P. Tillich, L’irrilevanza e la rilevanza del messaggio cristiano, Queriniana 2021, pp. 109, 10,00 euro.
La crisi generata dalla pandemia ha molteplici risvolti. Dall’emergenza sanitaria a quella economica, dallo smembramento sociale alle ricadute psicologiche, è evidente che l’umanità – in generale – attraversi un tempo critico e, dunque, di possibile ripensamento. In tale scenario, quale rilevanza è possibile per il messaggio cristiano? Sin dalla prima enciclica sociale, la Rerum novarum del 1891, ci siamo abituati ad una presenza della Chiesa in grado di parlare alle questioni scottanti della vita umana. Tuttavia, nessuna teologia o strategia pastorale è capace di affermare una parola definitiva in merito al continuo mutamento della configurazione sociale, politica e culturale. Alla luce di ciò urge una continua riflessione teologica per via della quale stimolare un pensiero che interpreti ogni aspetto dell’umano sotto l’illuminazione evangelica.
Un contributo, a simile lavorio di pensiero, proviene da Paul Tillich che con il suo saggio – recentemente ripubblicato dalla casa editrice Queriniana e intitolato L’irrilevanza e la rilevanza del messaggio cristiano (2021) – propone una visione cristiana dalle ricadute sociali, culturali e politiche. Il volume raccoglie alcune lezioni pronunciate da Tillich negli anni Sessanta ed è centrato sul mistero di Cristo, punto cardine di ogni teologia cristiana, implicante tanto la croce quanto la resurrezione. L’autore parte da una serie di domande stringenti «Il messaggio cristiano è ancora rilevante per le persone del nostro tempo? E se non lo è, qual è la causa? E ciò si riflette sul messaggio del cristianesimo stesso?» (p. 37). Per ragionare su tali quesiti, Tillich sostiene che più della ricerca di nuove scoperte intellettuali è giunto il tempo di narrare le personali preoccupazioni per il futuro delle chiese e della teologia con la finalità della trasmissione del messaggio del cristianesimo nel mondo che cambia.
Anzitutto, secondo il teologo tedesco, le comunità credenti devono cominciare a farsi carico del problema dell’irrilevanza del cristianesimo nell’odierna società. Infatti, oltre a negarlo, oggi in molti assumono un atteggiamento di indifferenza dinanzi alla predicazione e al messaggio evangelico tanto da indurre le chiese ad essere «ufficialmente e seriamente preoccupate della possibilità di un’epoca postcristiana» (p. 46). È chiaro che l’annuncio della salvezza diffuso dalle chiese sia ancora uno strumento importante per affrontare alcune domande che riguardano la totalità dell’esistenza umana come la vita dopo la morte o il significato profondo di ogni vissuto personale. Tuttavia, il linguaggio cristiano nel suo complesso – cioè nei suoi aspetti biblici, liturgici e formativi – si propone sempre più tramite un vocabolario che risulta irrilevante dinanzi all’attuale cultura della globalizzazione radicata sull’individualismo esasperato, sulle partiche ossessive di accumulo di soldi e di beni, sulla finanziarizzazione di ogni aspetto dell’esistenza.
Ad esempio, Tillich registra come nel nostro tempo la parola “Gesù” non comunichi «più nel profondo. E la parola “Cristo”, che indicava originariamente l’unto mandato da Dio per portare il nuovo eone, è divenuta incomprensibile. Viene usata come un nome proprio, anziché come il paradosso dell’attribuzione di una funzione cruciale ad un essere umano» (p. 52). Ciò è dovuto anche ai molteplici fallimenti delle scuole di catechismo che, oltre ad incidere poco sulla formazione dei giovani, raramente riescono a comunicare con gli operai e i lavoratori in genere. A simile condizione bisogna aggiungere le peculiarità culturali del nostro tempo le quali – attraverso l’enfasi sulla dimensione orizzontale della vita, l’intenzione di controllare la natura e di trasformare ogni cosa in un oggetto calcolabile descritto in termini numerici – hanno trasformato la speranza in una realizzazione non più celeste, ma da raggiungere nel tempo e nello spazio. Ne consegue una scarsa, o nulla, passione per il cristianesimo in ampi settori delle moderne società. Allora, secondo Tillich, in primo luogo urge rendere il cristianesimo rilevante tanto per le classi istruite della società attuale quanto per rispondere ai problemi sociali dei popoli. Questo va fatto attraverso un’opera di purificazione del concetto di fede il quale più che rappresentare una credenza, a parere del teologo tedesco, coincide con «l’essere afferrati da una potenza che ci interessa in maniera suprema, e che credenza non è l’essere certi, ma l’accettare qualcosa di preliminare» (p. 51).
Risulta evidente che nonostante diversi fattori conducano all’irrilevanza del cristianesimo, per molte persone quest’ultimo ancora oggi rappresenta il significato principale delle proprie esistenze. Allo stesso modo possiamo ricordare che la nostra cultura conserva una sorta di richiamo remoto all’annuncio evangelico tanto che diversi principi etici delle nostre comunità laiche e plurali rimangono sostanzialmente cristiani. Il vero problema è un altro per Tillich e corrisponde con una domanda radicale per le sorti della fede «Il cristianesimo […] è in grado di dare risposta alla mentalità tipicamente moderna?» (p. 86). Secondo il teologo tedesco bisogna replicare positivamente a tale quesito purché avvenga «la fase dell’immersione nelle profondità della questione che è l’essere umano» (p. 81) ovvero si ripensi al modello della trasmissione della fede come ad un mezzo che storicamente ha dato prova di poter assumere tutti gli snodi culturali, sociali e politici dell’umanità e, pertanto, di ridirsi continuamente in modo nuovo.
L’analisi e la proposta presenti nel volume di Tillich sono da prendere sul serio da parte delle comunità cristiane del nostro tempo. Si tratta di una riflessione capace sia di mostrare le molteplici difficoltà associate all’annuncio della fede nella contemporaneità sia ad aprire sentieri di fiducia e di speranza per combattere la difficile battaglia finalizzata a rendere ancora una volta rilevante il cristianesimo. È un impegno che riguarda tutti i credenti e, in special modo, la Chiesa cattolica che ha avviato da poco un processo sinodale per ripensare la sua presenza nel mondo.
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