Commossi e molto incuriositi hanno ascoltato con molto interesse il parroco don Nicola Gaglio che, con un linguaggio semplice ed accogliente, li ha guidati alla scoperta della bellezza dei mosaici artistici ispirati alla creazione nella cattedrale storica tra le più belle al mondo.
Sono un gruppo di cinque detenuti a cui si è aggiunto anche un altro ex detenuto che nei giorni scorsi, hanno ricevuto un permesso premio speciale a conclusione del corso interculturale “L’uomo in relazione con se stesso, con gli altri con Dio, con il cosmo”. Il corso ha avuto la durata di due anni ed è stato svolto all’interno del carcere Pagliarelli dal prof. Marcello Briguglia.
La giornata autorizzata dalla direttrice della casa circondariale Pagliarelli Francesca Vazzana è stata un’occasione unica per la maggior parte di loro che non conosceva il duomo. Il gruppo è stato accompagnato dall’educatore Antonio Morello e dal cappellano della casa circondariale fra’ Loris D’Alessandro.
A conclusione della giornata ai detenuti è stato offerto dalla caritas diocesana un pranzo che hanno condiviso insieme ad alcuni loro familiari.
Prima della visita, ad accogliere i detenuti dando il suo caloroso benvenuto all’interno del prestigioso palazzo, è stato mons. Michele Pennisi, arcivescovo di Monreale, che un anno e mezzo fa ha sottoscritto un accordo come diocesi con l’Uepe per consentire di far svolgere le misure alternative al carcere nelle parrocchie del suo territorio a circa 20 detenuti. «Quello di oggi è un premio che hanno ricevuto a completamento di una riflessione antropologica sulla creazione – sottolinea l’arcivescovo Pennisi –. Hanno riflettuto, infatti, sul bene della creazione che però si è rotto perché si è spezzata la relazione con Dio, con le altre persone e con la natura». «Loro mi hanno anche letto delle lettere – aggiunge ancora – da cui traspare in alcuni il percorso significativo che stanno facendo. Mi hanno sottolineato anche come il nodo forte resterà, dopo che hanno concluso la loro pena, l’enorme difficoltà nell’inserimento sociale. In loro c’è sicuramente l’intenzione di rompere con il passato, iniziando una vita nuova, ma bisogna fare i conti con la difficoltà a trovare una occupazione lavorativa che permetta di mantenere le famiglie».
Di questa occasione culturale, il più contento di tutti è stato Valerio Villari, che nonostante abbia ottenuto la libertà mercoledì scorso per fine pena, come assiduo frequentatore del corso teneva molto lo stesso a partecipare alla giornata. «Mi sento di dire che in questi anni di detenzione, per tutte le belle esperienze che ho fatto – dice molto soddisfatto con il sorriso – il carcere mi ha fatto bene. Ho partecipato a varie attività e fra queste c’è stato pure il teatro. Credo che dentro il carcere, solo se sappiamo valorizzare certi momenti formativi, ci vengono date importanti opportunità che poi all’esterno è difficile avere. Ho la fortuna adesso di potere ritornare al mio lavoro ma un problema grosso resta per tutti gli altri il dopo carcere perché i pregiudizi e le chiusure della società sono ancora tantissimi».
A commuoversi guardando l’antichissima tavola della madonna Odigitria posta sotto il Cristo Pantocratore è Nicolò Brunetti di 50 anni. «Sono molto grado per questo dono che ci hanno fatto. Devo scontare 8 anni e sto prendendo sempre di più consapevolezza dei miei errori – aggiunge con gli occhi lucidi –. E’ stato tutto bellissimo e ringrazio tutti coloro che mi hanno dato questa bellissima opportunità culturale. Non conoscevo questo duomo ma soprattutto ho potuto riassaporare, anche se per poche ore, la libertà che è una cosa unica e meravigliosa».
«Questo corso mi ha aiutato tantissimo – dice pure Antonino Lipari di 39 anni – perché mi ha avvicinato di più a Dio. Ho scontato finora metà della mia pena ed è proprio dentro il carcere che sto imparando cose nuove. L’esperienza di oggi avrò modo di raccontarla a chi non l’ha potuta fare».
«Il carcere deve ritornare ad avere un ruolo educativo molto importante. La giornata di oggi assume una valenza molto forte – spiega Antonio Morello educatore del Pagliarelli – perchè è un momento di crescita personale che è il risultato di un percorso interno ed esterno al carcere che ognuno di loro sta facendo in modo diverso nel quadro di un cammino di auto–responsabilità. In questo caso è stato fondamentale riuscire da una parte ad entrare in contatto con la bellezza artistica e culturale di un luogo storico e sacro come questo e dall’altra nello stesso tempo potere avere spazi di libertà che devono dimostrare di sapere gestire nel migliore dei modi».
«In questi due anni di corso diversi sono stati i detenuti che hanno partecipato – sottolinea pure il docente in pensione Alfio Briguglia direttore dell’ufficio pastorale della scuola –. Alcuni di loro, in particolare hanno seguito con moltissimo interesse ma sono comunque sicuro che in tutti rimarrà una traccia significativa nel loro percorso di vita».
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