Squarci Letterari – il Proemio del Decameron: la compassione, l’arsura del desiderio, la condizione femminile.

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Umana cosa è aver compassione degli afflitti: e come che a ciascuna persona stea bene, a coloro è massimamente richiesto li quali già hanno di conforto avuto mestiere e hannol trovato in alcuni; fra quali, se alcuno mai n’ebbe bisogno o gli fu caro o già ne ricevette piacere, io sono uno di quegli. Per ciò che, dalla mia prima giovinezza infino a questo tempo oltre modo essendo acceso stato d’altissimo e nobile amore, forse più assai che alla mia bassa condizione non parrebbe, narrandolo, si richiedesse; quantunque appo coloro che discreti erano e alla cui notizia pervenne io ne fossi lodato e da molto più reputato, nondimeno mi fu egli di grandissima fatica a sofferire, certo non per crudeltà della donna amata, ma per sopperchio fuoco nella mente concetto da poco regolato appetito: il quale, per ciò che a niuno convenevole termine mi lasciava un tempo stare, più di noia che bisogno non m’era spesse volte sentir mi facea. Nella qual noia tanto rifrigerio già mi porsero i piacevoli ragionamenti d’alcuno amico le sue laudevoli consolazioni, che io porto fermissima oppinione per quelle essere avvenuto che io non sia morto.

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È importante in classe soffermarsi sugli incipit delle opere letterarie che si studiano, perché essi finiscono per rivelarsi preziose chiavi di lettura di tutto il progetto messo in campo dall’autore. Nel caso di Giovanni Boccaccio e del suo capolavoro narrativo, il Proemio rappresenta la possibilità di scrutare non solo l’immaginario dell’autore, ma anche la sua poetica ovvero il ruolo che egli assegna alla sua opera nel rapporto che essa è in grado di instaurare con il lettore contemporaneo e con ogni lettore.

Sul piano tematico il contenuto del Proemio è semplice. Chi è afflitto ha bisogno della compassione degli altri: Umana cosa è aver compassione degli afflitti. È l’approccio laico di Boccaccio alla relazione umana. Egli stesso ha fatto esperienza di questa compassione. Preda di un innamoramento implacabile (a prova di “proponimento”, “consiglio” e “vergogna”), ha beneficiato della compassione degli amici, ed oggi sente il desiderio di esprimere la doverosa gratitudine non tanto verso gli amici stessi, che non hanno certo bisogno dei suoi doni, quanto verso la vita che glieli ha posti davanti nel momento peggiore. Pertanto egli decide di dedicare il suo capolavoro a chi è afflitto, ed individua nelle donne le destinatarie privilegiate del suo dono. La condizione femminile al tempo di Boccaccio infatti è alquanto derelitta, e l’autore vede nella lettura e nella letteratura la possibilità, per esse, di evadere dalla tristezza quotidiana. Facendo questo lo scrittore fiorentino pensa di correggere il cosiddetto peccato della Fortuna, che ha tolto a chi meno aveva e dato a chi più aveva. Il Decameron nasce con questo intento riparatore.

Che eloquenza può avere per i nostri ragazzi l’interpretazione di un simile testo?

Intanto, come nei testi precedenti di questa rubrica, torna a fare capolino il tema dell’amore umano. Val la pena soffermarsi sul modo in cui Boccaccio, in modo fulmineo, descrive l’esperienza dell’innamoramento: sopperchio fuoco nella mente concetto da poco regolato appetito. È un passaggio ricco di spunti perché istituisce un rapporto tra l’appetito (il desiderio) e la mente, che ai ragazzi può dare motivo di riflessione. Quando il desiderio – la lussuria dantesca – è “poco regolato”, la mente si infiamma. In che cosa consiste la “regola” a cui Boccaccio può riferirsi? E perché la mente è capace di infiammarsi? Che rapporto si instaura tra i desideri e la mente? È un tema antichissimo della riflessione umana, già affrontato nei primi secoli del cristianesimo dai Padri del deserto orientali nella loro elaborazione sulle tentazioni umane (si pensi a Isacco il Siro o Evagrio Pontico). L’oggetto del desiderio trova un varco nella mente, e la mente, che gli dà spazio attraverso la sua immaginazione, è capace di infiammarsi. L’amore qui è individuato come “fatica” e sofferenza, ma quando l’esperienza si conclude non viene petrarchescamente rinnegata, perché lascia un certo piacere nella memoria di chi l’ha provata: dilettevole il sento esser rimaso.

Specularmente, anche le donne immaginate da Boccaccio, “temendo e vergognando” (il tema petrarchesco della vergogna torna anche qui), sono preda delle “amorose fiamme” e del “focoso disio”, ma devono tenere tutto nascosto. Sono condannate all’invisibilità. Nel tempo attuale in cui tutto è esplicitato e visibile, i ragazzi leggono che queste donne devono stare “racchiuse” nelle loro camere oppresse dalla malinconia, a fronte degli uomini innamorati che invece possono “alleggiare” la loro malinconia o “gravezza di pensieri” in tanti modi, perché dispongono della libertà di muoversi, di lavorare, di divertirsi. Questa differenza rappresenta il peccato della Fortuna che Boccaccio intende “ammendare”. Le donne soffrono per amore e non hanno come distrarsi o consolarsi. Gli uomini invece sì. Superfluo constatare che di donne maritate e di uomini ammogliati qui si parla, e che gli innamoramenti cui si fa cenno stanno, com’è noto, al di fuori del perimetro coniugale. Stiamo pertanto all’interno della linea cortese, stilnovistica, dantesca e petrarchesca, per la quale l’eros e l’ethos viaggiano in parallelo. La mente non può che tornare ai dannati-assolti Paolo e Francesca.

Quali saranno i “nuovi ragionamenti” capaci di rimuovere la “noia” delle donne? Quelli suscitati dalla lettura, e dalla lettura di racconti capaci non solo di dilettare, ma anche di dare “utile consiglio”. Viene qui evidenziata la funzione catartica della lettura, che permette alla mente oppressa di librarsi nei cieli della fantasia, dell’immaginazione ma anche della meditazione sui casi umani. Il Decameron vuole essere questo, possibilità di riscatto dal dolore e di ricomposizione di un ordine. I giovani novellatori scampati alla peste ricostituiscono il kosmos distrutto dal caos del contagio, e le donne afflitte dalla storia presente possono trovare tra le pagine dello scrittore fiorentino la possibilità di viaggiare con la mente attraverso mondi nuovi ed inesplorati. Potenza della lettura in ogni tempo.


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