Senza categoria

Simbolismo: l’eclissi del confine tra umano e reale

Loading

Questa rubrica vuole porre all’attenzione dei lettori di Tuttavia la capacità della poesia e delle arti figurative di rappresentare l’immaginario delle varie epoche storiche e delle stagioni culturali che si sono succedute nel nostro Occidente a partire dal Basso Medioevo, cioè da quando si è andata costruendo la civiltà delle città e del ceto medio che in esse si è andato affermando. Abbiamo definito pittura e poesia “linguaggi dell’anima” per la loro capacità di coinvolgere in modo integrale chi ne fruisce, ovvero in modo da mobilitare, oltre alla dimensione razionale del comprendere, anche gli aspetti affettivi, emotivi e volitivi dell’esistenza.

A tale scopo saranno sottoposti quindicinalmente dei testi poetici e iconici paralleli, reinterpretati quali “oggetti culturali” per la loro capacità di esemplificare l’immaginario di un’epoca. Alla poesia e alla pittura potrà affiancarsi anche la musica, quando gli autori riterranno di proporre qualche fonte musicale, coeva oppure a noi contemporanea, capace di evocare efficacemente lo spirito dell’epoca trattata. Il parallelismo potrà anche strizzare l’occhio agli insegnanti – quali sono i due autori – che volessero istituire nessi più stringenti tra i vari linguaggi, nella convinzione che i ragazzi amano le contaminazioni e soprattutto si lasciano coinvolgere volentieri nello spazio della creatività e dell’interpretazione.


Simbolo, personificazione, sinestesia

Poesia e arti figurative testimoniano la compenetrazione di umano e naturale vagheggiata dal Simbolismo che percorre la transizione tra Ottocento e Novecento. La donna e la sera trovano una loro simbiosi ne “La sera fiesolana” di Gabriele D’Annunzio e nel “Notturno” di Gaetano Previati, opere caratterizzate da una visione onirica e sinestetica, che sfuma i contorni esistenti tra realtà e immaginazione.

Gabriele D’Annunzio: La sera fiesolana (1903)  

       Fresche le mie parole ne la sera
       ti sien come il fruscìo che fan le foglie
       del gelso ne la man di chi le coglie
       silenzioso e ancor s’attarda a l’opra lenta
5     su l’alta scala che s’annera
       contro il fusto che s’inargenta
       con le sue rame spoglie
       mentre la Luna è prossima a le soglie
       cerule e par che innanzi a sé distenda un velo
10   ove il nostro sogno giace
       e par che la campagna già si senta
       da lei sommersa nel notturno gelo
       e da lei beva la sperata pace
       senza vederla.

15   Laudata sii pel tuo viso di perla,
       o Sera, e pe’ tuoi grandi umidi occhi ove si              

       tace  l’acqua del cielo!

       Dolci le mie parole ne la sera
       ti sien come la pioggia che bruiva
20   tepida e fuggitiva,
       commiato lacrimoso de la primavera,
       su i gelsi e su gli olmi e su le viti
       e su i pini dai novelli rosei diti
       che giocano con l’aura che si perde,
25   e su ’l grano che non è biondo ancora
       e non è verde,
       e su ’l fieno che già patì la falce
       e trascolora,
       e su gli olivi, su i fratelli olivi
30   che fan di santità pallidi i clivi
       e sorridenti.

      Laudata sii per le tue vesti aulenti,
       o Sera, e pel cinto che ti cinge come il salce
       il fien che odora!

35   Io ti dirò verso quali reami
       d’amor ci chiami il fiume, le cui fonti
       eterne a l’ombra de gli antichi rami
       parlano nel mistero sacro dei monti;
       e ti dirò per qual segreto
40   le colline su i limpidi orizzonti
       s’incùrvino come labbra che un divieto
       chiuda, e perché la volontà di dire
       le faccia belle
       oltre ogni uman desire
45   e nel silenzio lor sempre novelle
       consolatrici, sì che pare
       che ogni sera l’anima le possa amare
       d’amor più forte.

       Laudata sii per la tua pura morte,
50   o Sera, e per l’attesa che in te fa palpitare
       le prime stelle!

Nella raccolta poetica più celebre di D’Annunzio, Alcyone (1903), questa poesia è posta per prima. Il lettore è sfidato nella sua capacità di dismettere attese logico-narrative, o descrittive, a favore di un vero e proprio abbandono alla pura evocazione di immagini in cui l’umano e il non umano – come si vede anche ne La pioggia nel pineto – risultano inscindibili, al punto da far parlare di antropomorfizzazione della natura.

Tre strofe sono intervallate da altrettanti intermezzi in cui risuona il francescano Laudata sii che orienta la lettura nella direzione di una spiritualità pagana, caratterizzata da purezza e innocenza. Sembra che la campagna evocata dal testo, che sappiamo da altre fonti essere la campagna fiesolana, traesse ispirazione dalla campagna umbra dei dintorni di Assisi.

Il poeta parla ad un “tu”, che sappiamo essere l’amata Eleonora Duse, promettendole all’inizio di ciascuna strofa di donarle parole il cui contenuto tuttavia resterà misterioso, proprio come il mistero sacro dei monti in cui parlano le sorgenti dei fiumi nella terza strofa. Mistero è forse la parola che ci consente di entrare nel testo con l’attitudine a lasciarsi avvolgere dall’atmosfera poetica che coinvolge tutti i sensi, cominciando proprio da quel fruscio di foglie provocato da un contadino che lentamente raccoglie gelsi quando sta per profilarsi il chiarore lunare. Lo stesso mistero per il quale l’intera campagna anela ad una pace che risponde ad una speranza. E tutto questo vuol essere apportatore di freschezza, quella che il poeta augura alle parole che sta sussurrando alla sua donna nel silenzio di questa sera preestiva. Una sera che assume le sembianze di una donna dal viso di perla e dagli occhi umidi.

Misterioso ma affascinante è anche il gioco musicale della seconda strofa, che vede la pioggia appena caduta giocare con gli alberi, con il grano e con gli olivi, che emergono quali veri e propri compagni gioiosi di un gioco che spande il suo sorriso in tutto il paesaggio, e tutto questo vuole essere dolce, proprio come le parole che il poeta sussurra alla sua donna nel profumo di questa sera impregnata degli odori di tutta la campagna bagnata dalla pioggia.

Le parole del poeta non contengono un messaggio vero e proprio, o forse ne contengono uno capace di trascendere ogni concreto messaggio, perché il sussurrare del poeta è un invito ad ascoltare, a vedere, ad odorare, e la terza strofa per la prima volta introduce l’amore quale orizzonte della parola annunciata ma non pronunciata dal poeta, bensì dalle sorgenti del fiume, che parlano nel mistero sacro dei monti, all’ombra degli antichi rami.

Nessuno sa cosa possano dire le sorgenti o cosa vorrebbero dire le colline, che appaiono come labbra desiderose di dir qualcosa, ma inibite al punto da risultare ancora più belle oltre ogni desiderio umano possibile, e l’effetto di questa bellezza avvolge i due poeti di consolazione e di amore: al punto da sembrare che ogni sera l’anima possa amarle di amore più forte.

Tutto è mistero, come è mistero la morte simbolica della sera che fa spazio alla notte, col suo palpito di stelle, e i due amanti, la cui anima è attraversata dal mistero di una natura palpitante, hanno forse detto ogni cosa senza dirsi nulla.

Dal web: La lettura magistrale di Vittorio Gassman

Il simbolismo onirico di Gaetano Previati

Gaetano Previati, Notturno (Il silenzio), 1908, Fondazione il Vittoriale degli Italiani

Il corrispondente di Gabriele D’Annunzio, in pittura, è senza dubbio Gaetano Previati, artista dalla capacità di oltrepassare la pittura per rappresentare sensazioni e stati d’animo. Come giustamente osserva Vittorio Sgarbi, uno con la pittura e uno con la poesia trasformano la parola e il colore in musica. Appartiene a quel gruppo di pittori italiani che applicarono la filosofia del Simbolismo, ovvero i Divisionisti come Giovanni Segantini, Angelo Morbelli, Giulio Aristide Sartorio, Vittore Grubicy de Dragon, Adolfo de Carolis e Medardo Rosso. Questi pittori fecero entrare la pittura nazionale nella modernità, attraverso l’idea wagneriana della sinestesia, che poco prima in Germania aveva rinnovato il teatro secondo il concetto di Gesamtkunstwerk, cioè “opera d’arte totale”.

Il termine Simbolismo individua un movimento ampio, caratterizzato da una visione comune dell’arte e della vita, che contrappone l’idea alla realtà, la fantasia alla scienza, il sogno alla grettezza esistenziale, e che affonda le proprie radici nel terreno romantico, ponendo al centro l’interpretazione soggettiva, coinvolgendo  letteratura, poesia, arti figurative e influenzando anche il costume. 

Anche Previati, come l’amico D’Annunzio, era un borghese anticonvenzionale. Sebbene poco noto e valorizzato, è invece protagonista a Ferrara, prima capitale del mondo dell’arte del ‘900, in quanto con la sua ricerca artistica balza dal Simbolismo ottocentesco al Futurismo, incarnando il passaggio dalla figurazione all’astrazione. Proprio per tali ragioni è riconosciuto come un precursore da De Chirico e Boccioni. Lo stesso D’Annunzio, intenditore di pittura e anch’egli pittore, volle avere i suoi dipinti per il Vittoriale. Infatti conosceva il valore di Previati, al punto da definirlo “Il grande artista della Via Crucis”, opera conservata presso i Musei Vaticani e non visibile al pubblico, con la quale rivoluzionò i tradizionali temi iconografici religiosi.

Uno dei temi dei simbolisti italiani fu la donna come personificazione di aspetti misteriosi della vita. Nel caso del nostro testo poetico la sera è personificata quale donna.

Anche opere di Previati come “Notturno” (o “il Silenzio”), che vediamo in figura, “Armonia” (o “Sinfonia”) o “La danza delle Ore”, sono personificazioni femminili sinuose, fluttuanti, legate tra loro e rese vibranti dalla tecnica divisionista a filamenti. Un’opera in particolare assonanza con il testo poetico per l’intimità e il raccoglimento è “Notturno”, che rappresenta la visione onirica di due donne, una con il capo reclinato sulle braccia conserte che si abbandona al riposo, l’altra con gli occhi chiusi che poggia il mento sulla mano e alza il viso verso un il cielo come godendo del silenzio e di un profumo nell’aria. Tutto è avvolto da un tenue bagliore luminoso che rivela la presenza della luna riflessa sui volti e sulle vesti in un’atmosfera di celestiale tranquillità. Le vesti fluttuanti tra le pieghe perdono la loro fisicità e si trasformano in qualcosa di viscoso attraverso l’accostamento di fili di colore che accompagnano l’andamento sinuoso delle donne. Il colore dominante è il blu, che si allunga elasticamente in tutte le sue gradazioni. I tocchi filamentosi movimentano sensazioni quasi con una intonazione musicale favorita dalla tecnica divisionista che scompone il colore in linee energetiche che magnetizzano dentro l’opera e che contemporaneamente creano una luce pulviscolare simile a polveri di metalli preziosi. Ciò avviene in una visione unitaria dell’immagine, non ancora frammentata e poi risintetizzata in una visione simultanea deformata, come avverrà presto nel Futurismo e nel Cubismo.

 

IN MUSICA: La sera dei miracoli di Lucio Dalla  

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *