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Voi siete Chiesa – Mt 5, 13-16

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Introduzione alla lectio divina su Mt 5, 3-16

08 febbraio 2014 – V domenica del tempo ordinario

 

13Voi siete il sale della terra; ma se il sale perde il sapore, con che cosa lo si renderà salato? A null’altro serve che ad essere gettato via e calpestato dalla gente.14Voi siete la luce del mondo; non può restare nascosta una città che sta sopra un monte, 15né si accende una lampada per metterla sotto il moggio, ma sul candelabro, e così fa luce a tutti quelli che sono nella casa. 16Così risplenda la vostra luce davanti agli uomini, perché vedano le vostre opere buone e rendano gloria al Padre vostro che è nei cieli.

 

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Beato Angelico, Discorso della montagna, Convento di San Marco, Firenze

 

 

Nella grandiosa composizione matteana del discorso della montagna un ruolo di primo piano spetta allo straordinario annuncio di felicità che, con le Beatitudini, Gesù lascia ai discepoli, rivelando loro per chi batte il cuore del Padre. Ecco il Regno di Dio: poveri, afflitti, umili, ostinati amanti della giustizia e della pace, gente sempre pronta a perdonare e a credere nella buona fede dell’altro. Ebbene per costoro, che sono miserabili, creduloni e reietti agli occhi del mondo, è l’attenzione del Padre. Per loro il Signore si spinge ad annunciare un incredibile piano di salvezza, che sovverte le logiche del mondo.

Da questa consapevolezza discende il nostro essere Chiesa, il modo cristiano di abitare la terra.

Non a caso, infatti, l’evangelista Matteo inserisce proprio dopo l’annuncio delle beatitudini il nostro brano che, come e meglio di una costituzione pastorale, ci pone di fronte ad  una rivelazione ecclesiale (Voi siete). La Chiesa per Matteo è, innanzitutto, sale e luce. Due immagini  apparentemente contrastanti che, però, sono gravide di significati sui quali ciascuno può calare la propria esperienza.

 

Il sale è ancor oggi un elemento piuttosto comune, sul quale c’è poco da far poesia, eppure è un elemento prezioso, a quel tempo essenziale per la conservazione, che conferisce gusto ai cibi e arricchimento per i terreni da coltivare. Se, ovviamente, usato nella giusta misura. È facile che si guasti il cibo per il troppo sale mentre, dall’altra parte, l’assenza di sale rende il piatto sciapo. Il sale è un elemento, poi, che scompare al momento in cui si utilizza, confondendosi con la pietanza al punto che nessuno, al momento di gustarne il sapore, è in grado di distinguere il sale ma, semmai, riesce ad apprezzare il gusto degli ingredienti.

Da questo punto di vista, parlare della Chiesa come sale è riconoscerle il compito “umile” di esaltare e fecondare, tramite la memoria credente della Parola, la bellezza del creato in cui è inserita ed in cui finisce per perdersi, senza pretendere di predominare o anche di farsi notare. La Chiesa, come il sale, non è funzionale a sé stessa, ma preordinata a valorizzare l’opera di Dio tra gli uomini, a far scoprire all’uomo sapore e bellezza della vita veramente umana. La paura di essere calpestati dovrebbe venire, dunque, non tanto da difese identitarie, talvolta strumentali a logiche di potere, ma proprio dal pericolo di non essere in grado di interloquire, di stimolare, di arricchire chiunque ci guardi.

“Alla convivenza umana per essere tale urge il sale della sapienza che unico dischiude a relazioni ricche di senso, e Gesù si presenta come mano aperta piena di sale, dono da accogliere per condire di saggezza il villaggio umano” (Bruni).

Ma la Chiesa è anche luce. È l’invisibile raggio che permette di cogliere i colori, che aiuta a distinguere e comprendere, a vedere ed orientarsi. È un raggio, non la fonte del raggio. Essere luce, inoltre, non significa far scomparire la tenebra e le zone d’ombra: una luce abbagliante non illumina, ma produce cecità. (Manicardi). E con questa consapevolezza, Matteo ci esorta anche a non minimizzare il compito assegnato e non indugiare dietro tiepide timidezze.

Nessuna ostentazione trionfalista, nessun atteggiamento di imposizione, perché occorre vigilare sempre per combattere contro la tentazione di “praticare la giustizia davanti agli uomini al fine di essere ammirati da loro” (Mt 6,1). D’altra parte, nessun tentativo di nascondimento, nessuna omertà, nessuna ideologia di presenza minimalista: né ideologia del nascondimento, né ideologia della presenza visibile.” (Bianchi).

Le figure del sale e della luce hanno, quindi, qualcosa in comune: consentire a chi gusta ed a chi vede di render gloria al Padre delle belle opere (kalà erga) che siamo chiamati a realizzare.

 

Lorenzo Jannelli

 

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