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Orazio Ruscica: l’insegnamento della religione cattolica è una risorsa per credenti e non. Intervista al segretario nazionale dello SNADIR.

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Di recente, la ripresa strumentale di una mozione parlamentare dell’aprile 2019 ha riaperto il dibattito circa l’abolizione dell’insegnamento della religione cattolica nella scuola italiana. Oltre a ciò, migliaia di docenti di religione sono preoccupati da una forma di precariato storico per nulla paragonabile a quello vissuto dai colleghi delle altre discipline. Infatti, al momento, nel nostro Paese si è svolta, nel lontano 2004, l’unica procedura concorsuale finalizzata a stabilizzare questi professionisti del sistema scolastico.
Dopo la legge “Toccafondi” e l’intesa tra la CEI e il governo italiano, pare profilarsi la possibilità di un nuovo concorso per gli insegnanti di religione che in molti, fra questi i sindacati, desiderano formulare per concedere l’entrata “in ruolo” ai docenti precari anche da venti anni. Insegnanti che quotidianamente, su mandato ecclesiale, svolgono un’azione educativa, formativa e didattica nel pieno rispetto delle finalità della scuola.
Di questi temi discutiamo con il professore Orazio Ruscica. Insegnante di religione cattolica, Ruscica è il segretario nazionale dello SNADIR, sindacato degli insegnanti di religione.


– Professore Ruscica, di recente – soprattutto sui social – si è tornati a discutere della possibilità dell’abolizione dell’insegnamento della religione cattolica. A suo parere si tratta di un’ipotesi plausibile? Il parlamento ha veramente discusso di questa possibilità?

Sono farneticazioni avanzate da chi affronta la questione dell’Irc in maniera superficiale e stereotipata. Nelle scorse settimane si è persino diffusa la notizia di una mozione parlamentare per abolire l’ora di religione. Niente di vero. L’ultima mozione presentata è quella del 16 aprile 2019 depositata dai Sen. Nencini-Bonino-Martelli-Bucarella-Rampi-Mantero-Cerno-De Petris, non ce ne sono state altre. Lo stesso Nencini sembra essere di un altro parere adesso: è stato infatti tra i firmatari degli emendamenti presentati al Decreto Sostegni relativi alla procedura straordinaria di assunzione dei docenti di religione precari con oltre 36 mesi di servizio, e, nonostante i due emendamenti proposti non abbiano purtroppo avuto esito positivo, ha assicurato allo Snadir l’impegno di farsi portavoce delle nostre richieste nelle sedi opportune.
Il parlamento non ha dunque discusso di questa possibilità. Ci sono state delle provocazioni arrivate da alcuni parlamentari, ma si è trattato di sterili esternazioni che evidenziano ancora una volta vecchi ed anacronistici pregiudizi. Chi avanza tali attacchi, probabilmente immagina un insegnamento della religione finalizzato all’indottrinamento, mentre, al contrario, l’irc oggi prevede un progetto formativo prettamente culturale, indispensabile per cogliere aspetti fondamentali della vita, dell’arte, delle tradizioni del nostro Paese, di quell’insieme di regole, precetti e valori che appartengono alla nostra coscienza collettiva, e che ci aiutano a confrontarci con altre religioni e altri sistemi di significato, così da avere una visione della complessità dell’esistenza umana.
Non è lo stesso insegnamento che veniva impartito trenta o quaranta anni fa. Oggi è proprio la dimensione culturale quella che più caratterizza l’insegnamento della religione nella scuola italiana.

– Il precariato storico riguarda migliaia di insegnanti di religione cattolica. Da anni vi battete per la stabilizzazione di questi docenti. Ad oggi qual è la situazione?

Da alcuni anni lo Stato è intervenuto sul tema del precariato della scuola con vari strumenti: tra questi ricordiamo le GAE (graduatorie ad esaurimento) e diversi concorsi aventi carattere straordinario. Strumenti che hanno riconosciuto e valorizzato le esperienze maturate sul campo dai docenti precari in anni e anni di servizio. Da questi percorsi per l’accesso al ruolo gli insegnanti di religione sono sempre stati esclusi subendo una discriminazione ingiustificabile.
Al termine dello scorso anno il Decreto Milleproroghe ha rinviato la data di pubblicazione del bando per il concorso Insegnanti Religione Cattolica al 2021. La proposta di proroga è stata avanzata dallo Snadir per permettere la riscrittura dei commi 1 e 2 dell’art.1bis della legge 159/2019 e cioè la riformulazione della tipologia del concorso da ordinario a procedura straordinaria non selettiva per coloro che hanno svolto almeno 36 mesi di servizio nell’IRC.
La conversione in legge del Decreto sostegni bis, almeno per quanto riguarda i due articoli che toccano direttamente la scuola (58 e 59), doveva servire proprio a questo: a riscrivere i commi 1 e 2 dell’art.1bis della legge 159/2019, in modo che i meccanismi di assunzione in ruolo previsti per i docenti di religione rispecchiassero quelli già adottati per tutto il personale precario abilitato della scuola, senza distinzioni e discriminazioni.
Purtroppo, abbiamo appreso con grande delusione che gli emendamenti proposti dal PD e da noi condivisi sono stati dichiarati inammissibili. A nostro avviso, a essere davvero inammissibile è il lavoro di questo governo che non fa che perpetuare un errore che si ripete da anni, ai danni di una platea di oltre 15000 docenti.
Per questi motivi, torneremo finché sarà necessario e finché non avremo risposte certe presso il Ministero dell’Istruzione per richiedere ancora una volta che venga predisposta al più presto una procedura straordinaria per l’assunzione in ruolo dei docenti precari di religione con oltre 36 mesi di servizio e che venga disposto lo scorrimento annuale delle graduatorie della predetta procedura straordinaria fino al suo completo esaurimento, attraverso la cornice normativa del Decreto sostegni bis.

– Al di là di polemiche strumentali, l’insegnamento della religione cattolica risulta un tassello fondamentale per la crescita delle nuove generazioni. Quali caratteristiche rendono così importante simile disciplina nella scuola italiana?

Con il Piano scuola, che il Ministro Bianchi ci sollecita a realizzare in questi mesi estivi, si cerca di evidenziare che la scuola non è solo formazione ma anche uno spazio di aggregazione e di crescita sociale. L’insegnamento della religione ha, da sempre, posto per sé questi obiettivi: creare spazi dove gli studenti possano confrontarsi sui grandi temi della vita in un’ottica di dialogo, di accoglienza, di cooperazione e di solidarietà. Questi valori sono pienamente dentro la nostra Costituzione e ci indicano le fondamenta sulle quali costruire la società del futuro. Sono valori presenti anche nel cristianesimo e sono un riferimento per credenti e non credenti.
Lo abbiamo ripetuto molte volte, l’insegnamento scolastico della religione trova spazio nella scuola italiana per via di un riconoscimento oggettivo da parte dello Stato, che lo considera portatore di grande forza educativa, nonché di contenuti culturali e formativi della persona, al pari delle altre discipline. Non si mette in alcun modo in discussione la laicità dello Stato, ma si tratta di offrire agli studenti gli strumenti culturali sufficienti per comprendere la realtà che li circonda, fornendo loro strumenti e contenuti e educandoli all’esercizio della libertà in una prospettiva di giustizia e di pace.

– L’insegnante di religione cattolica riceve un mandato ecclesiale ma svolge la sua professione nel rispetto delle finalità della scuola. È un insegnamento scelto dalle famiglie e proposto a tutti gli alunni siano questi credenti o meno. Possiamo parlare di una disciplina in grado di tutelare la pluralità e la laicità della nostra comunità nazionale?

L’art. 309 del Testo Unico della scuola afferma che i docenti incaricati dell’insegnamento della religione cattolica fanno parte della componente docente negli organi scolastici con gli stessi diritti e doveri degli altri docenti. Essi hanno una formazione di livello universitario e sottoscrivono con l’Amministrazione scolastica, un contratto di lavoro, annuale o a tempo indeterminato, che li vincola all’osservanza delle norme statali. Il successivo art. 310 afferma che, nel rispetto della libertà di coscienza e della responsabilità educativa dei genitori, è garantito agli alunni il diritto di scegliere se avvalersi o non avvalersi dell’insegnamento della religione cattolica. Si tratta quindi di una espressione di ampia libertà. Non c’è una omologazione degli studenti ma, al contrario, una valorizzazione del progetto di vita di ognuno. In questo si esprime la laicità dello Stato: garantire la libertà di espressione di tutti i cittadini, compresa l’espressione della dimensione religiosa.

– La tragedia della pandemia ha spinto l’Unione europea a progettare un programma di sviluppo fatto di ingenti finanziamenti e intensa progettazione. Circa il tema della scuola, quale idea di crescita ha messo in campo l’attuale governo guidato da Mario Draghi?

Uno degli obiettivi principali di questo Governo era quello di confrontarsi, in maniera più solida rispetto al passato, con la vulnerabilità e le debolezze del nostro sistema scolastico. Così non è stato.
I docenti della scuola italiana hanno dimostrato di essere capaci di dare risposte efficaci, sul piano della didattica, anche in un momento di emergenza come quello che, in parte, ancora viviamo. I docenti hanno realizzato la DAD acquisendo, in totale autonomia, competenze mai richieste prima; i docenti precari, poi, hanno messo a disposizione anche le loro personali risorse tecnologiche considerato che non usufruiscono di un bonus per l’acquisto di dispositivi elettronici. Dal governo Draghi ci saremmo aspettati qualche risposta al sovraffollamento delle classi che si riproporrà a settembre. Manca un piano di edilizia scolastica che possa far prospettare una scuola diversa anche nella strutturazione e gestione degli spazi della didattica e della socializzazione. Dovrebbe essere, di conseguenza, rivisto il rapporto alunni/docenti garantendo il necessario ampliamento di organico.

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