Si avvicina l’apertura de “L’anno della fede” nel 50.mo anniversario del Vaticano II, che inizia anche con l’assemblea del Sinodo sulla nuova evangelizzazione, e su un altro piano, ma serve a completare il quadro delle attuali circostanze, pare che sia giunta ad una fase decisiva, negativa quanto all’esito, la vicenda complessa del tentativo di riconciliazione tra la Santa Sede e la Fraternità di San Pio X – i cosiddetti “lefebvriani” – che in realtà anche all’interno della Curia hanno avuto ed hanno legami e simpatie più o meno nascosti.
La fermezza costante di Papa Benedetto, che ha resistito per anni ai tentativi, anche interni alla stessa Commissione istituita per affrontare il problema, di ammorbidire le posizioni sconfessando in pratica punti importanti del magistero conciliare, una fermezza ora espressa con chiarezza anche dal “nuovo” Prefetto della Fede, mons. Mueller, sembra destinata alla presa d’atto di una frattura che fino ad una piena accoglienza del magistero non solo pastorale, ma anche dottrinale del Vaticano II, mantiene i seguaci di Lefebvre in uno stato di “non comunione” con la Chiesa cattolica. Va ricordato che per dichiarazioni formali della Santa Sede tutti gli atti sacramentali dei lefebvriani sono da considerarsi illeciti, anche quando sono dal punto di vista sostanziale sacramentalmente validi. L’affermazione ha un peso decisivo, e importa una rottura voluta e riaffermata ad ogni atto: un vero “scisma”…
Del resto Benedetto XVI da sempre è stato un uomo del Concilio Vaticano II: anche ai tempi della sua gioventù, quando come perito fu a Roma al seguito del cardinale Frings, noto come “progressista” e ritenuto in ambienti curiali un pericoloso “ultramontanus”, la sua posizione è sempre stata quella di un “riformista”, mai di un “rivoluzionario”. E il Concilio in sostanza è stato la proposta di una “riforma” della Chiesa come istituzione storica, “in capite et in membris”, cioè dal Papa all’ultimo catecumeno, una “riforma” che, con il “balzo in avanti” evocato dal Beato Giovanni XXIII, nell’identità essenziale della fede portasse nuova luce sulla comprensione del modo di presentarla e tradurla, senza tradimenti, all’uomo del III millennio in arrivo. I dettami conciliari hanno contenuti veramente “riformatori”, e come tali per certi aspetti davvero nuovi: la natura della Chiesa come Popolo di Dio chiamato a salvezza, la valorizzazione della Parola di Dio da offrire a tutti e la cui comprensione “cresce” nella storia della Chiesa stessa, la realtà della collegialità episcopale in unione con il ministero di Pietro, l’importanza del sacerdozio regale di tutto il Popolo di Dio che non è in concorrenza con il ministero espresso nel sacramento dell’Ordine Sacro (preti, vescovi, Papa), l’affermazione della libertà di coscienza, la promozione dell’ecumenismo, la sconfessione di ogni antisemitismo e di ogni utilizzazione della fede come strumento di potere e di opposizione al prossimo, il riconoscimento dei “semi” di verità contenuti all’interno delle grandi religioni storiche, la vocazione universale alla salvezza e persino alla Santità, nel misterioso piano di Dio in Gesù Cristo morto e risorto “per tutti”, unico Salvatore dell’umanità tutta… Questa la sostanza del Concilio che da Paolo VI in poi è quello riconosciuto e difeso da ogni equivoco…
Forse oggi in Curia saranno parecchi i “delusi”, più o meno illustri, che avrebbero voluto una riammissione dei lefebvriani, nostalgici di una Chiesa strutturata dagli uomini nel corso dei secoli come “società perfetta”, non solo distinta, ma separata dalla storia e dalla modernità, al essa anzi opposta, poiché ha già concentrato nei secoli trascorsi “la verità” della Rivelazione in affermazioni teoriche, di cui si sente arbitra esclusiva senza distinzioni di gradi e di estensione di certe pretese anche mondane, e troppo spesso non ha curato e non cura che alla fede proclamata e ostentata si accompagni sempre la carità. Ecco dunque i richiami a formulazioni come tali intoccabili, anche quando non si tratta di verità di fede. Come esempio massimo di questo fraintendimento penso a vari libri di autore noto in cui i criteri per definire la fede cattolica come tale vengono desunti, nel 2010 e per sempre, dalle opere di…Melchiorre Cano, teologo di quattro secoli orsono, e che sulla base di questo pregiudizio ha potuto descrivere il Concilio intero come un gigantesco “imbroglio” ordito da una minoranza di traditori della fede, questa identificata in tutto e per tutto con le proprie concezioni di Chiesa, teologia, e anche storia…
Concilio riformatore, non rivoluzionario: questo è dunque il Concilio nella mente di Papa Benedetto e di coloro che l’hanno preso e lo prendono sul serio, con la consapevolezza che esso come tale è stato “la più grande grazia” che Dio ha offerto alla Chiesa nel secolo XX”.
A questa visione della fede e del Concilio si oppongono, fino ad oggi, anche dentro e ai limiti dei confini visibili della Chiesa, due diverse visioni. La prima definisce il Concilio come traditore della fede, ed è appunto quella che può identificarsi con la tendenza lefebvriana, più o meno esplicita, spesso mascherata da estetismo liturgico e volontà di recupero di riti e lingue antiche, come se nella forma apparente di essi fosse la sostanza della celebrazione del mistero di Cristo, salvezza del mondo. La seconda visione è di coloro che sostengono che il Concilio è stato tradito dalla Chiesa identificata da loro nelle esitazioni di Paolo VI negli anni dal 1968 in poi, e soprattutto dalle “restaurazioni” dei suoi due ultimi successori, Giovanni Paolo II e Benedetto XVI.
Con questa premessa vorrei far notare che di recente è quasi scivolato via senza che qualcuno vi abbia dato importanza un evento che dovrebbe aver avuto, e dovrebbe avere, un grande valore per il futuro, a cominciare dal presente.
Durante lo “Schuelerkreiss”, l’incontro estivo del Papa con un gruppo illustre dei suoi ex alunni e discepoli raccolti con Lui a Castelgandolfo, si è parlato di una “purificazione della memoria” nei rapporti reciproci di cattolici ed evangelici. Si tratterebbe di una reciproca richiesta di perdono per certe durezze e ostilità che nel corso dei secoli, dal 1517 in poi, hanno avuto luogo tra cattolici e protestanti. Lo stesso Benedetto XVI a Erfurt, qualche mese fa, aveva dato un forte colpo di timone parlando con ammirazione dell’esempio di intensità della “fede” di Martin Lutero…E subito non sono mancate, e non mancano, in pagina e in rete – soprattutto in rete – le accuse di “tradimento” al Papa, definito “sempre uguale” al pericoloso teologo “ultramontano” che con fondamento si dice abbia scritto la traccia dei testi più agguerriti del cardinale Frings, tra cui quello famoso che in Aula determinò il rigetto, approvato anche da parte di Papa Giovanni, dello schema preparatorio sulle “fonti della rivelazione”, in cui il rischio di dare alla “tradizione”, anche umana e storicamente determinata da circostanze speciali, un ruolo di alternativa alla Parola di Dio…Fu lì il segno primo della futura evoluzione del Concilio intero: in pratica tutti gli schemi preparati dalla Curia dovettero essere ridiscussi.
Ebbene: alla meraviglia e allo scandalo di chi ritiene che non si debba neppure chiedere reciprocamente scusa con i “fratelli separati” della Riforma, perché sarebbe ammettere che non tutte le ragioni erano con Roma, e che a Roma e dintorni c’era sul serio qualche motivo di “riforma”, sarebbe stato opportuno replicare con un argomento di fatto, che nessuno a mia conoscenza ha portato. Eccolo: l’ultimo atto formale del Vaticano II, dopo l’approvazione finale dei testi dei decreti conciliari, datato appunto 7 dicembre 1965, è costituito da una “dichiarazione comune” della Chiesa Cattolica e di quelle Ortodosse di rammarico e di revoca delle scomuniche risalenti al 1054, seguita da un “Breve”, cioè una lettera di Paolo VI, “Ambulate in dilectione” (Camminate nell’amore) esplicitamente scritta “a futura memoria”, e da un “tomos” (testo solenne) di Atenagora I, patriarca di Costantinopoli sottoscritto anche da altri 7 vescovi ortodossi. In questi documenti solenni si legge la “gioia” – ripetuta più volte – di una fraternità recuperata e da recuperare ancora più pienamente…Un impegno che dà sostanza a tutto lo sforzo ecumenico di questi 50 anni dall’inizio del Concilio…Molto di più, mi pare, della “purificazione della memoria” proposta dopo l’incontro del Papa con i suoi discepoli di un tempo! Ebbene: quasi a confermare che la durezza dei partigiani di Lefebvre e del rifiuto del Concilio come tale non è mai cessata, a questo annuncio di “purificazione”, e alla pura ipotesi che nel 2017, 500.mo anniversario della “rottura” di Lutero, potesse darsi qualche atto di reciproco perdono ha fatto seguito in rete (5 settembre) e anche in qualche “foglio” ecclesiastico più o meno pubblico, la reiterazione delle accuse non solo al Concilio, ma personalmente a Benedetto XVI. Così: “Il modernismo ratzingeriano nega il principio di non contraddizione, pertanto verità ed errore possono convivere serenamente, trovando la formula dialettica per un apparente quieto vivere, che Benedetto XVI chiama “purificazione della memoria”. L’evoluzione del dogma (altro concetto modernista) non è altro che la sua reinterpretazione storicistica. In realtà si confermano – (ovviamente da parte del Papa, Ndr) – i nemici della Chiesa nelle loro false credenze e si favorisce l’infiltrazione e la diffusione delle loro false credenze”.
Non si potrebbe dare migliore dimostrazione che il Concilio, nella visione di questo Papa è davvero ancora un patrimonio da mettere in pratica, un dono di grazia da valorizzare – Sinodo e Anno della Fede, Cortile dei Gentili e continui richiami del Papa e di tanti vescovi, ecc. – che ancora oggi richiede quel cammino, quel “balzo in avanti” di cui parlava 50 anni orsono quel grande uomo di nome Giovanni che lo Spirito Santo ha concesso alla Chiesa e al mondo.
E allora? Allora punto per punto varrà la pena di vedere, qui su “V. I.” quanto nella lettera e nello spirito del Concilio, riformatore e non rivoluzionario, è ancora “davanti a noi”. Varrà la pena di tornarci su in questi giorni, e in tutto “l’anno della fede”…
Gianni Gennari
dal sito Vatican Insider
http://vaticaninsider.lastampa.it/homepage/documenti/dettaglio-articolo/articolo/concilio-18710/
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