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Ragionare di scuola nelle parrocchie?

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di Alfio Briguglia

 

Siamo ormai al terzo anno del percorso decennale che l’episcopato italiano vorrebbe dedicato alla riflessione sul tema della sfida educativa. In questi due anni, nella diocesi di Palermo, alla volontà dei vescovi ha fatto seguito una serie di iniziative per sensibilizzare al tema della educazione e per presentare gli Orientamenti pastorali dell’episcopato italiano per i decennio 2010-2020, il documento Educare alla vita buona del vangelo (EVBV). Per la verità in molte parrocchie i fedeli non sono stati ancora invitati a leggere e conoscere il documento, né si ha notizia di cammini parrocchiali progettati tenendo conto del tema della educazione.

Poiché la comunità ecclesiale diocesana, di fatto, a parte fedeli che frequentano e si formano nei vari movimenti e associazioni, ha come suo livello base di visibilità quello delle comunità parrocchiali, vien fatto di pensare che, anche questa volta come per gli altri orientamenti decennali, si pensa già ad altro.

Eppure c’è nel documento una preoccupazione che chiama in causa direttamente il rinnovamento delle parrocchie e che già il papa Benedetto XVI aveva espresso il 21 gennaio 2008 con una lettera alla Diocesi e alla Città di Roma sul compito urgente della educazione.

Di fronte alla crisi della tradizione, da una generazione all’altra, del patrimonio di valori e di fede che ci identificano come cristiani e come cattolici, il papa individuava nella crisi della autorevolezza una delle cause dei fallimenti dei progetti educativi. Crisi di autorevolezza significa crisi del mondo adulto, della capacità degli adulti di proporsi come portatori di una “speranza affidabile”. Quello che ormai da tanti anni e da più parti viene sottolineato: “la crisi dei giovani sono gli adulti che mancano” (anche a Palermo il Laboratorio Pedagogico Diocesano ne ha fatto fin dal 2006 il suo slogan) veniva, con delicatezza, ma anche con fermezza, fatto presente da Benedetto XVI alla chiesa italiana: senza persone credibili non è possibile attivare processi educativi!.

Nel Discorso alla 61° Assemblea Generale della Conferenza episcopale italiana, il 27 maggio 2010, insistendo sul tema Benedetto XVI indicava un’altra condizione del successo di un impegno educativo.

Se da una parte i giovani, che portano in cuore sete di significato e di rapporti autentici, hanno bisogno, accanto a loro, di “una compagnia adulta sicura e affidabile”, dall’altra è necessaria anche quella di “luoghi credibili: anzitutto la famiglia, con il suo ruolo peculiare e irrinunciabile; la scuola, orizzonte comune al di là delle opzioni ideologiche; la parrocchia «fontana del villaggio», luogo ed esperienza che inizia alla fede nel tessuto delle relazioni quotidiane”.

La scuola e la parrocchia in questo sforzo di recupero del tema educazione appaiono, a questo punto, luoghi decisivi.

La scuola, ovviamente, perché li sono i nostri figli! La scuola è la loro strada, il luogo dove passano gran parte del loro tempo, dove crescono, soffrono, hanno soddisfazioni e sperimentano frustrazioni. La parrocchia perché è il luogo dove vive la comunità cristiana, dove si formano gli adulti dove “l’accoglienza della proposta cristiana passa attraverso relazioni di vicinanza, di lealtà, di fiducia” (Benedetto XVI, Discorso cit.).

Dove è possibile far crescere figure forti, affidabili, spiritualmente vivi, con competenze bibliche teologiche e culturali? E da dove partire per rimettere la scuola al centro delle attenzioni della comunità locale?

 

     Già nel 1990 il documento dell’Ufficio Nazionale di Pastorale della scuola sottolineava che la pastorale della scuola, come ogni forma di pastorale di ambiente, “presenta problemi e dimensioni che spesso superano i confini e le possibilità delle singole parrocchie e chiede pertanto di attuarsi in contesti più ampi, come quello vicariale o diocesano”. Ma, aggiungeva subito dopo, “è altrettanto vero che nessun altro livello e nessun tema pastorale matura se le parrocchie non ne riconoscono l’importanza e non vi portano il loro contributo specifico” (Fare pastorale della scuola oggi in Italia, sussidio dell’Ufficio Nazionale per l’Educazione, la scuola, l’Università, 28). Adesso, gli Orientamenti Pastorali assegnano alle comunità parrocchiali, “come impegno prioritario”, la formazione di quelle figure adulte senza le quali non vi è comunicazione del Vangelo. Le comunità parrocchiali devono curarne “insieme alla crescita umana e spirituale, la competenza teologica, culturale, pedagogica” (EVBV, 41). Il volume collettaneo La sfida educativa, che il progetto culturale della CEI ha messo a disposizione dei fedeli come sussidio di approfondimento, sottolinea che la formazione di educatori non può essere una delle tante preoccupazioni delle comunità cristiane. “Deve essere una scelta che trae origine da una vera vocazione educativa” (p.85). Le comunità parrocchiali devono riscoprire la loro vocazione educativa, spesso dimenticata. “Nella comunità cristiana i ragazzi hanno il diritto di incontrare educatori con questa profondità, con una umanità intensa, con uno stile di gratuità evangelico” (ivi).

Sono passati più di venti anni dal primo documento citato, ma di una attenzione alle scuole nelle comunità parrocchiali non v’è traccia. Anzi è come se sulla preoccupazione per le comunità scolastiche, specialmente per quelle che fanno parte del territorio parrocchiale, fosse ormai stato tracciato un segno di cancellazione.

G. Savagnone, nel suo appassionato libro Maestri di umanità alla scuola di Cristo (Cittadella Editrice, 2010), sottolinea che questa difficoltà della parrocchia di uscire dall’ordinario di catechesi, liturgia e sacramenti dipende da un deficit culturale. E’ come se in tutti questi anni si fossero persi o non si fossero aggiornati gli strumenti culturali per comprendere i cambiamenti in atto, per interpretare il desiderio giovanile, per uscire da linguaggi autoreferenziali per evangelizzare, giungendo al cuore della gente. Eppure i precedenti orientamenti pastorali (2000- 2010) avevano esortato con forza le comunità cristiane a cambiare rotta: “Ascoltare le attese più intime dei nostri contemporanei, prenderne sul serio desideri e ricerche, cercare di capire cosa fa ardere i loro cuori e cosa suscita invece in loro paura e diffidenza” (n.34) Se non si ha più tempo per mettersi in ascolto, per ragionare insieme, per convertire al Vangelo le prassi e il linguaggio, per ascoltare i nostri dubbi e i nostri problemi, per aprirsi a nuovi orizzonti culturali che abbiano il sapore della sapienza, come potrebbero le nostre comunità formare quegli educatori adulti dei quali a gran voce si invoca il ritorno? Si instaura allora un circolo vizioso: se non si ha abbastanza cultura per comprendere la vita, la vita si ferma alle soglie della parrocchia. “Ora, in comunità parrocchiali e diocesane dove la vita reale, con le sue concrete esperienze di famiglia, di lavoro, di svago, con i suoi problemi, i suoi dubbi, le sue contestazioni, si ferma quasi sempre sulla soglia, rimanendo così”profana”, la cultura non può fiorire. O, se lo fa, è nella forma esangue di qualche conferenza o di qualche convegno. Niente che coinvolga le forze più vive e inquiete del territorio, niente che ne rifletta – ai vari livelli in cui questo territorio si articola: di quartiere, cittadino, diocesano – le esigenze più profonde” (Savagnone, cit., 38).

Come si vede, il rilancio di una pastorale della scuola nelle parrocchie si inserisce in uno sforzo di trasformazione più profonda del clima di tali comunità.

Ma, in concreto, cosa bisognerebbe fare?

Non si tratta di fare catechesi negli ambienti scolastici (neanche l’insegnamento della religione cattolica è catechesi), né di piantare bandierine, occupare spazi o dire : “ci siamo pure noi!”. Si tratta di altro!

Si tratta di riportare nelle scuole quella “speranza affidabile” che passa attraverso la valorizzazione di tutto l’umano possibile e che aiuta a crescere verso una “antropologia compiuta”.

Le comunità cristiane devono diventare i “luoghi affidabili” a partire dai quali la “buona notizia per la scuola” inizia il suo viaggio, comunità educanti, in grado di risvegliare la passione educativa nei genitori, nei docenti, nei dirigenti e negli amministratori scolastici … Ogni attività pastorale si propone di portare il vangelo nei modi specifici e secondo le situazioni esistenziali dei destinatari. G.P.II nella Familiaris Consortio, sintetizzava la “buona notizia” per la famiglia con l’invito: “famiglia diventa ciò che sei!”. Oggi la sintesi del messaggio che docenti educati alla vita buona del Vangelo possono portare nel loro ambiente, alle comunità scolastiche nelle quali operano è: “scuola diventa ciò che sei!”, cioè comunità educante, che insieme alle competenze fa crescere le persone, luogo dove si può apprendere la passione per la verità, per il bene, per la propria crescita, a servizio di tutta la società. Si tratta di cominciare, nelle parrocchie o nei vicariati, da piccole comunità nelle quali ci si aiuti ritrovare la passione per il ruolo di educatori, dove l’attenzione sia rivolta all’uomo tutto intero e non solo alla dimensione liturgica o sacramentale, spazi per gli interrogativi e la ricerca, luoghi di cammino comune degli educatori dove si discutano problemi, si superi il disagio di fronte al compito arduo, si umanizzino le relazioni. La parrocchia non deve più essere un luogo astratto, nel quale ci si incontra mettendo tra parentesi quello che si è.

Da questo potranno nascere iniziative concrete di attenzione alle scuole del territorio, ma innanzitutto si tratta di riaccendere una luce spenta forse da troppo tempo.

 

 

 

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