R. Gumina (a cura di), Scrutare la crisi per uscirne migliori. Quindi interviste sulla pandemia, Centro Studi Cammarata-Edizioni Lussografica, San Cataldo-Caltanissetta 2020
Vi sono libri che dicono quello che fanno e vi sono, poi, libri che non si limitano solo a questo, ma vanno oltre nella direzione di fare quello che dicono. Il libro curato da Rocco Gumina, docente di Religione Cattolica nelle scuole statali del territorio diocesano di Palermo e autore e collaboratore in varie riviste teologiche e periodici vari, impegnato nella riflessione cristiana nel campo della politica e della dottrina sociale della Chiesa da diversi anni, rientra nel novero di questo genere ultimo di libri. Il testo, che raccoglie una serie di interviste fatte a diverse personalità del mondo della cultura e delle pratiche sociali, non solo dice quello che fa ovvero vuole mettere insieme una serie di riflessioni che si muovono dal contesto della emergenza pandemica in atto, ma anche si ripropone di fare quello che dice ovvero operare un tentativo, direi lodevole, di scrutare nelle pieghe della crisi sanitaria i segni di una vera e propria interrogazione a tutto tondo sul livello di umanità delle relazioni che costituiscono il modo di vivere oggi.
Il lavoro, infatti, che il lettore si trova tra le mani raccoglie un fascio di riflessioni a-sistematiche, contingenti ed estemporanee, che, tuttavia rielaborano in forma unitaria il valore della dinamica di una crisi che diventa giudizio. L’inanellamento delle varie risposte dei vari intervistati – filosofi, psicoterapeuti, professori universitari, storici, sindacalisti, uomini del mondo della scuola – conducono sia oltre il semplice riordino cronachististico dei fatti sia attraverso il rilancio di domande capitali per il futuro che si spera di vivere dopo la pandemia. Ne risulta un discorso incredibilmente univoco e unanime nelle intenzioni sebbene polivoco e plurale nelle forme del dire degli interpellati i quali non ribadiscono ripetitivamente che le cose non vanno, ma evadono dalle mura del semplice costrutto semantico di una catastrofe in atto.
Altrimenti detto, a primo acchito, non c’è dubbio che il testo-intervista si guadagna un posto nello scaffale del libri di attualità, ma tramite la stessa attualità che affronta tratta temi permanenti in atto: mostra come da un problema particolare si può non smarrire ciò che più conta, che è quello di fare il punto su come siamo stati umani, sul grado di umanità che il mondo ha finora raggiunto, e lo fa attraverso le risonanze degli intervistati che di fronte alla crisi tentano una lettura dei segni dei tempi. Dunque, non tanto e non solo un testo sulla pandemia ma un testo dalla pandemia grazie al quale il lettore ha la possibilità di confrontarsi con concetti, espressioni, temi che costituiscono una vera e propria cronologia della stessa, che non è semplicemente sanitaria, bensì soprattutto psicologica, esistenziale, sociale, economica, etica. Una riflessione da più riflessioni che tessono la trama del nostro modo di vivere con noi stessi, con gli altri, addirittura, con l’Altro. Un saggio che costituisce un assaggio della polisemia della pandemia: dalla emergenza pandemica alla pandemia delle emergenze – mi piace così esprimermi – che ruotano su un’unica interrogazione:
-
a che punto siamo della storia sulla nostra umanità?
-
quale ampiezza di linguaggio gli uomini e le donne del nostro tempo devono acquisire grazie alla pandemia?
La pandemia, da semplice ‘accadimento’ nomenclato dalla storia della medicina, per mezzo delle domande incalzanti di Gumina diventa ‘evento’ che ci inchioda a pensare quanto siamo individualisti, soli, liberi, responsabili, fratelli, capaci di nutrire un’anima in campo economico e politico. Il tutto – e questo è un valore aggiunto di questo libro – con una buona dose di sobrietà che contrasta la forza deformante dell’emergentismo lì dove quest’ultimo si presenta.
La riuscita di questa operazione risiede – va detto per ultimo ma è la chiave di volta – nel punto di vista da cui tutto è scrutato: il metodo Bergoglio. R. Gumina è animato in questa pubblicazione, ma anche in altre sue pubblicazioni precedenti, da una sollecitazione che proviene da papa Francesco il quale, di fronte alle cose che succedono e che ci succedono, invita tutti ad uno «straripamento interno», intendendo con questa espressione l’idea che non sono le cose che ci devono trascinare, ma dobbiamo essere noi che dobbiamo entrare dentro le cose che si trascinano in questo mondo. Da qui lo ‘straripamento’ non per essere stramazzati ma per guardare, scrutare, trascendere verso l’interno dei fatti: il cosiddetto sguardo contemplativo a cui il papa invita tutti ad assumere.
Direi che piegarsi sul mondo piegato è l’unico modo per trarre una lezione imperitura: la crisi passerà, ma il modo di ‘ri-ordinare’ il nostro stare al mondo deve ‘segnar-ci’. Da una logica egocentrica e, a volte, egolatrica, ad una forma sociale che tende al bene comune deve essere quella feritoia che deriva da qualsiasi ferita noi subiamo.
Lascia un commento