Senza categoria

“Qui contra spem in spem credidit”: la speranza nella notte – Lectio Divina su Mc 9, 2-10

Loading

Il Vangelo: Mc 9, 2-10

2Sei giorni dopo, Gesù prese con sé Pietro, Giacomo e Giovanni e li condusse su un alto monte, in disparte, loro soli. Fu trasfigurato davanti a loro 3e le sue vesti divennero splendenti, bianchissime: nessun lavandaio sulla terra potrebbe renderle così bianche. 4E apparve loro Elia con Mosè e conversavano con Gesù. 5Prendendo la parola, Pietro disse a Gesù: «Rabbì, è bello per noi essere qui; facciamo tre capanne, una per te, una per Mosè e una per Elia». 6Non sapeva infatti che cosa dire, perché erano spaventati. 7Venne una nube che li coprì con la sua ombra e dalla nube uscì una voce: «Questi è il Figlio mio, l’amato: ascoltatelo!». 8E improvvisamente, guardandosi attorno, non videro più nessuno, se non Gesù solo, con loro.
9Mentre scendevano dal monte, ordinò loro di non raccontare ad alcuno ciò che avevano visto, se non dopo che il Figlio dell’uomo fosse risorto dai morti. 10Ed essi tennero fra loro la cosa, chiedendosi che cosa volesse dire risorgere dai morti.

La notte della speranza

La liturgia di questa seconda domenica di Quaresima entra nella profondità di questo nostro tempo, segnato da un’inquietudine profonda e una grande stanchezza, dove anche la speranza sembra venir meno con il crescere della paura. E proprio le letture di oggi ci chiamano a confrontarci con questa notte della speranza, senza finzioni né fughe nell’aldilà, piuttosto nella consapevolezza che occorre cercare la sapienza di Dio dentro la notte dell’uomo.

La prova di Abramo

Nella prima lettura, tratta dal libro della Genesi, ci viene presentato uno dei testi più affascinanti e suggestivi della Scrittura, un testo drammatico che ci narra come “Dio mise alla prova Abramo” (Gn 22,1). Tutta la vita di Abramo è in realtà una prova: lasciare il proprio paese e con esso ogni sicurezza per andare verso una terra sconosciuta, la sterilità di Sara, la promessa di una discendenza al tramonto della vita, l’attesa… Eppure la risposta di Abramo è sempre la stessa, credere “sperando contro ogni speranza” (Rm 4,18).

Ad attendere il vecchio Abramo una prova ancora più dura: Dio, il suo Dio, colui il quale, in una notte splendente gli aveva promesso una discendenza numerosa come le stelle del cielo, lo conduce ora in una notte oscura e tenebrosa, verso la prova più terribile: la richiesta del sacrificio di Isacco, il suo unico figlio.

Se abbandonando la terra di Ur dei Caldei Abramo aveva rinunciato al proprio passato, ora con l’immolazione di Isacco gli viene chiesto il sacrificio del futuro, della speranza.

Come ogni credente, quando ogni promessa sembra andare in frantumi e Dio sembra tacere, Abramo sperimenta il momento della delusione più cocente, ma non grida, non piange, si lascia invece condurre da Dio.

Abramo ha fede e si addentra nella notte che gli sta davanti, dando credito alla promessa perfino quando viene smentita dai fatti, dando fiducia a Dio anche se tutto sembra contraddittorio e inaffidabile. Alla fine del racconto, attraverso il gioco del verbo ebraico ra’ah/vedere, viene reso evidente come, nella fede, l’uomo possa incontrare Dio anche nella notte, perché è Dio stesso che nella notte si mostra e si fa trovare.

Trasfigurare i nostri momenti di ‘morte’

Il racconto della trasfigurazione approfondisce ulteriormente il motivo della notte e della luce della fede nel cammino di Cristo e dei credenti.

La pericope precedente aveva mostrato come la sequela del Figlio dell’uomo era contrassegnata dallo scandalo della croce (cfr. Mc 8,34): con la trasfigurazione Cristo ci mostra che Dio può trasformare la morte in vita, trasfigurando anche la nostra croce.

La croce di Cristo e conseguentemente anche le nostre, non sono una condanna ineluttabile, ma la manifestazione di una sapienza che è capace di trasformare il non senso della storia umana in cammino di vita.

Così Mosè ed Elia, non sono da considerare solo come simboli della legge e dei profeti, ma sono uomini che hanno visto la loro vita segnata da grandi sofferenze e persecuzioni e possono testimoniare la presenza di Dio salvatore nel destino di morte che gli uomini hanno inferto ai profeti.

Il Dio della Vita è presente anche nelle nostre notti

Dio nella storia d’Israele non ha abbandonato i profeti ed anche adesso continua a rendersi presente nel destino di sofferenza del suo Figlio e dei discepoli liberandoli dalla morte. Come nella notte della creazione, nella notte di Abramo e nella notte di Mosè in Egitto, Dio continua a mostrarsi come il Dio della vita, perché non solo la notte luminosa, ma anche la notte oscura dell’abbandono e del dubbio è una notte abitata dalla sua presenza. Proprio quando pensiamo di essere ormai soli e disperati, schiacciati dalla sofferenza, proprio allora Dio si offre come consolazione e soccorso. La trasfigurazione della notte di Abramo in cammino verso il monte Moria e quella della notte di Gesù sulla strada per Gerusalemme, ci mostrano che la speranza raggiunge l’uomo sulla strada in cui egli si trova, nella situazione che gli è data in sorte. A noi la scelta di seguirlo “sperando contro ogni speranza”.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *