocchia. Sono io che vado da loro. Ma i frutti si sono visti, nel tempo hanno chiesto di confessarsi, di iniziare un percorso di catechesi. Ora ad un ragazzo che non ha neanche il battesimo stiamo facendo fare un percorso di catechesi. Quindi devo dire che l’idea di potere creare un gruppo giovanile c’è.

Quali sono i rapporti tra la parrocchia e le associazioni, i gruppi e i movimenti (Azione cattolica, Scout, etc.) – se ce ne sono – che operano al suo interno?

 Io penso che la parrocchia si debba reggere sull’Eucarestia, quindi la celebrazione vissuta. I gruppi li abbiamo inseriti proprio per dare più fermento all’attività della chiesa. La comunità ha una sua struttura di base, perché è legata molto al territorio. C’è molta collaborazione. Io cerco sempre di fare capire che i gruppi fanno parte della comunità parrocchiale e non sono una parrocchia a se stante. Ogni gruppo ha le sue attività, ma tutti i gruppi sono sempre presenti nelle attività parrocchiali, di solito incentrate sulla Eucarestia, sulla lectio divina, sull’adorazione e poi sulla catechesi di formazione aperta a tutti. Tutte le persone che fanno parte dei gruppi si inseriscono in queste realtà parrocchiali.

C’è molto dialogo, molta collaborazione, non ci sono scompartimenti, su questo sto vigilo molto.

Che ruolo hanno i laici?

Direi centrale. La parrocchia è organizzata in tre aree: l’area regale, profetica e sacerdotale. Per ogni area ci sono dei collaboratori, che mi aiutano a gestire tutta le attività.  Per l’area profetica ci sono delle catechiste che mi danno una mano a gestire il percorso di formazione e di evangelizzazione, c’è l’accolito per l’area liturgica e per la preghiera insieme alla equipe di commissione liturgica. Per l’area regale che riguarda il servizio c’è un altro responsabile che si occupa anche della Caritas e di tutti i servizi di manutenzione della parrocchia, di  accoglienza nelle varie situazioni di emergenza che ci possono essere a livello di quartiere. Poi quest’anno, per la prima volta, ho iniziato il consiglio pastorale. Prima non lo potevo fare, c’era da svolgere un percorso di formazione. L’avevo iniziato quando sono arrivato, ma non era il momento giusto. Ho preferito aspettare, non perchè  non voglia collaborare con i laici, ma c’era bisogno di tempo. Quest’anno abbiamo iniziato e devo dire che i frutti si stanno già vedendo. C’è veramente una collaborazione molto bella. Poi questo mi sgrava da tante situazioni che non potrei fare sempre io. Penso che il sacerdote abbia delle priorità, che sono prima di tutto stare con Dio. Poi è chiaro, nel nostro specifico, come dice la Scrittura c’ è di annunciare la parola , celebrare i sacramenti ed essere uomini a servizio di tutti nella carità. Da quando c’è questa organizzazione riesco veramente a fare molto di più, con molto più entusiasmo, perché in tante situazioni ci sono i miei collaboratori. E devo dire che si comportano veramente bene,  c’è uno spirito di fraternità, di disponibilità , di umiltà. Certo non è che mancano le incomprensioni, però io benedico il Signore anche di queste cose, perché anche questi scontri servono per crescere nell’umiltà, nella relazione.

Quali sono i tratti essenziali  della esperienza di fede che vi caratterizza (o che è presente in parrocchia)? Vi riconoscete in una spiritualità particolare?

Mi piacerebbe raccontare questo, come anche come testimonianza. Ripeto, all’inizio ho trovato una parrocchia con tante difficoltà, la frequenza era inesistente. Mi sono ricordato di quando Gesù ha detto “senza di Me non potete fare nulla”. Su questo ho costruito la pastorale della parrocchia. Ho iniziato l’adorazione comunitaria che c’erano quattro persone, oggi la chiesa è strapiena, frequentata anche da persone di altri quartieri. In parrocchia c’è Gesù esposto diversi giorni la settimana. Penso che questo sia il cuore della  chiesa e non perché è l’Acquasanta o perchè ci sono io. Questo ce lo dice Gesù: quando noi rimaniamo vicini al Signore, nella comunione con Gesù, è Lui che fa risorgere la parrocchia. E’ il Suo amore che accoglie, che tocca i cuori. Importa questo: la centralità dell’Eucarestia. Questa parrocchia è resuscitata grazie all’azione eucaristica. C’è dietro una pastorale di evangelizzazione, di catechesi. La parola di Dio, la lectio divina, sin dall’inizio, sono stati messi al primo posto sia con dei cenacoli fatti in famiglia sia come formazione comunitaria. Quindi ci muoviamo su queste direttive attenti alla missionarietà, che poi sono le indicazioni che ci dà il Papa, per creare una casa accogliente per tutti. Qui,  proprio perché siamo in una borgata, le persone guardavano male chi entrava in chiesa,  c’era molta chiusura. Allora lì a far capire che la chiesa è la casa di tutti , è una famiglia di famiglie. Questo il Signore lo sta realizzando per adesso, perchè ora c’è veramente comunione, collaborazione. C’è la gioia di dare un sorriso ad una persona che viene per la prima volta. Sembrano banalità,  ma sono gesti che fanno la comunità, che creano un  tessuto di amore, che poi è la prima cosa che si guarda quando si arriva in una parrocchia.

Ho cercato anche di dedicarmi molto alle famiglie, abbiamo un corso prematrimoniale organizzato veramente bene;  quest’anno abbiamo 25 coppie che accompagniamo. Abbiamo due gruppi: la pastorale familiare giovanile  con coppie giovani e quella degli adulti. Sto molto attendo anche alle indicazioni del Papa e del Cardinale, cercando di attuarle e di incarnarle nel territorio sociale.

Però penso che l’essenziale sia l’incontro con Gesù vivo risorto. Certe volte si fanno tanti programmi pastorali e non si dà l’essenziale che è l’incontro vivo con Gesù. Penso che la cultura sia un dono straordinario del Signore, ma penso ad una frase, che non ricordo quale Santo ha detto: “la fede senza la cultura è muta, ma la cultura senza la fede è morta”. Penso che in ogni parrocchia, se si coltiva la centralità dell’incontro con Gesù, c’è tutto. Poi si possono attuare tutte le proposte della chiesa diocesana, tutte le indicazione del Papa, ma il primo tessuto è questo. Anche perchè all’inizio qui c’era una attenzione soprattutto a fare delle cose per il quartiere. Ma la parrocchia è intorno a che cosa e a chi, se io non raccolgo persone intorno a Gesù? Non credo che si possa fare un programma pastorale diverso da questo.  Lo dico sempre alle persone: venite per incontrare Gesù. Noi sacerdoti, i gruppi, siamo strumenti a servizio di questo incontro. Questo è l’obiettivo che ho portato avanti negli anni.

Qual è il gruppo o il cammino spirituale che ritenete più vicino a quello che perseguite?

Non c’è. Ciò che importa è la centralità di Cristo.

Qual è l’iniziativa che vorreste realizzare insieme ad altri gruppi e\o parrocchie?

Negli anni passati abbiamo organizzato diverse forme di collaborazione con le parrocchie della nostra zona pastorale. Per esempio, per quanto riguarda la pastorale sacramentale abbiamo organizzato dei momenti di liturgia penitenziaria comunitaria oppure la conclusione dell’anno pastorale, con un incontro di preghiera comunitaria fra tutte le parrocchie. Qualche cosa già è stata fatta. Si potrebbero valorizzare i carismi che tutte le parrocchie hanno, mettendoli a servizio anche delle altre parrocchie e devo dire che anche questo c’è. C’è molta disponibilità tra noi sacerdoti. Io sono anche il coordinatore della zona, devo dire che c’è una disponibilità molto bella. Sicuramente ogni parrocchia, come è normale che sia, ha il suo percorso, i suoi tempi, i suoi ritmi e penso che questo sia giusto. Altrimenti rischiamo di fare confusione e non integrazione. Ogni parrocchia deve avere il suo itinerario. Ben venga la collaborazione in alcuni momenti. Ad esempio dovremmo riuscire a fare degli incontri sia di pastorale familiare sia di spiritualità. Ci siano già riusciti, ma li stiamo riproponendo durante l’anno. Spesso sfruttiamo don Orione, perchè essendo una parrocchia grande può ospitare e devo dire che le persone sono sensibili a partecipare. Ad esempio, per quanto riguarda padre Puglisi abbiamo fatto degli incontri; una volta è venuta una ballerina che poi è diventata suora perché ha avuto una conversione straordinaria. E’ inutile che organizzo un incontro del genere nel mio orticello, lo facciamo per tutti. Su questo c’è molta comunione. Io sono contento di questo. Poi si può sempre migliorare e cercheremo di farlo. 

Cosa ritenete urgente per risolvere o affrontare i problemi, se ce ne sono, della città di Palermo? Cosa ritenete urgente per risolvere o affrontare i problemi, se ce ne sono, della chiesa di Palermo?

Io penso che la dinamica sia simile a quello che ho affrontato nella parrocchia. Se non c’è vita di preghiera, tutte le altre iniziative lasciano il tempo che trovano. Non dico che non ci devono essere, ma i frutti arrivano quando noi viviamo intimità con Gesù. La diocesi ha queste iniziative, ma sarebbe bello poterle aumentare, partire da una vita di preghiera vissuta in maniera più intensa,  con dei ritiri anche diocesani fatti non solo per i sacerdoti ma aperti a tutte le realtà diocesane:  famiglie, giovani. Queste iniziative già il Cardinale le fa ed è una grande grazia, però bisognerebbe coltivarle sempre di più.  

Questo che ho detto vale sia per la città che per la chiesa. Tutte e due perché è come il lievito nella farina. Io so che diverse parrocchie sono chiuse. Già l’impegno di avere la chiesa aperta con un piccolo turno, potere creare dei piccoli centri di spiritualità , sembra che sto dicendo cose scontate, ma non lo sono. Valorizzare questo aspetto spirituale, diventa il fermento e il sostegno per tutta la diocesi, ma anche per tutta la città. La città, anche se non lo sa, va avanti grazie alla potenza dello Spirito Santo, che arriva dalla vita di preghiera.

Dal punto di vista culturale e sociale valorizzerei di più alcuni ambiti. Intanto, so che c’è una scuola socio- politica in diocesi, valorizzerei di più la formazione politica e culturale. Si potrebbe valorizzare di più la formazione sull’aspetto affettivo e sessuale, come quello che hanno organizzato  Santa Teresa del Bambin Gesù. Hanno pensato ad un corso di affettività sulla sessualità. Questa è una cosa che si potrebbe ampliare e organizzare in maniera sistematica, in modo da fare una maggiore formazione. Si potrebbero creare dei centri in cui ascoltare i cittadini e le loro iniziativa. Palermo è una città che ha tantissimo, io ho girato molto l’Europa e la ricchezza culturale, artistica, storica che abbiamo noi poche città le hanno. Si potrebbe valorizzare molto meglio. Si fanno a volte iniziative che non servono a niente, di facciata, che non incidono sul territorio. Di questo credo ci sia bisogno: di lavorare sempre più nell’umiltà, per portare avanti progetti in maniera vera e seria.

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