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Recensione a “Cuori Connessi” di Luca Pagliari

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La vita non è quella che si è vissuta, ma quella che si ricorda, e come la si ricorda per raccontarla”.

Con questa citazione dello scrittore colombiano Gabriel Garcia Marquez si apre l’edizione 2022 di “Cuori Connessi”, il libro che Unieuro, in collaborazione con la Polizia di Stato distribuisce gratuitamente – anche in formato digitale con contenuti audio e video (https://www.cuoriconnessi.it) – per sensibilizzare l’opinione pubblica sul bullismo e sul cyberbullismo.

Ricordare, raccontare, denunciare questo fenomeno sommerso che sconvolge la vita di tanti giovani e di altrettante famiglie è utile ad alzare lo sguardo per creare relazioni sane, anche mediante la “tecnologia buona” che favorisce la connessione tra le persone, le loro esigenze, i loro bisogni risultando molto utile nelle più svariate situazioni. Leggere o ascoltare queste storie non basta: occorre anche riflettere sul loro significato ed è per questo motivo che, nel breve spazio di una recensione ne abbiamo sintetizzate due capaci, con la loro diversità di alludere alla pervasività di questo fenomeno.

Con lo smartphone, compagno inseparabile ma non innocuo delle nostre vite, proprio come in uno Slalom, occorre risultare rapidi nello schivare gli ostacoli, ma è assolutamente dannoso essere frettolosi. L’impazienza denota superficialità, assenza di pensiero, incapacità di immedesimarsi nelle emozioni e nei sentimenti degli altri. Si tratta di un rapporto insano con la connettività, in cui paradossalmente un sia pur diverso isolamento rappresenta l’orizzonte tanto della vittima quanto del bullo, che può contare spesso sull’attività di pochi ma sulla connivenza di troppi: compagni intimiditi o indifferenti, insegnanti non adeguatamente formati e quindi spesso disattenti, genitori sovente poco alfabetizzati dal punto di vista digitale.

Un’iniziativa non estemporanea, se siamo giunti ormai alla III edizione del pamphlet che esce ogni anno il 23 febbraio, giornata che, dal 2017, il MIUR dedica alla sensibilizzazione su questa problematica. “Cuori Connessi”, come afferma lo scrittore Luca Pagliari nella prefazione del volumetto, ha un obiettivo ambizioso: “creare una tecnologia al servizio dell’uomo e non uomini al servizio della tecnologia”. Ma per tagliare un simile traguardo è necessario collegare le persone affinché sperimentino i tanti aspetti positivi di internet prevenendone i rischi. In una parola occorre consapevolezza dei processi che avvengono in rete o sui Social e di come arginarne le eventuali derive.

Vi sono infatti, tanto da parte del bullo quanto da parte della vittima, dei comportamenti spia che, se conosciuti, possono indicare il sorgere delle manifestazioni del bullismo, consentendo un intervento tempestivo. Qui la Polizia di Stato non ha solo un ruolo repressivo ma può, in sinergia con la scuola, assolvere un importante compito preventivo. Il testo si articola in 10 storie narrate con un linguaggio agile, senza commenti o superflui moralismi, realisticamente, lasciando parlare la nuda eloquenza dei fatti attraverso i loro protagonisti.

Questi a un tempo raccontano e si raccontano, svelando così come un gesto solo apparentemente ingenuo possa diventare fatale, non solo per la vittima, ma anche per il suo autore. A dominare non è tanto la superficialità ma l’assoluta inconsapevolezza della potenzialità lesiva di immagini, parole, emoji, che spesso in modo non eclatante ma continuo entrano nella vita di una persona, isolandola e destrutturandola lentamente.

Nella storia di Veronica vedremo come quello che i loro autori consideravano un gioco innocente e superficiale, abbia contribuito nella vittima a indebolire la capacità di fidarsi degli altri, causando conseguenze anche fisicamente gravi. Sono proprio queste vicende a svelare quanto sia indifferibile un’alfabetizzazione tecnologica dei docenti, dei genitori, degli stessi ragazzi poiché sempre più questi ambienti sono parte della nostra vita. Online gli adolescenti, e non solo loro, commettono reati senza neppure averne la percezione e, con altrettanta facilità, condividono informazioni private così come materiali fotografici e video.

Non si tratta solo di stabilire un confine tra lecito e illecito, ma occorre contrastare le vessazioni, trovando nel personale della Polizia di Stato un valido alleato. Tramite il suo aiuto rinasce la speranza perché il dolore, isolatamente subito, viene condiviso e questo fornisce ad altre vittime il coraggio di farsi avanti. Un circolo virtuoso ripreso, anche dal punto di vista formale, nel libro che si dipana in una struttura stratificata: con le “Storie del dopo” vengono raccontate le vite ricomposte di chi ha subito o operato bullismo; mentre nel taccuino di viaggio si dà voce a chi, grazie alla lettura delle precedenti edizioni di “Cuori Connessi” ha trovato il coraggio di farsi avanti, denunciando quanto gli stava accadendo. Una struttura efficacemente labirintica che nell’unione di più linguaggi – testo scritto, audio, video – e di più segmenti temporali – il prima della denuncia, il durante, il dopo – ripropone in positivo la morfologia stessa della rete.

Storie diverse: Stefy è una ragazza libera e un po’ selvaggia che cresce in montagna. Vive per camminare tra malghe e sorgenti, vallate da ammirare e stambecchi da osservare. Un giorno, complice un banale incidente, le viene diagnosticata una sospetta atassia. Il suo destino appare segnato, ma lei non si arrende: non è una super eroina, rappresenta solo una persona fragile che cerca il coraggio di affrontare il mondo. Subisce gli sguardi di scherno: una sera in pizzeria la scambiano per ubriaca. Poi il titolare, volendo rimediare, peggiora le cose esclamando: “io agli handicappati la pizza la offro”. Stefy non è più una persona, ma nell’analisi del ristoratore coincide totalmente con la sua malattia, proprio lei che ogni giorno lotta per non essere inchiodata a una carrozzina, portando nel cuore e nel ricordo le sue amate escursioni. Per fortuna ci sono anche segnali opposti: la incoraggiano le parole giuste al momento giusto e con le amiche la malattia può anche divenire un gioco, quando la accompagnano con una carriola lungo le vie del paese. Terminate le medie la ragazza si iscrive a ragioneria: per studiare deve scendere a valle, gli sguardi, ora indifferenti ora sfidanti, la colpiscono e talora la atterrano, ma Stefy vuole affrontare il mondo, forte anche della sua fragilità.

Per tutti questi motivi trascorre un’adolescenza non facile. Finisce anche il liceo, grazie a un medico che ne ascolta con passione la storia, gli eventi prendono una direzione inaspettata: lavorando sul DNA dell’adolescente il dottore scopre che invece è affetta da una malattia neurologica diversa, egualmente grave ma non tale da costringerla all’immobilità. Si profila così all’orizzonte la possibilità di una cura sperimentale grazie alla quale la protagonista riprende a camminare e oggi, ecco il dopo la storia, è una madre felice realizzata. Lei stessa narrerà per l’ennesima volta alla figlia la sua vicenda perché nel raccontare, più che nel ragionare spesso astratto, fluisce la vita con le sue gioie, paure, difficoltà superate, inattese rinascite.

Dal paesaggio incantato delle montagne ci spostiamo con la seconda vicenda in quello etereo, ma non meno carico di sofferenza, dei social.

Veronica è vittima di scherzi online: un gioco per chi li fa, una tragedia per chi li subisce. Oggi, grazie alla psicoterapia ha superato molte difficoltà, ma le resta il rimpianto di non aver chiesto subito aiuto. La protagonista trova, oltre che nei personaggi letterari, proprio nel suo attuale rammarico il coraggio di raccontare, sperando così di lenire il dolore di altre persone. Oltre ai classici, da Tolstoj a Dostoevskij, la musica popola la sua vita: suona il pianoforte e ama Chopin. Le piace anche studiare ma non si definisce una secchiona, è solo curiosa di capire il mondo. Certo è diversa e lo avverte: indifferente alle mode, ai jeans strappati, ai discorsi dei coetanei che considera futili.

Un giorno all’improvviso ecco un messaggio di Stefano, un compagno di scuola – il più corteggiato dell’istituto – che le chiede se suonasse ancora il pianoforte, confidandole la sua passione per la musica. “Io”, si schernisce, “non sono mai andato oltre il flauto delle medie”. E dopo qualche messaggio aggiungerà “Vorresti suonare per me?”. I due si scrivono sempre più spesso, mai però compulsivamente. Veronica considera i radi messaggi di Stefano ancora più preziosi, li legge più volte e, gradualmente, inizia a fidarsi di lui. Per le risposte fruga nell’inesauribile tesoro dei libri: legge e rilegge i suoi romanzi preferiti per cercare frasi da inviargli, quelle che più parlavano alla e della sua esistenza.

Un giorno il ragazzo le dà appuntamento durante la ricreazione in un luogo della scuola in cui possono incontrarsi senza essere troppo osservati. La giovane attende quel momento, lo pregusta, e alla fine la campanella dell’intervallo suona. Qui Stefano le confida che è tutto un gioco: lo aveva architettato con altre tre compagne di classe di quella ragazza timida che amava i libri e la musica, da lei soprannominate “le streghe”. I messaggi venivano scritti dal ragazzo o, addirittura, dalle tre complici. Ora però, avendo Veronica preso le cose sul serio, voleva smettere: uno scenario dolorosamente inatteso.

La ragazza si sente male, viene sottoposta a molti esami senza che si trovi alcuna patologia. Lei tiene tutto in sé perché si è giurata di non parlare e di non fidarsi più di nessuno. Progressivamente qualcosa si incrina nel suo animo: il silenzio prende il posto delle parole, la stessa voglia di vivere va scemando giorno dopo giorno, fino al ricovero con la diagnosi di anoressia. Anche qui un medico capace di ascoltare le propone la psicoterapia. L’adolescente inizia così un lungo, graduale ma inesorabile processo di risalita. Cambiata classe riprende a vivere: sboccia nuovamente la passione per la musica, riapre i classici che tanto amava.

Persino con i compagni, meno frivoli, va gradualmente meglio ed è in questo nuovo contesto che una Veronica finalmente rinata riceve una copia di “Cuori Connessi” decidendo di raccontare e di raccontarsi. Non è facile rendere in poche pagine la complessità di una vicenda adolescenziale e il rischio di un certo manicheismo qui e lì fa capolino: a Veronica prima va tutto male, poi ogni cosa si sistema. Non è difficile immaginare che la sua vicenda sia stata più complessa: tuttavia il segnale è chiaro, chiudersi non aiuta. Un castello che diviene fortezza con un ponte levatoio issato tra sé e il mondo ci fa sprofondare. Giova, invece, parlare a persone competenti, aprirsi, fare verità in se stessi e narrarsi ciò che si è subito per esserne temprati: Ci si può riuscire anche, se non soprattutto, da adolescenti.

Lasciamo al lettore l’ascolto delle audio storie e l’immedesimazione nelle altre 8 vicende tutte appassionanti anche perché il messaggio ci sembra inequivocabile. Due medici capaci di ascoltare sono stati l’inizio della rinascita di altrettante adolescenti, altrove saranno insegnanti o poliziotti: in ogni caso risulta vincente l’attitudine a intessere relazioni autentiche, significative, capaci di vedere nel sofferente una persona e non un semplice caso. L’auspicio è che “Cuori Connessi” cresca anche grazie alla consapevolezza che interattivamente riesce a veicolare, una consapevolezza di cui tutti e ciascuno abbiamo drammaticamente bisogno.

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