La fraternità di nuovo al centro del dibattito pubblico
Con l’enciclica Fratelli tutti, il tema della fraternità è stato rimesso al centro della riflessione sociale, filosofica e teologica. Si tratta di una questione rilevante in ampiezza e profondità che permette di affrontare i vari e incerti snodi geopolitici contemporanei alla luce di una prospettiva capace di salvaguardare la dignità di ogni uomo, specie dei poveri e degli emarginati. Proprio sulla fraternità ha riflettuto – in uno dei suoi ultimi libri – il filosofo francese Edgar Morin. Infatti, nel volume La fraternità perché? Resistere alla crudeltà del mondo (AVE, 2020), Morin articola una riflessione etico-sociale sul necessario ritorno al senso di fraternità per l’odierna umanità sempre più connessa e globale.
Resistere alla crudeltà del mondo
Il modello occidentale ha mostrato come sia impossibile imporre la fraternità per legge come accade, invece, per la libertà e la giustizia. Così, se il senso fraterno non può prescriversi attraverso le costituzioni è necessario, secondo l’autore, interrogarsi su quale sia la sua fonte. A ogni generazione l’esperienza delle comunità umane ci ricorda che ciascuno di noi ha bisogno per crescere e maturare di un “noi” senza il quale la deriva verso l’egoismo e la solitudine appare come l’unico possibile esito. Difatti, per lo studioso francese, accogliere l’altro comporta: «il riconoscimento della nostra comune umanità e il rispetto delle sue differenze. Sono queste le basi su cui potrebbe svilupparsi la fraternità tra tutti gli umani in un’avventura comune di fronte al nostro destino comune» (p. 42). Riletta in simili termini la fraternità è un mezzo per resistere alla crudeltà del mondo la cui fonte non può scaturire dagli ordinamenti giuridici ma dal cuore stesso dell’uomo attraverso un movimento di consapevolezza avviato dal basso cioè dai singoli, dalle comunità e dai popoli.
Pensiero “complesso” e umanesimo
Una tale consapevolezza ha bisogno di un approccio educativo e culturale assai diverso rispetto al modello del turbocapitalismo, liberale per pochi ma schiavizzante per molti. Quest’ultimo deriva da un pensiero fondato sulla separazione delle conoscenze e sul calcolo matematico e perciò impossibilitato ad accedere sia a una visione d’insieme sia a risolvere i problemi globali. Secondo Morin, cambiare via è possibile tramite il superamento di questa prospettiva al fine di favorire un modo di pensare: «complesso capace di legare, capace di comprendere i fenomeni al tempo stesso nella loro diversità e nella loro unità, così come nella loro contestualità» (p. 50). A parere del filosofo francese, da simile visione può generarsi un umanesimo fraterno che oltre a riconoscere l’uguaglianza nei diritti per tutti gli uomini comporta tanto l’accoglienza delle varie forme di diversità quanto la coscienza dell’appartenenza ad un’unica comunità di destino.
Ambiente, biologia, interconnessioni
In tal modo, il pensiero proposto da Morin si lega a quanto viene sostenuto nell’enciclica Laudato sì’ di papa Francesco che nell’allargare l’orizzonte della riflessione all’ambiente sostiene che nel mondo ogni realtà – vivente o meno – è intimamente connessa. Questo dato è ripreso nel volume anche nell’ottica biologica poiché l’autore afferma che: «le specie più adatte non sono le più aggressive, bensì le più solidali» (p. 19). Ciò dimostra come la dimensione solidale – che per l’umanità può tradursi con la fraternità – ha una fondazione oltre che culturale anche biologica.
Il testo di Morin è un valido contributo per alimentare e sostenere il dibattito sulle ricadute sociali, politiche, economiche e culturali della fraternità. Nel testo, il filosofo francese riprende la sua celebre tesi del “pensiero complesso e transdisciplinare” – ampiamente presentata in studi passati – per la costruzione di una cultura umana radicata sulla fraternità. Dalla sua proposta si delinea che l’unica via per il futuro dell’umanità sia quella della fraternità al fine di superare ogni crudeltà e istituire una cittadinanza globale.
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