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Monuments Men e responsabilità culturali (anche a Palermo)

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di Valeria Viola

 

 

Dal libro “Saving Italy” di Robert M. Edsel, Hollywood ha realizzato il film “The Monuments Men”, recentemente nei nostri cinema, che racconta come i membri della sezione Monumenti, belle arti e archivi dell’esercito anglo-americano raggiunsero il fronte per cercare di salvare tutto ciò che poteva essere salvato.

Non staremo qui ad indagare le qualità del film, ciò che ci interessa è porre all’attenzione del lettore il messaggio che è ribadito dalla pellicola americana: l’importanza di preservare il Patrimonio Artistico dei popoli, al pari delle loro condizioni di vita, al fine di salvare le loro radici culturali.

La guerra è stata in questo sempre una terribile minaccia. Gli stessi Monuments Man partirono alla volta dell’Europa, dopo aver compreso la gravità della distruzione di Montecassino.

 

Ma gli esempi sono tantissimi: da quando durante la guerra franco-prussiana il museo di Arti Applicate di Strasburgo andò in fumo durante un bombardamento insieme ai suoi manoscritti medievali ed a manufatti di epoca romana, fino alla recente distruzione del Ponte Mostar, opera unica di ingegneria ottomana del tempo di Solimano il Magnifico che è stata intenzionalmente spazzata via dal fuoco croato.

Questa forma di annullamento culturale è una costante nei moderni campi di battaglia. Così il 24 aprile 2013 in mezzo ai pesanti combattimenti della guerra civile siriana, è stato distrutto il minareto di Aleppo risalente al 1090 d.C.

E la rovina appare più odiosa quando è condotta miratamente per motivi ideologici; come non ricordare la decisione dei talebani di distruggere i millenari Buddha di Bamiyan scolpiti nella parete rocciosa della valle di Bamiyan, in Afghanistan: nonostante le offerte economiche di India e Stati Uniti, il 12 marzo 2001 i due colossi (38 e 53 metri), ritenuti idolatri dai mussulmani iconoclasti, sono stati demoliti dopo un mese di bombardamenti.

Dall’uscita del film, ci sono stati una serie di commenti della stampa sul tema e sul Guardian del 14 febbraio scorso, qualcuno ha ricordato la partecipazione di uno squadrone della RAF ad azioni simili. Interessante anche l’intervento sull’Espresso del 13 febbraio che ha attualizzato l’argomento pubblicando un articolo sul “cacciatore di tesori perduti” italiano, Maurizio Fiorilli, avvocato dello Stato prossimo alla pensione, sicuramente meno affascinante di George Clooney ma altrettanto audace, che ha rappresentato l’Italia dal 1965 nei Tribunali di mezzo mondo per recuperare i capolavori che sono stati trafugati dal Bel Paese.

A questo pensiero ci riallacciamo per ricordare ciò che di bello abbiamo da noi ed in particolare i 60 anni della Galleria Regionale della Sicilia, allestita nel 1954 dal celeberrimo architetto Carlo Scarpa. Per festeggiare la ricorrenza dal 20 febbraio (e fino al 5 maggio) si stanno svolgendo alcuni incontri promossi dall’Assessore ai Beni Culturali della Regione Sicilia, Maria Rita Sgarlata.

Gli incontri, che si volgono tra la sala del Trionfo della Morte ed il vicino Oratorio dei Bianchi si propongono di ripercorrere il cammino dell’Istituto, segnato nel corso dei decenni da mostre, restauri, studi e scambi culturali: dalle testimonianze delle origini della Galleria fino alle attuali linee di approfondimento da parte degli autorevoli studiosi che hanno accettato l’invito.

Il prossimo incontro (mercoledì 26 marzo alle ore 16,30) verterà su “la sala dei fiamminghi nell’ambito dei restauri della Galleria”, tema trattato da Giulia Davì del Servizio Valorizzazione del Patrimonio Culturale (Assessorato Regionale Beni Culturali). Di seguito, Giovanna Cassata, Direttore del Museo Regionale di Palazzo Mirto interverrà su “Il museo fuori dal museo: i depositi esterni della Galleria dal 1920 fino ad oggi”. 

E proprio dal momento attuale dovremmo partire per considerare inconcepibili quei gesti vandalici che spesso noi stessi compiamo sui nostri monumenti, comprendendo che

Alle parole di Clooney, “se distruggi la cultura di un popolo è come se non fosse mai esistito”, possiamo aggiungere “se ti dimentichi di valorizzare quella stessa cultura, è quasi lo stesso”.

 

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