Il passo del Vangelo: Mc 13, 33-37
33State attenti, vegliate, perché non sapete quando sarà il momento preciso. 34E’ come uno che è partito per un viaggio dopo aver lasciato la propria casa e dato il potere ai servi, a ciascuno il suo compito, e ha ordinato al portiere di vigilare. 35Vigilate dunque, poiché non sapete quando il padrone di casa ritornerà, se alla sera o a mezzanotte o al canto del gallo o al mattino, 36perché non giunga all’improvviso, trovandovi addormentati. 37Quello che dico a voi, lo dico a tutti: Vegliate!».
Il brano del Vangelo di oggi, prima domenica di Avvento, introduce i temi della vigilanza e dell’attesa, propri di questo tempo liturgico. Attendere la venuta dal Signore e celebrare la Sua Incarnazione non sono presentati, alla luce di questa Parola, come eventi “passivi”, ma come qualcosa in cui tutta le nostre energie sono chiamate in causa.
Tensione
Leggendo il brano affiora una tensione: il padrone di casa torna in un momento inatteso. La “sorpresa”, l’imprevedibilità, tutto ciò che è fuori dal controllo e dalla previsione è, spesso, percepito come una minaccia. La veglia e l’attenzione richiesta potrebbero assumere, quindi, una connotazione quasi negativa. L’evangelista Matteo presenterà la venuta del Signore con la paradossale metafora del ladro (Mt 24,43).
Dio come Padre
È interessante riflettere sulla visione di Dio che ci fa considerare la Sua visita come molesta e poco gradita. Nel racconto della Genesi è la diffidenza verso il Creatore, il sospetto che non voglia il bene dell’uomo, che sia geloso della sua conoscenza del bene e del male, a costituire il peccato delle origini. Gesù ci consegna un’immagine ben diversa: un Dio Padre, che ci dona tutto, fonte di ogni grazia e bellezza. Non è ansia, né diffidenza, dunque, ciò che la Parola odierna vuole trasmetterci.
Desiderare la venuta del Signore
La necessità di orientare il nostro essere e la nostra attenzione deriva, invece, dal bisogno di essere visitati dal Signore, dal profondo desiderio della sua visita. Dalla consapevolezza che essa cambia la vita, la riempie di senso e di felicità. Tale visita non apparirà come non una minaccia, bensì come una occasione da cogliere, con cuore trepidante. La vigilanza di cui parla il Vangelo ci rende pronti ad accogliere la bellezza, e non farsi sfuggire la grazia quando arriva.
Fare la propria parte
Dio è presente, vicino, nella trama della nostra vita, nell’ordinarietà in cui “ciascuno ha il suo compito”, come leggiamo nel brano. In Dio però c’è un misterioso andare e venire (“io me ne vado e torno da voi” Gv 14,28) che noi non conosciamo e non è in nostro potere. Da esso dipende il nostro incontro e la nostra intimità con Lui. Fare attenzione, non essere distratti, significa dare peso a questo incontro e fare la propria parte. In virtù di questa vigilanza, attendere il Signore non è qualcosa di passivo ma uno stato in cui l’intero uomo vibra, presente a se stesso, in attesa che il Signore passi.
Tutte le nostre energie
La nota frase di Sant’Agostino: “Temo il Signore che passa e che io non me ne accorga” trasmette proprio questa vibrazione. Non c’è nulla di arrendevole e inoperoso in questa attesa, anzi tutte le energie sono messe in campo per riconoscere cosa entra nella nostra vita e selezionare le cose a cui fare spazio. Tutto intorno a noi può essere occasione per servirLo, per dire di “sì” come Maria, anche quando ciò rompe i nostri piani e ci distoglie dai nostri programmi. Anche quando è un’interruzione. Henri J. Nouwen scrive: “Per tutta la vita mi sono lamentato delle costanti interruzioni nel mio lavoro, finché non ho scoperto che quelle interruzioni erano il mio lavoro”. È così anche nell’incontro con Dio.
Ostacoli
La nostra esperienza ce lo suggerisce: l’amore è fatto di attenzione, di occhi aperti sull’altro, di veglia, di sguardo critico e disponibile verso ciò che ci circonda, di desiderio di incontrarsi e percepire reciprocamente i bisogni dell’altro. La distrazione e il “sonno” sono ostacolo all’amore, come il cammino dell’Avvento ci insegnerà.
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