La musica, l’arte di strada, la lettura dei libri sono alcune delle opportunità che offre il nuovo Punto Luce di Save the Children ai bambini e adolescenti dello Zen2 all’interno dei spazi curati dall’associazione Laboratorio Zen Insieme. A parlare dell’impegno forte che richiede il servizio multidisciplinare a favore di questi bambini è la presidente dell’associazione Mariangela Di Gangi.
Lo Zen 1 e 2 per la sua particolare architettura, da sempre considerato un quartiere ghetto, oggi con i suoi 17 mila abitanti, è un vero e proprio paese con i tassi di dispersione e abbandono scolastico più forti.
L’associazione, opera allo Zen 2 con 15 operatori distinti in educatori, psicologi, musicoterapeuti e altri esperti di laboratorio. Il nuovo polo educativo finanziato da Save the Children è uno spazio di circa 700 metri quadrati, realizzato in collaborazione con il Comune di Palermo, grazie al contributo dell’istituto dell’enciclopedia italiana Treccani e al sostegno di Fondazione BNL.
“Ci occupiamo da diversi anni delle famiglie del quartiere dedicando una parte del nostro impegno prevalentemente ai bambini e agli adolescenti – dice Mariangela Di Gangi -. L’associazione nasce con una mission alta cioè quella di contrastare la mentalità mafiosa con la promozione di percorsi alternativi di crescita positivi. Naturalmente un certo tipo di sistema si può scardinare soprattutto credendo in una maggiore giustizia sociale che si fonda proprio sul contrasto forte alle povertà”.
La sede dell’associazione Laboratorio Zen Insieme ha riaperto adesso a gennaio, dopo una lunga chiusura (dal 2008 al 2016) per una serie di cavilli burocratici.
Il percorso legato al Punto Luce di Save the Children interessa i bambini e i ragazzi dai 6 ai 16 anni. In particolare, si è aperto tutti i pomeriggi, un centro educativo a bassa soglia in cui i bambini possono partecipare alle attività più svariate gratuitamente: doposcuola, laboratori di musica, street art, teatro, educazione alla lettura e tanto altro. “In questo momento abbiamo un centinaio di bambini iscritti ma le richieste sono maggiori. Con una presa incarico integrata tra scuola e famiglia l’obiettivo è accompagnare ed aiutare questi ragazzi a crescere in maniera sana e consapevole. Naturalmente è un intervento ampio che deve necessariamente coinvolgere la famiglia. I patti educativi vengono sottoscritti con i genitori che in molti casi sperano tanto nei figli attraverso il nostro aiuto”.
Il secondo percorso educativo è quello che riguarda lo spazio mamme che partirà tutte le mattine già a febbraio. Si tratta di interventi che coinvolgono le donne che hanno bambini da 0 a 6 anni. “In quella fascia il bambino sta bene se sta bene la famiglia – continua Di Gangi -. Promuoveremo in questa fase iniziale dei laboratori di cucito, di cucina a basso costo ed educazione alimentare. In un clima di grande orizzontalità ognuna di loro condividerà le proprie competenze mettendole a servizio delle altre. Alla donna viene data in questo modo la possibilità di prendersi cura di sé mettendola in grado di interagire anche positivamente con il suo bambino. Occorre ancora lavorare molto sull’autostima, la consapevolezza e sulla valorizzazione delle capacità delle donne di fare altro pur essendo delle brave mamme. Lo spazio di educazione alla lettura mamma figlio è per esempio un momento in cui la mamma in questo modo comprende che può aiutare il figlio anche nella sua formazione sotto un’altra veste”.
In molte famiglie e presente in maniera molto forte anche la voglia di cambiamento e di riscatto sociale che poi però cozza inevitabilmente con le poche opportunità di reinserimento sociale che vengono concretamente offerte agli adulti. “Attraverso un delicato lavoro di coordinamento di rete con i servizi pubblici e privati – spiega – la nostra percezione forte è quella di avere famiglie che vogliono farcela. Certamente c’è una sorta di abitudine per loro ad essere aiutati dall’esterno però cerchiamo di accompagnarle all’autonomia. Parliamo di un percorso educativo integrato che coinvolge i servizi sociali, i sindacati di zona e altre associazioni che svolgono attività diverse dalle nostre”. “Intendiamo fare un certo tipo di percorso anche con i padri pur con tutte le difficoltà del caso – continua -. Ci sono tanti di loro in carcere. Per quelli che escono dal periodo di reclusione le istituzioni purtroppo offrono ancora ben poco. Chi esce dal carcere con tutte le buone intenzioni che può avere di rimettersi in carreggiata deve essere aiutato a farlo. Se la persona si trova sola, senza soldi, senza una scuola e senza altre opportunità, la possibilità di ricaduta diventa altissima. I progetti di reinserimento sociale dei detenuti oltre alla famiglia andrebbero a beneficio di tutta la collettività”.
Un altro punto importante per l’associazione è quello di lavorare sulla sensibilizzazione all’esterno del quartiere allo scopo di abbattere i forti pregiudizi che da sempre lo soffocano. “In pochi sanno – continua Di Gangi – che la maggior parte delle famiglie sono oneste cioè cercano in maniera dignitosa di sbarcare il lunario con quei pochi strumenti che hanno. Pertanto i cittadini del resto della città devono conoscere aspetti diversi del quartiere. Cerchiamo di farlo attraverso la promozione di parecchie iniziative culturali aperte come per esempio il festival delle culture Meet me halfway. In questa ottica si inserisce l’apertura di una biblioteca aperta a tutti. Proviamo così ad accorciare le distanze tra la periferia e il centro garantendo opportunità reciproche di fruizioni”.
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