Dicono che non sia stato in Sicilia, bensì a Torbole, sul lago di Garda, che a Goethe eruppero dall’anima i versi famosi: «Conosci tu la terra dove fioriscono i limoni (…) dove una mite brezza spira dal cielo luminoso?». Il mattino di lunedì 11 febbraio, pensavo un po’ ironico a Goethe – e a qualche talebano del «riscaldamento globale» -, guardando dalla finestra del mio studio, nella millenaria abbazia benedettina, la neve che scendeva sugli olivi, i cipressi, gli allori. Quello non era – per la Chiesa intera, tanto meno per me – un giorno come gli altri: la liturgia ricordava la prima apparizione della Vergine Immacolata, a Lourdes, a una piccola, miserabile analfabeta, figlia di un mugnaio fallito che aveva conosciuto anche la prigione. Il Dio del Vangelo frequenta volentieri i poveri, gli ignoranti, i disprezzati. Pregustavo la giornata tenuta sgombra da ogni impegno esterno, mi godevo la prospettiva della solitudine, fasciata per giunta dal silenzio del manto nevoso ormai alto. Contavo, infatti, di continuare – guarda caso – la stesura di un secondo libro su Lourdes, dopo quello su Bernadette pubblicato pochi mesi fa. Quale giornata più propizia di un 11 febbraio?
A un tratto, ecco il telefono portatile, il solo legame con il mondo che abbia ammesso nell’abbazia. Era mia moglie, sconcertata: «Sullo schermo tv è apparsa una scritta, dice che il Papa ha annunciato le dimissioni!». Lo confesso: sulle prime pensai alla goliardata di hacker che si fossero inseriti sulle frequenze televisive. Non ero solo nel dubitare: in quegli stessi momenti, nei cinque continenti, 117 cardinali, compresi i più vicini a Benedetto XVI, erano increduli davanti alla prospettiva di dover presto partecipare a un Conclave. Chiusi la chiamata, chiedendo ovviamente di informarmi in caso di improbabile conferma. Ma non ne ebbi bisogno: il cellulare cominciò a suonare e non cessò per un paio di giorni e di notti; quando (con fatica, la neve continuava a cadere) raggiunsi la casa, al trillo del portatile si aggiunse lo squillo incessante della linea fissa e il computer cominciò a scaricare senza sosta messaggi dal mondo intero che chiedevano interviste, interventi, articoli al cronista di cui era nota la lunga vicinanza a Joseph Ratzinger e la conoscenza, solidale, del suo pensiero.
Perché raccontare questo? Perché un cedimento alla testimonianza personale? Ma perché io stesso fui colpito dall’immediato, travolgente, planetario tsunami mediatico provocato da poche parole in latino lette a sorpresa, a voce bassa, quasi fossero di routine, da un vecchio, circondato da altri vecchi, in una ancor più vecchia e inaccessibile Sala vaticana. Un ciclone che raggiunse all’istante tutti; e me pure, isolato tra la neve in un angolo di provincia, sconvolgendomi ogni programma. Cliccando, nell’elenco dei «preferiti», sul sito delle maggiori testate del mondo, constatavo lo straordinario rilievo dato al Pope resigning from his charge , modulato in ogni lingua. È in casi come questi che si manifesta un paradosso singolare: alla diminuzione progressiva, in atto da decenni, del numero dei praticanti cattolici (almeno in Occidente) e della influenza sociale, morale, politica della Chiesa romana, sembra corrispondere un aumento dell’interesse per essa, per le sue vicende, per il suo Pontefice. Alla pari dei grandi media internazionali, anche le nuove testate nate sul web non rinunciano a un «vaticanista» o, almeno, a qualche esperto non tanto in questioni religiose ma, specificamente, cattoliche. Avrebbero avuto il successo che sappiamo i romanzetti di Dan Brown e dei suoi ormai infiniti imitatori se non avessero come sfondo la Chiesa, proprio quella che ha il suo centro in Vaticano? Una Chiesa, per giunta, non come residuato archeologico, come pittoresco set storico, sul tipo dell’abbazia di Umberto Eco, ma ben viva, presente, intrigante. Magari imbrogliona o, addirittura, assassina: ma, anche per questo, pericolosa perché ancora potente. L’immagine, anche se così spesso deformata, della Catholica et Apostolica affascina o inquieta l’immaginario dell’umanità. E il suo Capo in veste bianca è la sola autorità morale ascoltata ovunque e comunque: per accettare o per rifiutare, per amare o per detestare.
Vittorio Messori 17 febbraio 2013
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